Trump e
Salvini?
Due "agitatori"...
Strano che nessuno abbia ancora applicato a Trump e
Salvini, per quanto ne sappiamo, i modelli di personalità politica
elaborati dal grande politologo americano Harold D. Lasswell. Schemi concettuali che, semplificando, possiamo
ricondurre a tre grandi tipologie: a) l’agitatore, dal carattere
drammatizzante; b) il burocrate o amministratore, freddo e distaccato nel
trattare gli uomini ; c) l’agitatore, divenuto amministratore che
può applicare i principi drammatizzanti, impregnati di manichee astrattezze teoriche, alla gestione politica, ma può
anche sussistere, per contro, il caso dell’amministratore, che perso tutto il suo potere, si trasformi in agitatore, o che addirittura, deluso, si tramuti, distaccandosi dalla politica attiva, in teorico puro (*).
Trump
e Salvini - fatte, ovviamente, le debite proporzioni, soprattutto
geopolitiche - appartengono, per ora, alla
categoria dell’agitatore(diventato)-amministratore. Due personalità politiche, nelle quali, di fatto (per la serie il bruco e la farfalla), sembra però prevalere ancora la tipologia "agitatoria".
Per il Novecento, buoni esempi storici di agitatori divenuti amministratori sono rappresentati da Hitler, Mussolini, Lenin, Stalin. Agitatori puri invece sono Giannini, Nenni, Berlusconi, e per venire al presente, Corbin, Mélenchon. Per contro, Amministratori con capacità di agitatorie, Churchill, Reagan, la signora Thatcher, Obama, Blair, Craxi, Macron, Putin. Amministratori puri, il nostro De Gasperi, Andreotti, Togliatti, e per venire all’oggi lo spagnolo Rajoy, la teutonica signora Merkel.
Per il Novecento, buoni esempi storici di agitatori divenuti amministratori sono rappresentati da Hitler, Mussolini, Lenin, Stalin. Agitatori puri invece sono Giannini, Nenni, Berlusconi, e per venire al presente, Corbin, Mélenchon. Per contro, Amministratori con capacità di agitatorie, Churchill, Reagan, la signora Thatcher, Obama, Blair, Craxi, Macron, Putin. Amministratori puri, il nostro De Gasperi, Andreotti, Togliatti, e per venire all’oggi lo spagnolo Rajoy, la teutonica signora Merkel.
Trump
e Salvini, benché al governo, appartengono alla categoria degli agitatori puri. Di qui la loro imprevedibilità
e incapacità di rapportarsi con i criteri di una normale amministrazione. Si
pensi all’atteggiamento di Trump al vertice Nato: indecifrabile. Ha discusso
con tutti ma dichiarato di essere in buoni rapporti con tutti.. Oppure, alla
scelta di Salvini che prima ha minacciato il finimondo sui giudici, salvo poi recarsi al Colle, per uscirne, dichiarandosi uno strenuo difensore, come il Presidente Mattarella, dell'indipendenza della magistratura...
Il
vero amministratore, in realtà, non formula mai
richieste estreme, proprio per evitare disonoranti dietro-front: si pensi, ad esempio, a un Trump che minaccia, ogni due minuti, l’uscita dalla Nato, oppure a un Salvini che evoca l’uscita
dell’Italia dall’UE. Senza far seguire i fatti alle parole. O qualcosa che sia più di una minaccia. Insomma, il ridicolo è sempre in agguato. Ma anche il tragico.
Purtroppo - ecco le controindicazioni - l’imprevedibilità, soprattutto quando discende dall’alto, non fa bene alla politica, all' economia e alla società. Crea false aspettative, tensioni diffuse, angoscia sociale, perché del "doman non v'è certezza", sensazione collettiva, quest'ultima, che finisce per prendere forza propria, a prescindere dal suo valore di verità (come corrispondenza fattuale).
Ovviamente, sempre a proposito del lato tragico, l’agitatore può trasformarsi in amministratore, conservando tuttavia gli aspetti
più oscuri della sua personalità politica primaria. Per fare un esempio - che però potrebbe suscitare ilarità nei lettori - Hitler promulgò leggi antisemite, Salvini e i pentastellati leggi anticasta. Fermo comunque restando, nel governo giallo-verde, quel ripugnante atteggiamento, per ora più agitatorio che reale, nei riguardi dell’immigrazione, clandestina o meno, che, frutto avvelenato di una pericolosa chiusura verso l'altro, verso il diverso da sé, rinvia "per li rami" al razzismo novecentesco.
Il
leader agitatore, convertito o meno all’amministrazione, è una mina vagante. Purtroppo, quanto più si manifestano capacità agitatorie tanto più si fa crescere, intorno a sé, l’appeal politico-elettorale. La gente comune, a prescindere dalle
logiche (condizionali) di contesto storico, in prima battuta crede alle parole e quanto più esse erompono nella routine, compiacendo il risentimento sociale ed evocando miracoli, tanto
più risultano affascinanti e credibili, proprio grazie al clima di un "doman non v'è certezza" istituzionalizzato, a prescindere da qualsiasi giudizio di realtà. È la logica del cinema e della letteratura di
evasione, che risponde a una , razionalmente inspiegabile, domanda, racchiusa nel cuore di ogni uomo. Un semplicissimo, perché no? Moltiplicato però per mille dai mezzi di comunicazione sociale.
In
qualche misura, per l’agitatore la politica è la continuazione della letteratura catastrofista, oggi così tanto di moda, con altri mezzi. Ecco il lato oscuro - andando oltre le ipotesi dei Lasswell - della "politica spettacolo". Il che
spiega un fatto, se si pensa ai disastri combinati dal nazismo e dal comunismo, movimenti politici all'inizio ( e non solo) giudicati benevolmente e ritenuti addirittura credibili... Quale fatto? Come il Ventesimo
Secolo sia riuscito, e tristemente, a superare i confini tra realtà politica e immaginazione.
Carlo Gambescia
(*) Si
veda H.D. Lasswell, Potere e personalità (1948), in Id., Potere, politica e personalità, a cura di M. Stoppino, Utet, Torino
1975, pp. 399-594.
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