Salvini vs Saviano
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Salvini
ha querelato Saviano. Da che parte stare?
Salvini
interpreta il lato peggiore di certa estrema destra, senza però essere passato per
l’estrema destra: non mai ha respirato
quel clima di nobilità della sconfitta, ovviamente criticabile, ma che ha incarnato, culturalmente, l'anima della destra missina e postmissina. Nella Lega, da giovane si definiva "comunista padano", come ora però si definisce populista e sovranista: è un opportunista. Non ha studi alle spalle, solo politica attiva, un abile propagandista,
in primis di se stesso, un dissimulatore che si nasconde sempre dietro le buoni intenzioni: vuole aiutare gli immigrati però a casa loro... In realtà è un razzista soprattutto quando si appella, e purtroppo tra gli applausi, al “prima gli italiani”. Sentendosi forte, ha chiuso i porti,
violando il diritto e le leggi del mare nonché, qualsiasi principio di umanità. Ammira Putin e
guarda con favore al modello politico russo, circondandosi di gente che la
pensa come lui. Salvini è persona pericolosa: potenzialmente, pur non provenendo dal neofascismo, incarna il modello dell'uomo forte fascista. Se non piace ai militanti duri e puri di estrema destra può però piacere a tutti quegli italiani che non hanno mai fatto i conti con il fascismo. E non sono pochi.
Saviano,
incarna, forse per ricaduta, dal momento che non si aspettava il travolgente
successo di Gomorra, la macchina politica, culturale, editoriale della sinistra “laica, democratica,
antifascista”, erede di un azionismo che invece non ha mai voluto fare i conti con il comunismo, in particolare quello italiano. Scrittore modesto, intelligenza
non certo brillante, si è però ritrovato, oggettivamente, per l’alto
valore civile - al netto di qualsiasi polemica - in particolare del suo primo romanzo, nel mirino di Mafia e Camorra. Di qui, la necessità di vivere (giustamente) protetto dalla polizia,
addirittura fuori dell’Italia. Sono fattori emergenziali che non aiutano a capire e capirsi e che facilitano la logica
di schieramento, del resto, logica, che ha sempre animato la sinistra azionista, che alla nobilità
della sconfitta dell’estrema destra usava opporre la nobilità della
vittoria dell’antifascismo, senza se e senza ma. Saviano,
volente o nolente, incarna l’anima della sinistra antifascista, in perenne
mobilitazione, come si leggeva un tempo, contro "le forze della reazione in agguato".
Due
mondi, insomma, che non hanno mai comunicato, né mai comunicheranno. Nè l'uno né l'altro sono in sintonia con una visione liberale della politica e della vita.
Ripetiamo
la domanda, allora, da che parte stare? Bisogna
tenere d’occhio la prospettiva. Salvini e Saviano incarnano l’Italia dei due
romanzi "criminali", o come si dice oggi l' Italia delle narrazioni confliggenti. Per usare, il linguaggio
giornalistico, Salvini è il benianimo dei cattivisti, che oggi sono maggioranza, Saviano dei buonisti, adesso divisi e in minoranza.
Va però detto che in Italia la politica dell’accoglienza ha avuto,
nonostante le parole, maggiore attenzione a destra che a sinistra, proprio attraverso le politiche di regolarizzazione. Ad esempio, come si leggeva ieri sul "Sole 24 Ore", le regolarizzazioni
maggiori sono opera del centro-destra: 200mila persone nel 2002 con il governo
Berlusconi e Maroni ministro dell’Interno. Nonché 715 mila con la Bossi-Fini
nel 2002: cifra che per dimensioni raggiunge
le regolarizzazioni complessive degli ultimi dodici anni. Infine, per poter comparare i dati, va ricordato, che la legge Martelli
(1990) fece emergere 215 mila extracomunitari; il decreto Dini (1995) 244 mila; la Turco-Napolitano (1998) 217 mila. Questo, insomma, il quadro complessivo degli ultimi trent'anni (circa).
Ora, si parla, in questi giorni, di portare gli ingressi regolari - accordando visti lavorativi (per settori dove scarseggia il lavoro italiano) - dai 31 mila previsti dal decreto flussi (gennaio 2018) a 50 mila. E potrebbe essere misura adottata proprio dal governo giallo-verde, a guida (condivisa) salviniana, dunque cattivista. Rischiando la contraddittoria sintonia - ovviamente tale, per il rozzo profeta della "pacchia è finita" - con le passate politiche del centro-destra... In realtà, 20 mila ingressi regolari in più (50 mila in tutto) sono poca cosa. Però il fatto indica come sia complessa la realtà dei numeri e dell’economia: la dura crosta terrestre, per dirla con Tito Boeri, che va oltre il buonismo e il cattivismo, per così dire ufficiali. O se si preferisce la pura propaganda di parte...
Ora, si parla, in questi giorni, di portare gli ingressi regolari - accordando visti lavorativi (per settori dove scarseggia il lavoro italiano) - dai 31 mila previsti dal decreto flussi (gennaio 2018) a 50 mila. E potrebbe essere misura adottata proprio dal governo giallo-verde, a guida (condivisa) salviniana, dunque cattivista. Rischiando la contraddittoria sintonia - ovviamente tale, per il rozzo profeta della "pacchia è finita" - con le passate politiche del centro-destra... In realtà, 20 mila ingressi regolari in più (50 mila in tutto) sono poca cosa. Però il fatto indica come sia complessa la realtà dei numeri e dell’economia: la dura crosta terrestre, per dirla con Tito Boeri, che va oltre il buonismo e il cattivismo, per così dire ufficiali. O se si preferisce la pura propaganda di parte...
Allora il vero punto della questione non
è la scelta di stare con Salvini o Saviano, ma di lavorare soprattutto a livello governativo per una realistica politica dei flussi. Come? 1) Facendo entrare in Italia,
oltre ai profughi, la forza lavoro
necessaria; 2) snellendo le procedure di identificazione,
per mettere l’UE di fronte alle proprie responsabilità sui movimenti secondari di
immigrati dall’Italia verso Europa.
Ne sarà capace il governo giallo-verde? Dubitiamo. Comunque sia, non aiutano né il razzismo fascistoide di Salvini né l’azionismo antirazzista di Saviano. Anche se, per dirla sociologicamente (semplificando, certo), Salvini guida la sua macchina, Saviano in qualche misura subisce quella guidata da un altro, egli ne è solo il rotismo più in vista. Fermo però restando che Saviano è realmente nel mirino di Mafia e Camorra. Piaccia o meno, rischia grosso. Molto più di Salvini.
A Saviano va perciò, se non la nostra stima, sicuramente il
nostro rispetto. Cosa che Salvini, con i suoi tweet da razzista della strada ("Io non sono razzista, ma..."), indegni per un Vice Presidente del Consiglio, non merita affatto.
Carlo Gambescia