Riflessioni
A proposito di cultura populista…
Fonte: https://www.corriere.it/cultura/17_maggio_02/saggio-carocci-mussolini-giustizia-liberta-marco-bresciani-1eb41132-2f59-11e7-88d3-be5206e98599.shtml |
Esiste la cultura populista? Diciamo subito che il concetto di cultura,
modernamente inteso, è un’invenzione degli antropologi e dei
sociologi. Discende in linea retta dallo storicismo tedesco dell’ottocento, per
confluire, filtrato dall’evoluzionismo etnologico britannico, nell’alveo della moderna
antropologia culturale e sociale.
Un
esempio classico di trait d’union tra le propaggini dello storicismo
tedesco e l’antropologia è rappresentato dal celebre lavoro di Ruth Benedict sui modelli di cultura, dove Spengler, viene esteso e applicato allo studio dei nativi americani.
Che
c’entra tutto questo con la cultura populista?
La divisione tra cultura alta,
delle élite, e cultura bassa, del popolo, ovviamente è antichissima, però la sua formalizzazione risale a storicisti, antropologi e sociologi.
Il
populismo oggi imperversante, probabilmente senza neppure saperlo, affonda le radici
ideologiche nel brodo culturale dell’Ottocento, dove storicismo ed
evoluzionismo, approfondirono e ratificarono la divisione tra cultura alta e cultura bassa. Sotto questo aspetto il
populismo punta sulla rivalutazione della cultura bassa (quindi accettando, suo
malgrado, la partizione evoluzionista), incanalandola però nell’alveo di una
tradizione vivente, racchiusa negli usi
e costumi popolari, tipica
dello storicismo romantico.
Pertanto
di post-moderno - come invece spesso si legge -
nei movimenti populisti c’è veramente poco. C’è invece il richiamo all’idea di tradizione o
cultura vivente, inquadrata politicamente, come eterna fonte di saggezza e buonsenso popolare. Una visione che ad esempio ci riporta a un giurista romantico come Savigny, ovviamente per chi oggi abbia la pazienza
di andare a rileggerlo.
Non
per niente, un populista come Salvini e i suoi alleati pentastellati parlano di “buonsenso al governo ”, andando a pescare, senza saperlo, nell’immaginario romantico. I critici come gli apologeti queste cose però dovrebbero saperle...
Ora,
un approccio del genere che trasforma il concetto di sovranità popolare, che pure è base
legittima delle liberal-democrazie
contemporanee, da formula costituzionale in
giudizio di valore, facendo
coincidere popolo e verità, è molto pericoloso. Perché, il vox populi, vox Dei (come vedremo, secolarizzato), non ammette, per i singoli cittadini, quel
diritto di replica che è l’altro pilastro sul quale poggiano le liberal-democrazie. Diciamo, il pilastro liberale.
In
Italia, il populismo fascista, prendendo spunto dalla rapsodica megalomania mazziniana, si incaponì sulla visione del popolo come entità metafisica, addirittura divina: idea totalizzante, che - come
insegna la sociologia delle istituzioni - una volta calata nella realtà, si trasformò inevitabilmente in fatto e
fattore organizzativo.
Sicché Mussolini, via Gentile, immanentizzò Mazzini in termini di Stato Etico, nonché, ancora più prosaicamente, in Stato di Polizia: come si può tuttora evincere dalla famigerata coppia di carabinieri, onnipresente nelle foto d’epoca, che accompagna, ammanettati, al confino, oppositori politici - i singoli, di cui sopra - privati del diritto di replica. Meraviglie di un altro stato dove il buonsenso era al governo...
Sicché Mussolini, via Gentile, immanentizzò Mazzini in termini di Stato Etico, nonché, ancora più prosaicamente, in Stato di Polizia: come si può tuttora evincere dalla famigerata coppia di carabinieri, onnipresente nelle foto d’epoca, che accompagna, ammanettati, al confino, oppositori politici - i singoli, di cui sopra - privati del diritto di replica. Meraviglie di un altro stato dove il buonsenso era al governo...
Pertanto - per rispondere
alla domanda iniziale - la cultura
populista esiste, eccome. E può far
danni. Molti danni.
Carlo Gambescia