Macron, ultimo imperatore liberale?
I gilet della bocciofila
Come
i lettori avranno ormai capito, e da un pezzo,
su queste pagine non si liscia il pelo ai populisti. Non si deve chiedere scusa a nessuno. L’Europa e l’Occidente, nonostante il veleno
di nemici e disfattisti, sono ancora economicamente forti. L’euro a differenza
del rublo russo, e in concorrenza con il dollaro americano, è appetito, apprezzato e "tesaurizzato" ovunque.
Politica
e società sembrano invece meno forti. La politica tentenna, ora sotto tiro è Macron, difensore della civiltà liberale in Francia. La
società civile, per contro, si piange addosso, trovando consolazione nelle leggenda populista delle élite
cattive contro il popolo buono.
Richiamiamo
l’attenzione dei lettori su un fatto
preciso. Tutti coloro che evocano questa
presunta frattura sono d’accordo
su una cosa: vogliono più servizi sociali e meno tasse. Un tempo si diceva botte piena, moglie ubriaca.
Insomma, fare la bella vita a spese di qualcun altro. Quella
vita glamour, che, i gilet gialli credono sia patrimonio di élite, egoiste e stupide dedite alla sodomia e al vizio. Come del resto è stato loro
inculcato da movimenti, partiti, mass media, sondaggisti irresponsabili, o forse fin
troppo responsabili perché al soldo di qualche potenza
anti-occidentale e anti-europea.
Invece, le cose non stanno così. Questo è solo ciò che si vuole far credere a una plebe post-moderna in overdose da servizi sociali e prigioniera dell'isteria da Social. Prendere nota o appunto: a differenza delle classi dominanti pre-1789, le nostre élite, soprattutto quelle economiche, producono ricchezza e
lavoro. Tutti i santi giorni. Eppure, le si assimila artatamente alla decadente e improduttiva aristocrazia francese pre-rivoluzionaria.
Proprio
perché si bevono certe certe stupidaggini, i populisti si
comportano come bambini viziati, vezzeggiati dai media e
probabilmente, ripetiamo, fomentati segretamente dall’esterno. Come dicevamo, Macron però tentenna. Evidentemente, non si fida
dell’Armée.
Due
fatti, per capire alcune differenze sociali di fondo.
Il
primo. Un’amica suora, mi riferiva che, tornata nelle Filippine,
a distanza di dieci anni, ha trovato
un villaggio, prima popolato di fantasmi,
laceri e sporchi, ora in pieno sviluppo, grazie
a una superiora delle suore locali, capace di infondere insieme al
cristianesimo un’etica del lavoro e
dell’impresa. I fantasmi con camicie a
brandelli, che vivevano in baracche, si sono tramutati in operai e mezzadri, fieri della nuova condizione. Ora, abitano in
casette pulite, i figli vanno a scuola, coltivano, producono e vendono, anche all’estero,
una specialità locale, brevettata, para-farmaceutica, come diremmo noi. E vogliono progredire. Non sedersi e aspettare che scenda la manna dal cielo.
Il
secondo. Un amico italiano, che va e viene dalla Francia, mi raccontava
che in una località nei pressi del
confine italiano, i gilet gialli locali
dopo avere occupato l’autostrada e distrutto la barriera per il pedaggio
hanno eretto baracche abusive, con
barbecue e campo da bocce. Tra di loro, ci sono pensionati, ben pasciuti, e giovani che sognano una vita in vacanza. Da pensionati, insomma. Passano
il tempo giocando a carte e alla rivoluzione: una volta a settimana,
mettendo a ferro e fuoco Parigi.
Traduzione: da
un lato, abbiamo un villaggio
filippino, fiero di crescere,
trasformarsi e integrarsi nell’economia mondiale. Dall’altro un pugno di scioperati,
che vuole chiudersi in casa e buttare la
chiave. I filippini lavorano, i francesi
giocano alle bocce.
Alla
fin fine, i bocciofili gialli (altro che gilet…), sono tigri di carta, capaci solo di
incunearsi, come sabato scorso, negli
interstizi urbani di una polizia, mal
comandata e priva di ordini precisi, se non quello di non rispondere alle
provocazioni. E si è visto come è finita.
Un
consiglio a Macron, da un amico italiano: nessun tentennamento. Eviti di
passare alla storia come l’ultimo imperatore liberale. La rivolta può essere
ancora sedata, se serve soffocata e se proprio occorre schiacciata. Punti sulle truppe più fidate, in senso figurato e letterale. E indaghi e renda pubbliche, una volta individuate e provate, le connivenze
tra movimenti di protesta e potenze straniere. La
Francia non deve cedere al populismo. Ad ogni costo.
Carlo Gambescia