lunedì 30 luglio 2018

Gli italiani si sono innamorati dei populisti
Il ritorno del Banner Man



Fonte: "Il Messaggero", 29/7/2018


Secondo un sondaggio Swg  il 51 per cento degli italiani giudica il populismo “positivo”. In pratica, crolla la percentuale di coloro che lo consideravano fino a due anni fa  come una forma di demagogia, percentuale che passa tra il 2016 e il 2018, dal  43 al  58 per cento.
Ora i sondaggi esprimono, se ci si passa il termine poco sociologico,  stati d’animo, quindi sentimenti fuggevoli, però un cambiamento è in atto, il fatto è indiscutibile.
Farà bene alla democrazia liberale italiana? Il populismo, così come si esprime nelle forze politiche che si definiscono tali, non solo in Italia, è un mix di risentimento sociale e  razzismo. Due atteggiamenti, per così dire, che  non aiutano la convivenza sistemica e intrasistemica. Tradotto: tra popoli diversi e all’interno dei popoli. Inoltre, cosa ancora più importante,  il mix risentimento sociale-razzismo rappresenta, storicamente parlando,   una componente  dei movimenti eversivi fascisti, nazisti e comunisti.
Nolte, da grande studioso dei totalitarismi, identificò nel comunismo  una forma di razzismo sociale (contro i borghesi), ricambiata, si far per dire,  nei fascismi, da forme più o meno di antisemitismo (con l'ebreo al posto del borghese, o anche un mix dei due).  Tutta la teoria politica populista si fonda sull’immagine del capro espiatorio, in genere, rappresentato dalle élite al potere,  viste come depositarie di privilegi, sociali, economici, culturali, politici, razziali.
Ora però,  l’aspetto scientificamente interessante (ma non solo)  è quello di individuare le caratteristiche di  un populismo dopo i fascismi. Ci spieghiamo.
Quanto può  pesare sul populismo il peso dell’eredità nazifascista (ma anche di certo nazionalcomunismo)?  Che significa  "pesare" innanzitutto?
Ad esempio, dichiararsi eredi diretti  del fascismo, al di là di un pugno di nostalgici, può essere politicamente  sbagliato. Quindi, come si può osservare , il populista non si definisce nazionalista (per evitare qualsiasi  collegamento con pericoloso retaggio culturale nazi-fascista), ma sovranista, nel senso dell’esercizio esclusivo  della sovranità, ovviamente del solo popolo italiano. 
La stessa critica alla democrazia rappresentativa e ai parlamenti  (altro cavallo di battaglia nazi-fascista)  è sostituita dall’elogio  della democrazia diretta,  in particolare quella  digitale, vista come innovativa,  più rapida  e  meno costosa.   
Il razzismo,  si presenta invece,   mascherato sotto  una specie di  nuova dottrina dell’interesse nazionale. Naturalmente, non   rinvia  a una classificazione tra razze superiori e inferiori,  bensì alla lotta contro un presunto stato di povertà, nel quale gli italiani avrebbero la precedenza.
Come si può  vedere, da questi  pochi punti, il populismo  nei riguardi del fascismo e del nazismo ha assunto un atteggiamento subdolo, non si dichiara tale, però si colloca, magari  usando terminologie più soft,  nella stessa scia. 
Allora? Diciamo però che il ritmo verbale, comunque violento, che ha precise ascendenze antiliberali (Sternhell e Holmes),  ma depurato da riferimenti diretti al nazifascismo (o al nazional-comunismo), spiega il successo che il populismo sta riscuotendo. Piace l'uomo forte: il banner man. C'è  il  testo di una vecchia canzone dei Blue Mink, che spiega bene il fenomeno, meglio di una lezione di sociologia.

So we waved our hands as we marched along
And the people smiled as we sang our song
And the world was saved as they listened to the band
And the Banner-Man held the banner high
He was ten feet tall and he touched the sky
And I wish that I could be a Banner-Man
Glory, glory, glory

Listen to the band
Sing the same old story
Ain't it something grand?
To be good as you can
Like a Banner-Man

(https://genius.com/Blue-mink-banner-man-lyrics )

Si tratta naturalmente di un grande inganno. Dal momento, che la stessa rabbia che personaggi come Salvini e Di Maio  rivolgono contro  le élite, un bel giorno, una volta impossessatisi dei meccanismi di controllo sociale, potrebbe essere rivolta  contro coloro che li hanno votati. 
La violenza (che non è legittima forza)  è una, la si può mascherare, rivolgendola contro il presunto nemico di turno, ma prima o poi, per abitudine e per conservare il potere, la si rivolge contro  chiunque osi mettere in dubbio il principio di autorità.
Oggi, di regola,  gonfiando i muscoli, si ride, al di là delle contraffazioni ideologiche dei populisti,  della debolezza della democrazia liberale.  In realtà, quello della debolezza  è un costume politico, che ha certamente dei limiti, ma impedisce,  ancora  prima  che con  la forza legittima (dunque,  comunque sia,  non con  la violenza sopraffattrice,  artatamente  tirata  in ballo piagnucolando dai  populisti),  impedisce, dicevamo, con la ragione, applicata ai costumi, la deriva nazi-fascista e più in generale, tutto ciò che si presenti  come potenzialmente totalitario.
Ecco la posta in gioco. Ecco il pericolo. Ecco ciò che si nasconde dietro il consenso degli italiani verso  il populismo:  il ritorno del Banner Man.
Non è ancora  l’ora più buia, ma potremmo esserci  vicini. 
Carlo Gambescia


Video - Blue Mink "The Banner Man" (1971)