venerdì 20 luglio 2018

Salvini vs Saviano
Istruzioni per l'uso




Salvini ha querelato Saviano.  Da che parte stare? 
Salvini interpreta il lato  peggiore  di certa estrema destra, senza però  essere passato per l’estrema destra:  non mai ha respirato quel clima  di  nobilità della sconfitta, ovviamente criticabile,  ma  che ha incarnato, culturalmente,  l'anima della destra missina e postmissina.  Nella Lega, da giovane  si definiva "comunista padano", come ora però si definisce populista e sovranista: è un opportunista.  Non ha studi alle spalle, solo politica attiva,  un abile propagandista, in primis di se stesso, un dissimulatore che si nasconde sempre dietro  le buoni intenzioni:  vuole aiutare gli immigrati però a casa loro...  In realtà  è  un razzista  soprattutto quando  si appella,  e purtroppo tra gli applausi, al  “prima gli italiani”.  Sentendosi forte,  ha chiuso i porti, violando il diritto e le leggi  del  mare  nonché,  qualsiasi principio di umanità.  Ammira Putin e guarda con favore al modello politico russo, circondandosi di gente che la pensa come lui.  Salvini è persona pericolosa:  potenzialmente,  pur non provenendo dal neofascismo,  incarna il modello dell'uomo forte fascista. Se non piace ai militanti duri e puri di estrema destra può però  piacere a tutti quegli italiani che non hanno mai fatto i conti con il fascismo. E non sono pochi.
Saviano, incarna, forse per ricaduta, dal momento che  non si aspettava il travolgente successo di Gomorra, la macchina politica, culturale, editoriale  della sinistra “laica, democratica, antifascista”,  erede di un azionismo che invece  non ha mai  voluto fare i conti con il comunismo, in particolare quello italiano. Scrittore modesto, intelligenza  non certo brillante,  si è però ritrovato, oggettivamente, per l’alto valore civile - al netto di qualsiasi polemica -   in particolare del suo primo romanzo,  nel mirino di Mafia e Camorra.  Di qui, la necessità  di vivere (giustamente) protetto dalla polizia, addirittura  fuori dell’Italia.  Sono fattori emergenziali  che non aiutano  a capire e capirsi e che facilitano la logica di schieramento,  del resto, logica,  che ha sempre animato  la sinistra azionista, che alla nobilità della sconfitta dell’estrema destra usava opporre la nobilità della vittoria  dell’antifascismo, senza se e senza ma.  Saviano, volente o nolente, incarna l’anima della sinistra antifascista, in perenne mobilitazione, come si leggeva un tempo, contro "le forze della reazione in agguato".    
Due mondi, insomma, che non hanno mai comunicato, né mai comunicheranno. Nè l'uno né l'altro sono in sintonia con una visione liberale della politica e della vita.
Ripetiamo la domanda, allora,  da che parte stare?   Bisogna tenere d’occhio la prospettiva. Salvini e Saviano incarnano l’Italia dei due romanzi "criminali",  o come si dice oggi l' Italia delle  narrazioni confliggenti. Per usare, il linguaggio giornalistico, Salvini è il benianimo dei cattivisti,  che oggi sono maggioranza,  Saviano dei buonisti, adesso divisi e in minoranza.
Va  però detto che in Italia  la politica dell’accoglienza ha avuto, nonostante le parole,  maggiore attenzione a destra che a sinistra,  proprio attraverso le politiche di  regolarizzazione.  Ad esempio, come si leggeva ieri sul "Sole 24 Ore",   le  regolarizzazioni maggiori sono opera del centro-destra: 200mila persone nel 2002 con il governo Berlusconi e  Maroni ministro dell’Interno. Nonché  715 mila con la Bossi-Fini nel 2002: cifra che per dimensioni  raggiunge le regolarizzazioni complessive degli ultimi dodici anni.  Infine, per poter comparare i dati, va ricordato, che la legge Martelli (1990) fece   emergere 215 mila extracomunitari; il decreto Dini (1995)  244 mila; la Turco-Napolitano (1998) 217 mila.  Questo, insomma, il quadro complessivo degli ultimi trent'anni (circa).
Ora,  si parla, in questi giorni,  di portare  gli ingressi regolari -  accordando visti lavorativi (per  settori dove scarseggia il lavoro italiano) -   dai  31 mila   previsti  dal decreto flussi (gennaio 2018) a 50 mila.  E potrebbe  essere  misura adottata proprio dal governo giallo-verde, a guida (condivisa) salviniana,  dunque cattivista.  Rischiando  la contraddittoria sintonia  -  ovviamente tale,  per il rozzo profeta della "pacchia è finita" - con le passate politiche del centro-destra...  In realtà, 20 mila ingressi regolari in più (50 mila in tutto) sono  poca cosa.  Però il fatto  indica come sia complessa la realtà dei numeri e dell’economia:  la dura crosta terrestre, per dirla con Tito Boeri,  che va  oltre il buonismo e il cattivismo,  per così dire ufficiali. O se si preferisce la  pura  propaganda di parte...  
Allora  il  vero punto della questione  non è la scelta di  stare con Salvini o  Saviano, ma di  lavorare soprattutto a livello governativo per  una realistica politica  dei flussi. Come?  1) Facendo entrare in Italia, oltre ai profughi,  la forza lavoro necessaria; 2) snellendo le procedure di identificazione, per mettere l’UE di fronte alle proprie responsabilità sui movimenti secondari di immigrati dall’Italia verso  Europa.
Ne sarà capace il governo giallo-verde? Dubitiamo. Comunque sia,  non aiutano né il razzismo fascistoide di Salvini  né l’azionismo antirazzista di Saviano.  Anche se, per dirla sociologicamente (semplificando, certo), Salvini  guida la sua macchina,  Saviano in qualche misura  subisce quella guidata da un altro, egli ne è  solo  il rotismo più in vista.   Fermo però restando che Saviano è realmente nel mirino di Mafia e Camorra.  Piaccia o meno, rischia grosso. Molto più di Salvini.   
A  Saviano  va perciò,  se non la nostra stima, sicuramente il nostro  rispetto.  Cosa che Salvini, con i suoi tweet  da  razzista  della strada ("Io non sono razzista, ma..."), indegni per un  Vice Presidente del Consiglio,   non merita affatto.

Carlo Gambescia