Il titolo razzista di "Libero"
La mamma dei cretini è sempre incinta
Quanti danni sociali e culturali possono provocare titoli del genere? Ammesso e non concesso che i mass media mainstream tendano a privilegiare il multiculturalismo, che senso ha presentare una “buona notizia”, perché si tratta di un caso di felice integrazione con ottimi risultati
sportivi, come una “cattiva notizia”? Per quale ragione, come si
legge, gli italiani sarebbero defraudati di una par condicio
mediatica?
Ora,
se vogliamo metterla così, va detto che in Italia lo sport ha visto
sempre primeggiare i “bianchi”, per ovvie ragioni di composizione razziale della popolazione. Perciò, il fatto
che questa volta, probabilmente la
prima, il successo sportivo abbia arriso a un team, per così dire, di “neri”, anzi "nere", è notizia, buona, due volte: uno, in sé, per la novità; due perché rivela che la nostra è una società
aperta, dove tutti hanno le stesse opportunità.
Quindi, ripetiamo, si parla di una doppia buona notizia.
Andare
a cercare il pelo nell’uovo, tirando in ballo il politicamente corretto, come madre e padre di tutti i mali del mondo,
significa due cose:
1)
Ignorare, che ogni società storica, se vogliamo usare una parola alla moda, esprime
forme di politicamente corretto (dai
riti per gli antenati al sabato fascista fino al gay pride). Per dirla in sociologhese
sono fenomeni, di istituzionalizzazione (nel senso di comportamenti, non
gassosi ma solidificatisi, perché vincolati alle regole dell’appartenenza a un
gruppo). Il vero punto è la direzione in cui vanno i processi, se garantiscano o meno una pacifica
convivenza. Il conformismo sociale è un’arma a doppio taglio, può far vivere o
morire le società. Dipende dal suo tasso e dal ciclo sociale, come poi vedremo.
2)
Giocare, evocando rabbia e paura, attraverso narrazioni razziste, letteralmente
inventate a tavolino (perché come detto si tratta di una duplice bella notizia), la carta del conflitto sociale, invece di favorire l’integrazione e una
cultura repubblicana, capace di andare
oltre il colore della pelle. Quindi, la
lotta al politicamente corretto, altro cavallo di battaglia di “Libero” va a
vellicare, mescolando integrazione felicemente riuscita e razzismo di
strada, i peggiori istinti etnocentrici
degli italiani.
Ripetiamo,
non sono mai esistite, né mai esisteranno,
società libere dal politicamente corretto. Il punto è la direzione del
fenomeno. “Libero”, semplificando, non
può riequilibrare nulla, perché, per ora, non c’è nulla da
riequilibrare in Italia fra “bianchi” e “neri”.
Da
studiosi della società, non neghiamo però che, secondo gli andamenti ciclici, tipici dei
fenomeni sociali, passato il punto di
equilibrio, o meglio di stabilità, una specie di picco (che può durare anche alcuni secoli), il politicamente
corretto - o istituzionalizzazione
comportamentale delle credenze - che anima
una certa forma sociale, entra in
una fase di declino, alla quale segue l’ascesa di una nuova forma di
politicamente corretto. Si pensi ad
esempio al differente pre-giudizio
sociale e culturale, prima positivo, poi negativo, su
nobiltà e clero, prima e dopo la Rivoluzione francese. Quanto al razzismo, ad
esempio recenti report, mostrano come in
Sud Africa, soprattutto nelle
università, prevalga una tendenza a valorizzare una visione culturale,
semplificando, etnocentrica, ma con riferimento, questa volta alla popolazione
nera.
Però,
in Italia - ecco il punto - siamo ben
lontani, anche per ragioni storiche e demografiche, da una situazione del genere: siamo ancora ben al di sotto del picco di
stabilità. Siamo invece davanti ad
atteggiamenti difensivi, in puro stile razzista, che rinviano agli Stati Uniti degli anni Cinquanta-Sessanta, quando gli stati del Sud, non volevano sentir parlare di integrazione. Probabilmente,
oggi, negli Usa, una volta raggiunto il
picco, negli anni Ottanta, anche in presenza di una forte immigrazione
ispanica, si sta verificando un
movimento in controtendenza.
In
qualche misura, in Italia, “Libero” e quei gruppi politici e sociali che la pensano come Vittorio Feltri, vogliono agganciarsi al
movimento in controtendenza di cui sopra. Ma in America, come abbiamo detto, si tratta di una risposta, sociologicamente motivata all'integrazione (il che non significa che sia moralmente giustificata o giustificabile). Che
da noi, non è neppure iniziata. Di conseguenza, la prima pagina di “Libero” può produrre danni incalcolabili. Anche perché sociologicamente priva di qualsiasi fondamento sociale: anticipa, non segue il fenomeno. Insomma, veleno razzista allo stato puro. Per farla breve: stupidamente, si intossicano le persone, senza alcuna ragione sociologica plausibile.
Come
concludere? Per dirla fuori dai denti: la mamma dei cretini è sempre incinta.
Carlo Gambescia