Invidia e società
L’abito da sera firmato di Virginia Raggi…
La
prima reazione, quella volgare, tipo Social, potrebbe essere un feroce, “Ma come, “Sindaca” Raggi,
le borse di coccodrillo no, gli abiti da
sera firmati, sì?” (*).
Ma
sarebbe stupido e soprattutto inutile per capire quanto l’invidia sociale
sia diventa argomento politico corrente. Anche perché, tirare in ballo abiti e borse firmate per
screditare politicamente l’avversario, significa innanzitutto essere a corto di argomenti politici seri e
credere, per intendersi, che l’abito faccia il monaco.
E
qui occorre una spiegazione preventiva. Esistono due tipi di invidia sociale.
La
prima è quella generativa, che, ad esempio, spinge l’operaio
volitivo a farsi capace imprenditore, il commesso sveglio a mettersi in proprio, l’impiegato di ufficio
dotato di volontà a progredire negli studi per diventare dirigente,eccetera,
eccetera.
La
seconda invece è pseudo-generativa, perché, come accennato, scambia l’abito con il
monaco. Detto altrimenti: status e ruolo sociale con la rappresentazione sociale dei medesimi.
Una condizione che può essere rappresentata, da un abito, da un’automobile, da uno
stile di vita, eccetera, eccetera.
Ora però, l’invidia pseudo-generativa ha comunque una funzione sociale latente, perché stimola i
consumi, indica modelli e stili culturali, generando una competizione, tra mediocri, che pur
non andando a influire direttamente sui processi di mobilità sociale, crea un
clima di ottimismo e perfino di euforia sociale che influisce sui livelli di
crescita del sistema produttivo. E, come è noto, più la “torta sociale” cresce, più diventano forti gli stimoli alla
mobilità tipica invece dell’invidia generativa. In
sintesi, l’una non può prescindere dall’altra.
Di
conseguenza, l'uso politico dell’invidia
sociale è un’arma a doppio taglio. Certo, si usa nasconderla sotto nomi fittizi ma evocativi: le leggi suntuarie degli antichi; i pubblici falò
savonaroliani delle vanità; il maximum giacobino
delle ricchezze; il raccorciamento
fascista delle distanze; le leggendarie
pensioni d’oro condannate dai pentastellati.
In
questo modo però, per un verso si raccoglie
il consenso politico dei falliti, dei rinunciatari e dei mediocri, mentre, per l’altro, si determina il "grippaggio" dei meccanismi congiunti dell’invidia generativa e pseudo-generativa,
che, in termini di combinato disposto, come abbiamo detto, stimolano gli individui migliori e dinamici. Il sale di ogni società.
Virginia Raggi alla prima del Rigoletto (1 dicembre 2018) |
Ora,
se si tratta di una società immobile,
per così dire pre-moderna, i danni sociali
provocati dall’inaridimento delle due forme di invidia, sono limitati. Ma se la società è mobile, come la moderna, i danni sociali possono assumere il carattere
dell’irreparabilità.
Inoltre,
come di regola avviene, la verità sociale
si vendica sempre, soprattutto nelle società mobili. Dove, l’invidia pseudo-generativa, essendo alla
portata di tutti (e deve essere così), anche dei mediocri (quelli del vorrei ma non posso), continua a influire sulle relazioni sociali. Fino a quando, ovviamente, i livelli di reddito reggono, o meglio
riescono a resistere, grazie al ruolo
determinante dell’invidia generativa nel moltiplicare ricchezza e mobilità
sociale.
Il
che spiega, il contraddittorio atteggiamento politico dei moderni sostenitori,
semplificando, degli ideali savonaroliani, come i pentastellati ad esempio. I quali, pur condannando l’invidia generativa, la più vitale, restano prigionieri, come tutti i mediocri, dell’invidia pseudo-generativa, quella di
coloro che credono che l’abito faccia il monaco. O per essere più chiari, coloro che reputano che borsa di coccodrillo e abito da sera firmato facciano una “Signora”. E tra costoro, evidentemente, c'è la “Sindaca” Raggi.
Carlo Gambescia
(*)
Qui la notizia, sull' abito da sera firmato della “Sindaca” Virgina Raggi: http://www.ansa.it/canale_lifestyle/notizie/moda/2018/12/01/raggi-allopera-abito-disegnato-per-lei_8914e67b-4118-4b75-85b7-4150e00956c3.html