giovedì 6 dicembre 2018

Auto, arriva l’ecotassa
Come costruire pessime vetture elettriche a "chilometro zero"...

La politica  antipolitica dei populisti  è   schizofrenica:  il governo populista italiano  con un emendamento alle legge di bilancio ha  introdotto una ecotassa sull'acquisto delle automobili ad alimentazione "classica", per forzare il passaggio alle vetture elettriche,  il cui acquisto  verrebbe  invece favorito attraverso ingenti  sgravi fiscali (*).  In Francia, dove per le stesse ragioni, di “transizione ecologica”,  Macron, che però è liberale, ha, da ultimo,  aumentato il prezzo del carburante per  il diesel,  i gilet gialli sono in scesa in piazza.
Chissà se i consumatori italiani si renderanno conto della gravità di questo emendamento e faranno altrettanto. Ne dubitiamo. Ormai sembra prevalere, e non solo in Italia, un atteggiamento schizofrenico: se una misura  è proposta dai populisti è buona, se invece, lo stesso provvedimento,  è avanzato dai liberali, allora è cattivo. Se non è schizofrenia politica questa…   
Ma c’è anche un altro aspetto, che rinvia alle conseguenze, tutte interne al mercato italiano, della schizofrenia  populista. Che, per dirla alla buona,  si può sintetizzare così:  come farsi del male da soli. 
Un provvedimento del genere, che è di tipo dirigista (anche se a prima vista  può non sembrare), porterà con sé, inevitabilmente,  una  serie di misure  per favorire, al tempo stesso,  la costruzione italiana di macchine elettriche e  la conservazione dei posti di lavoro: dal momento che il governo populista dovrà tacitare in qualche modo imprenditori e maestranze del settore inquinante (per così dire),  che appena appresa la  notizia  hanno iniziato a protestare.
Perché  -  si faccia attenzione -  il principale problema di politica economica in queste situazioni  è rappresentato dalla riconversione che, se attuata in ambito concorrenziale, stanti le rigidità del mercato italiano,   spingerà il consumatore a comprare, perché più convenienti, automobili elettriche  fabbricate altrove.  Con una inevitabile ricaduta nell'immediato in termini di profitti e occupazione. Di qui, il ricorso preventivo a  misure protezionistiche:  scelte che sono in perfetta sintonia con l’antieuropeismo e il  nazionalismo (propugnato)  dal governo populista che per Dna ha sposato la causa del  “comprare italiano”.  E se ne vanta.  Così  avremo -  se le avremo -  poche e mediocri, trabant elettriche a  “chilometro zero”.  
Interventismo statale  e protezionismo vanno di pari passo.  Con la scusa di proteggere il lavoro e le imprese italiane - ecco un tipico esempio di effetto perverso delle azioni sociali -   si rischia di rafforzare   quelle  rendite parassitarie  difese invece  dai sindacati degli imprenditori e dei lavoratori, due potenti lobby sociali  che soprattutto in Italia hanno tradizioni (come dire?) di  vista corta: il famoso uovo oggi invece della gallina domani.  Sicché,  per tutti, alla fine, pagheranno i consumatori che dovranno comprarsi dei cessi (pardon).
Si rifletta allora su un fatto importante:  come una misura fiscale, apparentemente presentata come innocua, rischi invece di causare un colossale riorientamento in chiave protezionista dell’economia italiana. E in peggio. 
 Carlo Gambescia