lunedì 9 luglio 2018

Premio Strega.  La vittoria di Helena Janeczek
La solita pappetta conformista sulla guerra civile spagnola



Sapete come ha titolato “Repubblica”, il giornale più letto dalle prof col cerchietto? “ Premio Strega. Dopo quindici anni la vittoria è donna”. Come se, magari da sempre, il problema dei problemi fosse questo, da tradurre nel risultato di una  partita di calcio:   Donne 1 - Uomini 0. 
Insomma, uomini contro donne. Chi vince? Chi Perde?  Proviamo, almeno per una volta,  ad essere seri?
Il  romanzo   di Helena Janeczek,  La ragazza con la leica, che racconta la storia di Gerda Taro, prima fotogiornalista   morta  in guerra  e  compagna di un’altra icona  Rober Capa,  è la  solita pappetta di sinistra, pure fredda,  sulla guerra civile spagnola, in chiave di primavera anarchica.  Non per niente la storia si dipana dalla mitica Barcellona, dove gli anarchici, prima che i compagni di  merende comunisti, li passassero a fil di spada uno per uno, fucilavano chiunque avesse natali borghesi: donne, uomini,  militari, preti, suore, e così via.  Insomma, il solito mitema scassapalle (pardon) della rivoluzione tradita,  che risale  alle  disavventure  del compagno Trotsky.
C’è invece un romanzo che andrebbe letto, altro che la minestrina della  Janeczek:  il grande ciclo  in più volumi di José María Gironella sulla guerra civile e dopo. Ricordiamo solo il titolo, famosissimo, del primo dei tre (poi quattro) tomi, Los cipreses creen en Dios . Tradotto  dalla Longanesi, casa editrice di destra ( o quasi),  negli anni Cinquanta, con veste editoriale, che ridicolmente si ispirava alle corride. Evidentemente,  per confondere le acque e non incorrere nella scomunica della sinistra. Sempre coraggiosi i postfascisti…  
Gironella invece di coraggio, ne aveva da vendere.  Scrittore sensibile, fisionomia intellettuale da studioso e ricercatore, ma uomo difficile,  umbratile, pieno di conflitti interiori, che   non poteva non farsi nemici,  a destra e sinistra.   Del resto  il suo romanzo non faceva sconti. Chi scrive ha  imparato di più sull'humus della guerra civile spagnola nelle sue pagine, che leggendo, come pure è stato,  numerosi libri di storia. 
Gironella va a fondo, scava nel destino dei personaggi,  ma anche nei determinismi sociali, dell'una e dell'altra parte.  Talvolta con ironia, perfino umorismo,  ma sempre con rispetto per i protagonisti ( e non sono pochi) di quel che era e rimane una dramma collettivo: una tragedia greca in pieno Ventesimo Secolo. Altro che le primavere anarchiche e il femminismo con l'autoscatto...
Gironella osserva, soffre, descrive,  usando però uno stile semplice, mai sciatto, che giunge a tutti.  Tra l’altro  nel romanzo lo scrittore tratteggia, da vero incisore di anime, due figure di inviati filorepubblicani, giornalisti e fotografi, tra i quali  una donna, che potrebbe ricordare Gerda Taro: soave e manichea. 
Gironella,  scomparso ottantenne nel 2003,  che pure viaggiò in Italia, ma poco tradotto del resto, non vinse neppure la Palmetta di Civitella...  Ignorato dagli uomini e dalla storia. Di sinistra. E pure di destra, per grassa ignoranza.
Il punto critico  è che in Italia,  Gironella  non piaceva a quella stessa intellighenzia di sinistra, prigioniera della menzogna à la carte: comunista coi comunisti,  anarchica con gli anarchici, sessantottina coi sessantottini, femminista con le femministe. Occhiuta, dolente e paracula (pardon). Che  però  ha sempre dettato legge nei premi letterari, a cominciare dallo Strega. Che schifo. 

Carlo Gambescia