Il populismo come "infantilizzazione" dell’elettore
I signori delle mosche
Un
aspetto poco studiato dell’ascesa al potere dei populisti è quello
dell' "infantilizzazione" dell’azione politica, soprattutto sotto l’aspetto della
comunicazione, o come un tempo si diceva della propaganda. Il fenomeno, ovviamente, è generale, non riguarda solo l'Italia.
Procediamo con ordine. La
regola numero uno di ogni messaggio politico è la sua semplicità e
immediatezza: il target è un cittadino-elettore medio, al quale si finisce per attribuire uno sviluppo mentale al di sotto dei dieci anni. La propaganda, insomma, è un'arma pericolosa, infantilizza. Dunque andrebbe usata con juicio. Se non addirittura ridotta al minimo sindacale.
Purtroppo, l'infantilizzazione, a mezzo propaganda, fece la triste grandezza dei regimi totalitari novecenteschi, fascisti e comunisti. Regimi che avevano bisogno di bambini capricciosi da blandire. Salvo poi ridurli in catene, infiorate con i ricchi doni pseudo-genitoriali della previdenza sociale.
Jean Piaget studiò
il fenomeno sotto il profilo della
psicologia dell’età evolutiva, dunque non politico, individuando però un aspetto che oggi può tornare utile per capire: quello dell’assenza nel
bambino delle capacità di adattamento all’ambiente. Semplificando: un ragazzino vuole tutto e subito, senza neppure
capire perché; un uomo, sa invece che deve adattarsi , rapportando i fini alle risorse. Di qui, la necessaria evoluzione individuale sociale del fanciullo, verso un adattamento, che è sinonimo di maturità sociale. Di conquista del principio di realtà.
Ora,
la propaganda populista, proprio perché imperniata sul “tutto e subito”, gioca su un fattore chiaramente regressivo, che non può non svilupparsi in una comunicazione
politica di tipo infantile: come se il politico populista, comunicasse non con cittadini-elettori informati, bensì con bambini capricciosi, inconsapevoli della
distanza che corre tra realtà e desideri.
Purtroppo, va
riconosciuto che i Social, o comunque
la comunicazione sociale su Internet, ha decisamente favorito
l’infantilizzazione dei messaggi. Si pensi al famoso libro Il signore
delle mosche, di William Golding (*), dove un gruppo
di scolari, confinato dal caso in un’isola, regredisce ai primordi della storia, dunque allo stadio infantile dell’umanità,
perdendo subito qualsiasi lieve mano di
vernice societaria. Internet e in particolare i Social sono come quell'isola... Purtroppo, ripetiamo, questi due fenomeni stanno contribuendo alla regressione della specie umana. Esageriamo? Decida liberamente il lettore.
Resta il fatto che è in atto un processo di abbrutimento sociale segnato dalla prevalenza del richiamo della foresta, quindi dalla logica perversa della pura e semplice vittoria del più rozzo e del più forte: " Il giocattolo di Mario è troppo bello, glielo strappo di mano...".
Allora,
per venire al punto, un Salvini, che
parla “di governo con le palle”, nel
senso che decide di lui chi far giocare
o meno, ricorda
il famoso bambino, “ciccione” proprietario
del pallone che tiranneggia i coetanei. Oppure
un Di Maio che si diverte al giochino del vero e falso, rimanda ai fogli a
quadretti, che giravano durante le feste infantili: “Mario vuole fidanzarsi con Lucia.
Vero o Falso?”.
Ma
si pensi - e qui sarebbe interessante
capire, fino a che punto i populisti siano in realtà carnefici o vittime - alla trasformazione, a proposito dei limiti
di bilancio, dal 2,4
al 2,04. Un giochino, anche questo, veramente infantile. Eppure molti hanno creduto...
Tutto questo implica però gravi conseguenze sociali.
Inutile
spiegare ai bambini la “teoria della relatività ”… Tradotto: ragionare seriamente
di politica e di economia. Quindi snocciolare cifre vere, non taroccate, come invece avviene per far giocare “a bandiera” i bambini-elettori. La
stesse forze di opposizione, a cominciare dal PD (per non parlare di FI o, peggio ancora di
FdI e LeU) si sono messe, e da tempo, sulla
stessa strada, brutta e scivolosa. Il Parlamento sembra essere diventato la
stanza dei giochi, dove si fa di tutto, eccetto che una politica,
da uomini, consapevoli dei vincoli di
realtà.
Una
tragedia. Stiamo regredendo, e nessuno sembra accorgersene. Proprio come quei ragazzini del signore delle mosche…
Carlo Gambescia
(*) Sotto il titolo, un fotogramma del film tratto dal romanzo.