La riflessione
Marx e Smith, le due retoriche
1. Retorica
dell' intransigenza e della transigenza
Quanto
conta la retorica in politica? Dipende. Innanzitutto però, che cos’è la retorica? È l’arte di persuadere con le parole le persone. Politicamente parlando, esistono due modelli o tipi di retorica
Il
primo modello rinvia a una retorica dell’intransigenza, che rifugge
dall’ironia della storia, nel senso che rifiuta l’ idea stessa di effetto perverso o imprevisto delle azioni sociali, per la serie si vuole il bene si ottiene il male ( e viceversa). Sicché questa retorica copre e appoggia
qualsiasi disegno rivolto a cambiare le cose,
perché fiduciosa nella
costruzione "a tavolino", della realtà politica e sociale.
Il
secondo modello rimanda invece a una retorica
della transigenza che conosce e teme l’ironia della storia, dunque i
pericolosi o comunque imprevisti effetti di ricaduta delle azioni sociali. Di qui la prudenza, proprio perché si ha
consapevolezza, per parafrasare un
antico adagio, che l’uomo propone e la
mano invisibile del sociale
dispone: si parte in molti, fedeli a un'idea, si torna in pochi e disincantati; si vuole aiutare qualcuno e invece gli si dà il colpo di grazia. E così via.
2. Marx
e Smith
Come
rappresentante del primo modello di
retorica può essere indicato Marx. Il quale con la sua idea di socialismo
scientifico, creò una potente macchina retorica da guerra. Che, puntando sull'abbellimento retorico della programmazione
delle azioni individuali, dunque su un'idea sociologicamente sbagliata, ha provocato
solo disastri. E i catastrofici
risultati sono sotto gli occhi di tutti
Come
rappresentante del secondo modello di retorica può essere scelto Adam Smith. Il
quale, partendo dall’imprevedibilità collettiva di azioni individuali mosse dall’interesse
(neutralmente inteso, privo di accezioni morali), non costruì
alcuna macchina da guerra, ma semplicemente mise in guardia, soprattutto il potere
politico, dall’idea di poter scientificamente programmare le azioni umane. E gli ottimi risultati di questa prudente retorica sono sotto gli occhi di tutti.
3.
Ironia e storia
La riprova della bontà politica e
storica, oltre che sociologica, della
retorica della transigenza è data da due eventi.
Il primo, che il capitalismo storico, non è stato programmato “a
tavolino”, ma scelto per evoluzione istituzionale, come effetto delle libere decisioni di individui tesi a perseguire i
propri interessi.
Il secondo, che discende
direttamente dal primo, rinvia a quelli che possono essere definiti gli effetti
sociali imprevisti del capitalismo, tra i quali c’è il
socialismo scientifico, che
erroneamente, ha ritenuto il capitalismo una costruzione artificiale, ad opera
di “uomini cattivi”. Di qui
la sua idea - del
socialismo scientifico - di
costruire “a tavolino” la società comunista, degli uomini buoni e uguali. Ora,
qualsiasi retorica dell’intransigenza, proprio perché discende da una visione costruttivista
della società, prescinde inevitabilmente, al contrario della retorica della transigenza, dall’idea degli effetti perversi o imprevisti delle
azioni umane, di cui il
socialismo scientifico è una vera
propria prova vivente. Il socialismo ha necessità di certezze e proprio per questo è privo di ironia. Storica e sociologica.
4. Concetti vuoti
Abbiamo citato l’esempio del
socialismo scientifico. A dire il vero, rilevanti tracce di costruttivismo
sociale e politico, e di un conseguente e
abbondante uso della retorica dell’intransigenza, possono essere individuate con facilità nel discorso pubblico contemporaneo.
L’uso di concetti vuoti come “equità sociale” e “primato nazionale” rinvia decisamente a ipotesi costruttiviste, che
vanno oltre la normale dinamica economica degli interessi individuali, perché
tese alla redistribuzioni
sociale e politica di ciò che viene reputato importante dal punto di vista
redistributivo o, come si dice, “della collettività”, altro
concetto vuoto.
Nel caso dell’ “equità
sociale”, ci si riferisce, gonfiandola, alla sperequazione dei redditi; nel
secondo, del “primato nazionale”, a una sperequazione di potere tra le
nazioni, artatamente dilatata.
In realtà, stratificazione dei redditi e
del potere mondiale, da che mondo è mondo, sono sempre esistite. Il motore della
storia è dato, per l’appunto, dall’ imprevedibilità delle
stratificazioni e dall'eterogeneità sociale. E non dall' eliminazione di esse,
una volta per sempre, come sostengono i costruttivisti, o di rimbalzo, i profeti
armati della retorica dell'intransigenza, rossi o neri che siano.
5. La società di mercato
come effetto imprevisto
Insomma, la retorica
costruttivista dell'intransigenza si risolve in un processo
circolare dove ciò che deve essere redistribuito viene giustificato dalla
redistribuzione. E la redistribuzione da ciò deve essere redistribuito. In
pratica, il processo è tutto, l’individuo è nulla.
Di qui l’uso, ripetiamo,
per persuadere le
persone, della retorica
dell’intransigenza. Alla quale si oppone, come abbiamo cercato di
illustrare una retorica della transigenza, di cui la nostra analisi è un
esempio.
Il punto però è che, gli esseri umani al capire preferiscono
il credere. Spesso
confondendo le leggende e i
miti sociali con i
propri interessi. Sotto questo aspetto, la creazione dal nulla della
moderna società di mercato è una specie di miracolo storico: un effetto di ricaduta,
non previsto, delle società precedenti. Un'istituzione sociale, semplificando,
che si è sviluppata, senza che nessuno sapesse, cosa si stava costruendo. Sicché i suoi inconsapevoli costruttori ancora si interrogano sulla sua natura. Mentre chi vuole distruggerla, presuntuosamente, ritiene che sia stata edificata, ripetiamo, da
“uomini cattivi”. E anche questa, come detto, è una formula vuota: purissima retorica
dell’intransigenza.
Carlo Gambescia