martedì 24 luglio 2018

L’intervista di Davide Casaleggio al quotidiano “La Verità
Déjà vu

Chiunque conosca la letteratura scientifica e storica sull’antiparlamentarismo  nulla potrà   trovare  di originale nell’intervista di Davide Casaleggio rilasciata al quotidiano populista “La Verità” (1). Insomma, puro e semplice  déjà vu.   Spieghiamo perché.
Dal punto di vista dell’argomentazione ( si dovrebbe però  aver  letto  Hirschman, e uno) siamo dinanzi al modello, preferito da certa retorica  dell’intransigenza di sinistra (si badi retorica dove la forma è sostanza): quella del “pericolo incombente".  Nel senso  che,  se non si procederà lungo la strada indicata (democrazia diretta, il famigerato "uno vale uno";  robotizzazione e riconversione ecologica dell'economia; diminuzione o azzeramento  dell’orario di lavoro,  per indicare solo tre assi del discorso di Casaleggio),  il futuro  sarà gravido di pericoli. Anche perché, ecco il succo ultimativo, comunque sia, tutto ciò avverrà,  con o senza  di noi.  
Questo tipo argomentazione, si appoggia, sulla premessa non provata dell’esistenza di alcune leggi del movimento storico, che per dirla con Hirschman, “fornirebbero agli scienziati sociali”, e a maggior ragione al “cittadino digitale” (altro topos  casaleggiano),   “la gradita assicurazione che il mondo sta ‘irreversibilmente’  muovendosi nella direzione da loro invocata” (2). Del resto,  l’intervista è fitta di rinvii, al  “se non facciamo questo (quindi non  intercettiamo il movimento storico)  allora si rischia, eccetera, eccetera”. 
È una retorica, formale e sostanziale al tempo stesso, perché rinvia a una pseudo-legge del movimento storico, rappresentata questa volta,  da  una visione tecnologico-provvidenzialistica della storia umana:  la forma, insomma, nasconde la sostanza, che come spiega, ad esempio  Karl Löwith, ha radici nel finalismo metastorico cristiano. Però,  anche qui,  per capire,  si dovrebbe  aver letto  Löwith,   e due (3).
Quanto al de profundis,  intonato da Casaleggio, della democrazia rappresentativa, lo storico Domenico Settembrini,  in un   libro eccellente,  provò come in Italia,  la battaglia contro le istituzioni liberali, della democrazia rappresentativa, attecchì grazie al forte spirito antiborghese, frutto avvelenato di una diffusa  “invidia sociale” ( concetto, guarda caso,  respinto, come inesistente, da Casaleggio), quale inevitabile  correlato di una cultura politica collettiva, mai riuscita a interiorizzare il successo come  valore  sociale positivo (4). Di qui, l’anticapitalismo, l’antiliberalismo, l’antiparlamentarismo: un "antismo" diffuso verso  tutto ciò che  può essere qualificato come   veicolo di promozione sociale di natura meritocratica.  E anche qui, per capire dove vada a  parare Casaleggio,  si dovrebbe  aver letto Settembrini, e tre.  
Hirschman,  Löwith, Settembrini, e abbiamo citato solo alcuni autori e lavori,  utilissimi per comprendere quanto sia banale l’intervista concessa a “La Verità”.
Attenzione,  banale e  pericolosa, per via riflessa. E ci spieghiamo subito.
In quanti, in  l’Italia, dove statisticamente viene definito “lettore forte”  chiunque legga dieci libri all'anno (in genere, se va bene,  romanzi  in cima alle classifiche),  sono in grado di leggere e capire  i testi appena ricordati? 
Ecco, in una realtà, praticamente immodificabile, perché, nonostante la novecentesca alfabetizzazione di massa,  la curva dei lettori non ha  perso la sua  forma piramidale.  Forma,  ci si scusi per l’inciso, che del resto riflette la stratificazione sociale, dunque gli interessi diffusi, e per alcuni studiosi, addirittura, la distribuzione sociale intelligenza.  
Allora,  in una realtà di questo tipo, dove il 95 per cento dei Social si ciba di fake e non di libri,  un mondo di "diversamente analfabeti", che  più  che  al capire sembra  rivolto al credere, dove può condurre  “l’uno vale uno” ribadito  da  Davide  Casaleggio?                                


Carlo Gambescia



(2) Albert O. Hirschman, Retoriche dell’intransigenza. Perversità, futilità, messa a repentaglio, il Mulino, Bologna  1991, p.  158.
(3) Karl Löwith, Significato e senso della storia. I presupposti teologici della filosofia della storia, Edizioni di Comunità, Milano 1972.
(4) Domenico Settembrini, Storia dell’idea antiborghese in Italia (1860-1989), Laterza, Bari  1991.