venerdì 13 luglio 2018

Trump e  Salvini? 
Due "agitatori"...




Strano  che nessuno abbia  ancora  applicato a  Trump e  Salvini, per quanto ne sappiamo,  i modelli di personalità politica  elaborati  dal grande politologo americano  Harold D. Lasswell. Schemi concettuali  che,  semplificando,  possiamo ricondurre a tre grandi tipologie: a) l’agitatore, dal carattere drammatizzante; b) il burocrate o amministratore, freddo e distaccato nel trattare  gli uomini ; c) l’agitatore, divenuto amministratore  che può applicare i principi drammatizzanti, impregnati di manichee astrattezze teoriche, alla gestione  politica, ma può anche sussistere, per contro, il caso dell’amministratore, che perso tutto il suo potere, si  trasformi in agitatore, o che addirittura, deluso,  si tramuti, distaccandosi dalla politica attiva, in teorico puro (*).
Trump  e Salvini  - fatte, ovviamente, le debite proporzioni, soprattutto geopolitiche -  appartengono, per ora,   alla categoria  dell’agitatore(diventato)-amministratore. Due personalità politiche,  nelle quali, di fatto (per la serie il bruco e la farfalla), sembra però  prevalere ancora la tipologia "agitatoria".
Per il Novecento, buoni  esempi storici di agitatori divenuti amministratori  sono rappresentati  da Hitler,  Mussolini, Lenin, Stalin.   Agitatori puri invece sono  Giannini,  Nenni, Berlusconi,  e per venire al presente, Corbin,  Mélenchon.  Per contro,  Amministratori con capacità di agitatorie, Churchill, Reagan, la signora Thatcher, Obama, Blair, Craxi, Macron, Putin.  Amministratori puri,  il nostro De Gasperi, Andreotti,  Togliatti,  e per venire all’oggi lo spagnolo Rajoy, la teutonica signora Merkel.
Trump e Salvini, benché al governo,  appartengono alla categoria degli agitatori puri. Di qui la loro imprevedibilità e  incapacità di rapportarsi con i criteri di una normale amministrazione. Si pensi all’atteggiamento di Trump al vertice Nato: indecifrabile.  Ha discusso con tutti ma dichiarato di essere in buoni rapporti con tutti..  Oppure,  alla scelta  di  Salvini che prima  ha minacciato il finimondo sui giudici,  salvo poi recarsi al Colle, per uscirne,  dichiarandosi uno strenuo difensore, come il Presidente Mattarella,  dell'indipendenza della magistratura...   
Il vero  amministratore, in realtà,  non formula mai richieste estreme, proprio per evitare disonoranti dietro-front: si pensi, ad esempio,  a un  Trump  che minaccia, ogni due minuti, l’uscita dalla Nato, oppure a un Salvini che  evoca  l’uscita dell’Italia dall’UE.  Senza far  seguire i fatti alle parole.  O qualcosa che sia più di una minaccia. Insomma, il ridicolo è sempre in agguato. Ma anche il tragico. 
Purtroppo - ecco le controindicazioni -   l’imprevedibilità,  soprattutto quando discende  dall’alto, non fa bene alla politica, all' economia e alla società.  Crea false aspettative,  tensioni diffuse, angoscia sociale,   perché del  "doman  non v'è certezza", sensazione collettiva, quest'ultima,  che finisce per prendere forza propria, a prescindere dal suo valore di verità (come corrispondenza fattuale).  
Ovviamente, sempre a proposito del lato tragico, l’agitatore  può trasformarsi in amministratore, conservando tuttavia  gli aspetti più oscuri della sua personalità politica primaria. Per fare un esempio -  che però  potrebbe suscitare ilarità nei lettori -  Hitler promulgò  leggi antisemite, Salvini e i pentastellati leggi anticasta.  Fermo comunque restando, nel governo giallo-verde, quel  ripugnante atteggiamento,  per ora più agitatorio che reale,  nei riguardi dell’immigrazione, clandestina o meno,  che, frutto  avvelenato di una pericolosa chiusura verso l'altro, verso il diverso da sé, rinvia  "per li  rami" al razzismo novecentesco.      
Il leader agitatore, convertito o meno all’amministrazione, è una  mina vagante. Purtroppo, quanto più si manifestano capacità agitatorie  tanto  più si fa  crescere, intorno a sé,  l’appeal politico-elettorale. La gente comune, a prescindere dalle logiche (condizionali) di contesto storico,  in prima battuta crede alle parole e quanto più esse erompono nella routine, compiacendo il risentimento sociale ed evocando miracoli, tanto più risultano affascinanti e credibili, proprio grazie al clima di un  "doman  non v'è certezza" istituzionalizzato, a prescindere da qualsiasi giudizio di realtà.  È  la  logica del cinema e della letteratura di evasione, che risponde a una , razionalmente inspiegabile, domanda,  racchiusa nel cuore di ogni uomo.  Un semplicissimo, perché no?  Moltiplicato però per mille dai mezzi di comunicazione sociale.    
In qualche misura,  per l’agitatore  la politica è  la continuazione della letteratura  catastrofista, oggi così tanto di moda,  con altri mezzi.   Ecco il lato oscuro -  andando oltre le ipotesi dei Lasswell -  della "politica spettacolo".   Il che spiega un fatto,  se si pensa  ai disastri combinati  dal  nazismo e dal comunismo, movimenti politici  all'inizio ( e non solo) giudicati benevolmente e ritenuti addirittura credibili...  Quale fatto?  Come  il  Ventesimo Secolo  sia riuscito, e tristemente,  a superare i confini tra realtà politica e immaginazione.       

Carlo Gambescia

                                         

(*) Si veda H.D. Lasswell, Potere e personalità (1948), in Id., Potere, politica e personalità, a cura di M. Stoppino,  Utet, Torino  1975, pp. 399-594.                          

       

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