lunedì 24 dicembre 2018

Il populismo come "infantilizzazione" dell’elettore
I signori delle mosche





Un aspetto poco studiato dell’ascesa al potere  dei populisti è quello dell' "infantilizzazione" dell’azione politica, soprattutto sotto l’aspetto della comunicazione, o come un tempo si diceva della propaganda. Il fenomeno, ovviamente, è generale, non riguarda solo l'Italia.
Procediamo con ordine. La regola numero uno di ogni  messaggio politico è la sua semplicità e immediatezza: il target  è  un  cittadino-elettore medio, al quale si finisce per  attribuire  uno sviluppo mentale  al di sotto dei dieci anni.  La propaganda, insomma, è un'arma pericolosa, infantilizza. Dunque andrebbe usata con juicio.  Se non addirittura ridotta al minimo sindacale.
Purtroppo, l'infantilizzazione, a  mezzo propaganda,  fece la triste grandezza dei regimi totalitari novecenteschi, fascisti e comunisti. Regimi che avevano bisogno di bambini capricciosi da blandire. Salvo poi ridurli in catene, infiorate con i ricchi doni pseudo-genitoriali della previdenza sociale.   
Jean Piaget  studiò  il fenomeno sotto il profilo della psicologia dell’età evolutiva, dunque non politico,  individuando però un aspetto che oggi  può tornare utile per capire:  quello dell’assenza nel bambino delle capacità di adattamento all’ambiente.  Semplificando:  un ragazzino vuole tutto e subito, senza neppure capire perché;  un uomo,  sa invece che deve  adattarsi , rapportando  i fini alle risorse. Di qui, la necessaria evoluzione individuale  sociale del fanciullo, verso un adattamento, che è sinonimo di maturità sociale. Di conquista del principio di realtà.  
Ora, la propaganda populista, proprio perché imperniata sul “tutto e subito”,   gioca su un fattore chiaramente regressivo,  che  non può non svilupparsi  in  una comunicazione politica di tipo infantile: come se il politico populista, comunicasse non con cittadini-elettori informati,  bensì   con bambini capricciosi, inconsapevoli della distanza che corre tra  realtà e  desideri.

Purtroppo, va riconosciuto che  i Social,  o comunque la comunicazione sociale su Internet, ha decisamente favorito l’infantilizzazione  dei messaggi.   Si pensi al famoso libro  Il signore delle mosche, di William Golding (*), dove un gruppo di scolari, confinato dal caso in un’isola, regredisce ai primordi della storia, dunque allo stadio infantile dell’umanità, perdendo subito qualsiasi lieve mano di vernice societaria.  Internet e   in particolare i  Social sono come quell'isola... Purtroppo, ripetiamo, questi due fenomeni stanno contribuendo alla regressione della specie umana. Esageriamo?  Decida liberamente  il lettore.  
Resta il fatto che  è  in atto un processo di abbrutimento sociale segnato dalla prevalenza del richiamo della foresta,  quindi  dalla logica perversa della pura e semplice vittoria del più rozzo e del  più forte:  " Il giocattolo di Mario è troppo bello, glielo strappo di mano...".  
Allora, per venire al punto,  un Salvini, che parla  “di governo con le palle”, nel senso che  decide di lui chi far giocare o meno,    ricorda il famoso bambino, “ciccione”  proprietario del pallone che tiranneggia i coetanei.  Oppure un Di Maio  che si diverte al giochino del vero e falso, rimanda ai fogli a quadretti, che giravano  durante  le  feste  infantili: “Mario vuole fidanzarsi con Lucia. Vero o Falso?”.  
Ma si pensi  - e qui sarebbe interessante capire,  fino a che punto  i populisti  siano in realtà carnefici o vittime  -  alla trasformazione, a proposito dei limiti di bilancio,   dal  2,4 al 2,04.   Un giochino, anche questo, veramente  infantile. Eppure molti hanno  creduto...
Tutto questo implica però  gravi conseguenze sociali.  
Inutile spiegare ai bambini la “teoria della relatività ”… Tradotto: ragionare seriamente di politica e di economia. Quindi snocciolare cifre vere, non taroccate, come invece avviene  per far giocare “a bandiera” i  bambini-elettori.   La stesse forze di opposizione,  a cominciare dal PD (per non parlare di FI o, peggio ancora di FdI e LeU)  si sono  messe, e da tempo,  sulla stessa  strada, brutta e scivolosa.   Il Parlamento sembra essere diventato la stanza dei giochi,  dove si fa di tutto, eccetto che una politica, da  uomini, consapevoli dei vincoli di realtà.
Una tragedia. Stiamo regredendo, e nessuno sembra accorgersene. Proprio come quei  ragazzini del signore delle mosche…

Carlo Gambescia     

(*)  Sotto il titolo,  un fotogramma del film tratto dal romanzo.