martedì 18 dicembre 2018

La riflessione
Marx e Smith, le due retoriche




1. Retorica dell' intransigenza e della transigenza
Quanto conta la  retorica in  politica? Dipende.  Innanzitutto però,  che cos’è la retorica?  È l’arte di persuadere con le parole  le persone. Politicamente parlando,  esistono due modelli  o tipi di retorica 
Il primo modello rinvia a una retorica dell’intransigenza,  che rifugge  dall’ironia della storia, nel senso che rifiuta l’ idea stessa di  effetto perverso o imprevisto  delle azioni sociali, per la serie si vuole il bene si ottiene il male ( e viceversa). Sicché questa retorica copre  e   appoggia qualsiasi disegno rivolto a cambiare le cose,  perché fiduciosa  nella costruzione  "a tavolino", della realtà politica e sociale.
Il secondo modello rimanda invece  a una  retorica della transigenza che  conosce e teme l’ironia della storia, dunque i pericolosi o comunque imprevisti effetti di ricaduta delle azioni sociali.  Di qui la prudenza, proprio perché si  ha consapevolezza, per  parafrasare un antico adagio,  che l’uomo propone e la mano invisibile del sociale  dispone:   si parte in molti, fedeli a un'idea, si torna in pochi e disincantati; si vuole aiutare qualcuno e invece gli si dà il colpo di grazia.  E così via.

2. Marx e Smith
Come rappresentante del primo  modello di retorica può essere indicato  Marx.  Il quale con la sua idea di socialismo scientifico, creò una potente macchina retorica da guerra.  Che, puntando sull'abbellimento retorico  della  programmazione delle azioni individuali, dunque su un'idea sociologicamente  sbagliata,   ha provocato solo disastri. E i catastrofici  risultati sono sotto gli occhi di tutti
Come rappresentante del secondo modello di retorica può essere scelto Adam Smith. Il quale, partendo dall’imprevedibilità collettiva di  azioni individuali mosse dall’interesse (neutralmente inteso, privo di accezioni morali),   non costruì  alcuna macchina da guerra,  ma semplicemente  mise in guardia, soprattutto il potere politico, dall’idea di poter scientificamente programmare le azioni umane. E gli ottimi  risultati di questa prudente retorica sono sotto gli occhi di tutti.           

3. Ironia e storia
La  riprova della bontà politica e storica, oltre che sociologica,  della retorica della transigenza è data da due eventi.
Il primo,  che il capitalismo  storico, non è stato programmato “a tavolino”, ma scelto per evoluzione istituzionale, come effetto  delle libere decisioni  di individui tesi a perseguire i propri interessi.  
Il secondo, che discende direttamente dal primo, rinvia a quelli che possono essere definiti gli effetti sociali  imprevisti  del capitalismo, tra i quali c’è il socialismo scientifico,  che erroneamente, ha ritenuto il capitalismo una costruzione artificiale, ad opera di “uomini cattivi”.  Di qui la sua idea -  del socialismo scientifico -  di costruire “a tavolino” la società comunista, degli uomini buoni e uguali. Ora, qualsiasi retorica dell’intransigenza, proprio perché  discende da una visione  costruttivista della società,  prescinde inevitabilmente,  al contrario della retorica della transigenza,  dall’idea degli effetti perversi o imprevisti  delle azioni  umane, di cui il socialismo scientifico è una  vera propria prova vivente.  Il socialismo ha necessità di certezze e proprio per questo  è privo di ironia.  Storica e sociologica.

 4. Concetti vuoti
Abbiamo citato l’esempio del socialismo scientifico. A dire il vero, rilevanti  tracce di costruttivismo sociale e politico, e di un conseguente  e abbondante uso della  retorica dell’intransigenza, possono essere   individuate con facilità  nel discorso pubblico contemporaneo.
L’uso di  concetti vuoti  come   “equità  sociale” e   “primato nazionale”  rinvia decisamente  a ipotesi costruttiviste, che vanno oltre la normale dinamica economica degli interessi individuali, perché tese  alla redistribuzioni sociale e politica di ciò che viene reputato importante dal punto di vista redistributivo o,  come si dice,  “della collettività”,  altro concetto vuoto.  
Nel caso dell’ “equità sociale”, ci si riferisce,  gonfiandola,  alla  sperequazione dei redditi; nel secondo, del “primato nazionale”,  a  una  sperequazione di potere tra le nazioni, artatamente dilatata. 
In realtà,  stratificazione dei redditi e del potere mondiale, da che mondo è mondo,  sono sempre esistite. Il motore della storia è dato, per l’appunto,  dall’  imprevedibilità delle stratificazioni e dall'eterogeneità sociale.  E  non dall' eliminazione di esse, una volta per sempre, come sostengono i costruttivisti, o  di rimbalzo, i profeti armati della retorica dell'intransigenza, rossi o neri che siano.

5. La società di mercato come effetto imprevisto
Insomma, la retorica  costruttivista  dell'intransigenza si risolve in  un processo circolare dove ciò che deve essere redistribuito viene giustificato dalla redistribuzione. E la redistribuzione da ciò deve essere redistribuito. In pratica, il processo è tutto, l’individuo  è nulla.
Di qui l’uso, ripetiamo,  per persuadere  le persone,  della retorica dell’intransigenza.  Alla quale si oppone, come abbiamo cercato di illustrare una retorica della transigenza, di cui la  nostra analisi  è un esempio.
Il punto però è che, gli esseri umani al capire preferiscono il credere.  Spesso confondendo le  leggende e i miti  sociali  con i propri interessi.  Sotto questo aspetto,  la creazione dal nulla della moderna società di mercato è una specie di  miracolo storico:  un effetto di ricaduta, non previsto, delle società precedenti. Un'istituzione sociale, semplificando,  che si è sviluppata,  senza che nessuno sapesse,  cosa si stava costruendo. Sicché  i suoi inconsapevoli costruttori   ancora si interrogano sulla sua natura.  Mentre  chi  vuole distruggerla,  presuntuosamente,  ritiene  che sia stata edificata, ripetiamo, da “uomini cattivi”.  E anche questa, come detto, è una formula vuota:  purissima retorica dell’intransigenza.  
                
Carlo Gambescia