L’audizione di Paolo Savona
Una mina vagante…
La
diciamo subito fuori dai denti. Il professor Paolo Savona se la tira: si ritiene il più furbo del quartierino Banca d’Italia. Perché da lì proviene.
Savona, come tutti coloro che, pur
essendo giunti al top hanno ottenuto molto meno di quel che
desideravano, ora che un pugno di stupidelli razzisti gli ha dato una pistola, finalmente non a tappi, vuole saldare i conti. Come il
Conte d Montecristo si vuole vendicare di un Draghi, molto più giovane di
lui, che però è arrivato dove è arrivato; di un Visco
meno intelligente e colto, sempre di lui,
che però non schioda dalla Banca
d’Italia, eccetera, eccetera. E, dulcis in fundo, Savona ce l'ha a morte con un’Europa, che strutturalmente - parliamo del giro degli economisti di
Bruxelles - non se lo è mai filato. Insomma, zero tituli: nessun "ueincarico" prestigioso.
Di
qui il suo rancore, che nasconde, da
furbetto del quartierino (sempre dalla "sagrestia" della Banca d'Italia proviene...), evocando la necessità di più integrazione bla bla bla, ma solo
per distruggere quel poco di integrazione che l’UE ha faticosamente costruito. A cominciare dalla moneta unica, che Savona vuole affossare, proponendo però (non sia mai...) una specie di supermoneta, nel senso dei
poteri sul cambio e in ultima istanza, di cui ieri ha parlato, pretescamente, nell’audizione davanti alle Commissioni di Camera e Senato.
Savona
gioca al rialzo, finge di essere pro-Europa, un’Europa del Futuro, perfetta, per sfasciare, quel poco che c’è, sicuramente
imperfetto, ma che esiste.
Al
di là di queste prese in giro eurostellari, da far andare a nozze uno storico come Svetonio ( e anche Mel Brooks), dell’audizione di ieri colpisce un passaggio,
diciamo tecnico. Citiamo da Huffington Post:
«Poi avverte il problema non è "se attuare o meno le
promesse" fatte all'elettorato, "cosa indispensabile", ma
piuttosto "quali siano i modi, e tra questi i tempi" in cui farlo,
senza fretta di far crescere la spesa corrente. "La politica è la
seguente- suggerisce Savona - rilanciare gli investimenti in misura tale da
avere una crescita del Pil che consenta di diminuire il rapporto debito
pubblico-Pil, sincronizzando il ritmo di spesa corrente necessaria per
l'attuazione dei provvedimenti indicati al ritmo con cui cresce il gettito
fiscale".»
(https://www.huffingtonpost.it/2018/07/10/paolo-savona-incontrera-draghi-e-chiede-di-dare-pieni-poteri-sul-cambio-alla-bce_a_23478567/)
Savona nasce econometrista (e io "lo nacqui" direbbe Totò...), quindi crede, come un Bagnai
qualsiasi, nella possibilità di prevedere e governare politicamente i macro-fattori della produzione. Perciò dà per scontato che il nesso tra investimenti pubblici
e crescita del Pil sia prettamente causale: si mette una monetina, pubblica, si spinge un
bottone, privato e pubblico, e il Pil cresce. In realtà, si tratta semplicemente - regoletta che
vale per tutta la "scienza" econometrica - di scelte
di scenario, sulla base di fattori condizionali, che quindi mutano
continuamente. Servirebbero invece scenari infiniti pari a scelte infinite... Il che non è umanamente possibile se non al prezzo o di astrazioni algebriche (quindi pura teoria), o di riduzionismo operativo (quindi pura pratica). Diciamo che l'econometrica è una non scienza sospesa tra teoria e pratica. Un nulla strutturato.
Per contro, Savona parla addirittura di cose miracolose come la sincronizzazione del ritmo della spesa
corrente con quello del gettito fiscale. Roba da madonnine che piangono... Chi va a
parlare con i sindacati? Lui? Basta un nulla, una Camusso che abbia dormito male ad
esempio, e le cifre programmate vanno a farsi friggere… Per non parlare del sonno, quasi sempre inquieto, dei vari microsindacati, ad esempio quelli del pubblico impiego. Certo, a causa degli
investimenti, il Pil può crescere, ma
solo quello nominale, a prezzi correnti. Chiamalo se vuoi, gioco delle tre carte.
Riassumendo, Paolo
Savona rappresenta un mix di rancore (personale) e di saccenza (econometrica), una miscela esplosiva che fa veramente paura. Una
mina vagante, per farla breve.
A dire il vero però, il professor Savona una cosa buona nella sua carriera l’ha fatta. Quando negli anni Ottanta del secolo scorso era Presidente del Credito Industriale Sardo favorì la pubblicazione della gigantesca ed eccellente Storia del pensiero
economico italiano di
Oscar Nuccio, economista scomodo, di intelligenza e cultura straordinarie, (uno scandalo accademico, morì professore associato a stento), caro
amico di Savona, che in quell’occasione si comportò con un vero mecenate
rinascimentale (*).
E di questo gli siamo ancora grati. Solo di questo però.
Carlo Gambescia