Premio Strega. La vittoria di Helena Janeczek
La solita pappetta conformista sulla
guerra civile spagnola
Sapete
come ha titolato “Repubblica”, il giornale più letto dalle prof col cerchietto?
“ Premio Strega. Dopo quindici anni la vittoria è donna”. Come se, magari da
sempre, il problema dei problemi fosse
questo, da tradurre nel risultato di una
partita di calcio: Donne 1 - Uomini 0.
Insomma, uomini contro donne. Chi vince? Chi Perde? Proviamo,
almeno per una volta, ad essere seri?
Il
romanzo di Helena Janeczek, La
ragazza con la leica, che racconta la storia di Gerda Taro, prima
fotogiornalista morta in guerra
e compagna di un’altra icona Rober Capa, è la solita pappetta di sinistra, pure fredda, sulla guerra civile spagnola, in
chiave di primavera anarchica. Non per
niente la storia si dipana dalla mitica
Barcellona, dove gli anarchici, prima che i compagni di merende comunisti, li passassero a fil di
spada uno per uno, fucilavano chiunque avesse natali borghesi: donne, uomini, militari, preti, suore, e così via. Insomma, il solito mitema scassapalle (pardon) della rivoluzione
tradita, che risale alle disavventure del compagno Trotsky.
C’è invece un romanzo che andrebbe letto, altro che la minestrina della Janeczek: il grande ciclo in più
volumi di José María Gironella sulla
guerra civile e dopo. Ricordiamo solo il titolo, famosissimo, del primo dei tre
(poi quattro) tomi, Los cipreses creen
en Dios . Tradotto dalla Longanesi,
casa editrice di destra ( o quasi), negli anni
Cinquanta, con veste editoriale, che ridicolmente si ispirava alle corride. Evidentemente, per confondere le acque e non
incorrere nella scomunica della sinistra. Sempre coraggiosi i postfascisti…
Gironella
invece di coraggio, ne aveva da vendere.
Scrittore sensibile, fisionomia intellettuale da studioso e ricercatore, ma uomo difficile, umbratile, pieno di conflitti interiori, che non poteva non farsi nemici,
a destra e sinistra. Del resto il
suo romanzo non faceva sconti. Chi scrive ha imparato di più sull'humus della guerra
civile spagnola nelle sue pagine, che leggendo, come pure è stato, numerosi libri di storia.
Gironella va a fondo, scava nel destino dei personaggi, ma anche nei determinismi sociali, dell'una e dell'altra parte. Talvolta con ironia, perfino umorismo, ma
sempre con rispetto per i protagonisti ( e non sono pochi) di quel che era e rimane una dramma collettivo: una tragedia greca in pieno Ventesimo Secolo. Altro che le primavere anarchiche e il femminismo con l'autoscatto...
Gironella osserva, soffre, descrive, usando però uno stile semplice, mai sciatto, che giunge a tutti. Tra l’altro nel romanzo lo scrittore tratteggia, da vero incisore di anime, due figure di inviati filorepubblicani, giornalisti e fotografi, tra i quali una donna, che potrebbe ricordare Gerda Taro: soave e manichea.
Gironella osserva, soffre, descrive, usando però uno stile semplice, mai sciatto, che giunge a tutti. Tra l’altro nel romanzo lo scrittore tratteggia, da vero incisore di anime, due figure di inviati filorepubblicani, giornalisti e fotografi, tra i quali una donna, che potrebbe ricordare Gerda Taro: soave e manichea.
Gironella,
scomparso ottantenne nel 2003, che pure
viaggiò in Italia, ma poco tradotto del resto, non vinse neppure la Palmetta di Civitella... Ignorato dagli uomini e dalla storia. Di sinistra. E pure di destra, per grassa ignoranza.
Il
punto critico è che in Italia, Gironella non piaceva a quella stessa intellighenzia di sinistra, prigioniera
della menzogna à la carte: comunista coi comunisti, anarchica con gli anarchici, sessantottina coi sessantottini, femminista con le femministe. Occhiuta, dolente e paracula (pardon). Che però ha
sempre dettato legge nei premi letterari, a cominciare dallo Strega. Che
schifo.
Carlo Gambescia