Auto, arriva l’ecotassa
Come costruire pessime vetture elettriche a "chilometro zero"...
La politica antipolitica dei populisti è schizofrenica: il governo populista
italiano con un emendamento alle legge di bilancio ha introdotto una
ecotassa sull'acquisto delle automobili ad alimentazione "classica", per forzare il passaggio alle vetture elettriche, il cui acquisto verrebbe invece favorito attraverso ingenti sgravi fiscali (*). In Francia, dove per le stesse ragioni, di “transizione
ecologica”, Macron, che però è liberale, ha, da ultimo, aumentato il prezzo del carburante per il diesel, i gilet gialli sono in scesa in piazza.
Chissà
se i consumatori italiani si renderanno conto della gravità di questo emendamento
e faranno altrettanto. Ne dubitiamo. Ormai sembra prevalere, e non solo in
Italia, un atteggiamento schizofrenico: se una misura è proposta dai populisti è buona, se invece,
lo stesso provvedimento, è avanzato dai
liberali, allora è cattivo. Se non è schizofrenia politica questa…
Ma
c’è anche un altro aspetto, che rinvia alle conseguenze, tutte interne al mercato italiano, della schizofrenia populista. Che, per dirla alla buona, si può sintetizzare così: come farsi del male da
soli.
Un
provvedimento del genere, che è di tipo dirigista (anche se a prima vista può non
sembrare), porterà con sé, inevitabilmente, una serie di misure per favorire, al tempo stesso, la
costruzione italiana di macchine elettriche e la conservazione
dei posti di lavoro: dal momento che il governo populista dovrà tacitare in
qualche modo imprenditori e maestranze del settore inquinante (per così dire), che appena appresa la notizia hanno iniziato a protestare.
Perché
- si faccia attenzione - il principale problema di politica economica
in queste situazioni è rappresentato
dalla riconversione che, se attuata in ambito concorrenziale, stanti le
rigidità del mercato italiano, spingerà il consumatore a comprare, perché più
convenienti, automobili elettriche
fabbricate altrove. Con una
inevitabile ricaduta nell'immediato in termini di profitti e occupazione. Di qui, il ricorso preventivo a misure protezionistiche: scelte che sono in perfetta sintonia con l’antieuropeismo
e il nazionalismo (propugnato) dal
governo populista che per Dna ha sposato la causa del “comprare italiano”. E se ne vanta. Così avremo -
se le avremo - poche e mediocri,
trabant elettriche a “chilometro zero”.
Interventismo
statale e protezionismo vanno di pari
passo. Con la scusa di proteggere il
lavoro e le imprese italiane - ecco un tipico esempio di effetto perverso delle
azioni sociali - si rischia di rafforzare quelle rendite parassitarie difese invece dai sindacati degli imprenditori
e dei lavoratori, due potenti lobby sociali che soprattutto in Italia hanno tradizioni (come dire?) di vista corta: il famoso uovo oggi invece della gallina domani. Sicché, per tutti, alla fine, pagheranno i consumatori che dovranno
comprarsi dei cessi (pardon).
Si
rifletta allora su un fatto importante:
come una misura fiscale, apparentemente presentata come innocua, rischi invece di causare un colossale
riorientamento in chiave protezionista dell’economia italiana. E in peggio.
Carlo Gambescia