I gravi incidenti di San Siro
Il tifo calcistico, tra hobbismo e passionalismo sportivo
Ci
piacerebbe conoscere provenienza e
condizione sociale di coloro che allo stadio intonano cori razzisti e poi si
scontrano violentemente tra di loro… Domanda
retorica. Perché si sa che il tifo violento pesca i suoi adepti tra i disadattati
sociali. In genere - parliamo dei più
pericolosi - persone schedate o note
alla polizia. Che, quindi potrebbero, essere messe, senza troppi problemi in
condizioni di non nuocere. O quanto meno di non influenzare, con messaggi violenti,
altri disadattati meno inclini al
passaggio all’atto.
Il
tifo calcistico estremo si è sviluppato come un’ escrescenza
velenosa, sulla già cattiva pianta del romanticismo sportivo. Per certi aspetti è stato tollerato se non
incoraggiato dalle stesse società
calcistiche per ragioni organizzative e
di proselitismo. Del resto, come in altri territori
del sociale, anche nel calcio esistono “tradizioni inventate”, che a prescindere dal fondamento, vengono credute e ritenute vere. Di qui, due modalità interpretative del fatto sportivo: quella
dell’ hobbismo calcistico, che implica però la presa di
distanza dal fenomeno (“È solo calcio, c’è tutto un mondo intorno”); quella del
passionalismo calcistico (“Senza la mia squadra, non potrei vivere”) che, nel caso di soggetti disadattati, accresce, e di molto, il rischio di devianza.
Di
conseguenza, sul piano mediatico andrebbe incoraggiato l’hobbismo calcistico,
evitando di enfatizzare il
passionalismo. Il che, però, stando a quel che si vede e si sente,
sembra risultare quasi impossibile.
Probabilmente, sul mondo del
calcio, e su tutto quello che vi ruota
intorno, influisce, nel bene come nel male,
la qualità del discorso pubblico, assai peggiorata negli ultimi
venticinque anni (non solo in Italia). Sicché, anche il crescente razzismo, che sembra circolare
tra gli strati sociali meno acculturati
e istruiti, non può non svolgere la sua
parte, soprattutto, tra i disadattati, predisposti all’atto. Ci si
chiederà come mai, ciò accada nel calcio e non in altri sport. Probabilmente, il coefficiente di bellicosità civile dipende dai livelli di popolarità e comprensione sociale delle
regole di una disciplina sportiva. Ma
influiscono anche le divisioni tra subculture localistiche. Massime in Italia.
In qualche misura, tuttavia, tra tifo violento e tasso di populismo sociale
e politico potrebbe esservci una relazione, non in termini di causa-effetto,
ma sicuramente concausale.
Di conseguenza, perché meravigliarsi di un
Matteo Salvini, populista e Vice
Presidente del Consiglio, che rifiuta di condannare il passionalismo sportivo?
Carlo Gambescia