mercoledì 11 luglio 2018

L’audizione di Paolo Savona
Una mina vagante…




La diciamo subito fuori dai denti. Il professor Paolo  Savona se la tira:  si ritiene il  più furbo del quartierino Banca d’Italia. Perché da lì proviene. 
Savona,  come tutti coloro  che,  pur essendo giunti al top  hanno  ottenuto molto meno di quel che desideravano,  ora che  un pugno di stupidelli  razzisti  gli ha dato una pistola,  finalmente non  a tappi, vuole saldare i conti.   Come il Conte d Montecristo  si vuole  vendicare di un Draghi, molto più giovane di lui,  che però è arrivato dove è arrivato;   di un Visco  meno intelligente e colto, sempre di  lui, che però  non schioda dalla Banca d’Italia, eccetera, eccetera.  E, dulcis in fundo, Savona  ce l'ha a morte con  un’Europa, che strutturalmente -  parliamo del giro degli economisti di Bruxelles -  non se lo è mai filato. Insomma,  zero tituli:  nessun  "ueincarico"  prestigioso. 
Di qui il suo rancore, che nasconde,  da furbetto del quartierino (sempre dalla "sagrestia" della Banca d'Italia proviene...),  evocando la necessità di  più integrazione bla bla bla,  ma  solo per distruggere quel poco di integrazione che l’UE ha  faticosamente  costruito.  A cominciare dalla moneta unica, che  Savona vuole affossare, proponendo però (non sia mai...)  una specie di supermoneta, nel senso dei poteri sul cambio e in ultima istanza, di cui ieri ha parlato, pretescamente,   nell’audizione  davanti alle Commissioni di Camera e Senato.           
Savona gioca al rialzo, finge di essere pro-Europa, un’Europa del Futuro, perfetta,  per sfasciare, quel poco che c’è, sicuramente imperfetto, ma che esiste.
Al di là di queste prese in giro eurostellari,  da far andare a nozze uno  storico come Svetonio ( e anche Mel Brooks), dell’audizione di ieri  colpisce un passaggio, diciamo tecnico. Citiamo da Huffington Post:

«Poi avverte il problema non è "se attuare o meno le promesse" fatte all'elettorato, "cosa indispensabile", ma piuttosto "quali siano i modi, e tra questi i tempi" in cui farlo, senza fretta di far crescere la spesa corrente. "La politica è la seguente- suggerisce Savona - rilanciare gli investimenti in misura tale da avere una crescita del Pil che consenta di diminuire il rapporto debito pubblico-Pil, sincronizzando il ritmo di spesa corrente necessaria per l'attuazione dei provvedimenti indicati al ritmo con cui cresce il gettito fiscale".»

Savona nasce econometrista (e io "lo nacqui" direbbe Totò...), quindi crede, come un Bagnai qualsiasi, nella possibilità di prevedere e  governare politicamente i macro-fattori della produzione.  Perciò dà  per scontato che il nesso tra investimenti pubblici e crescita del Pil sia prettamente causale: si mette una monetina, pubblica, si spinge un bottone, privato e pubblico,   e il Pil cresce.   In realtà, si tratta semplicemente - regoletta che vale per  tutta la "scienza"  econometrica -   di scelte di scenario, sulla base di fattori condizionali, che quindi mutano continuamente.  Servirebbero invece  scenari infiniti pari a scelte infinite... Il che non è umanamente possibile  se non al prezzo o  di astrazioni algebriche (quindi pura teoria),  o  di riduzionismo  operativo (quindi  pura pratica).  Diciamo che l'econometrica è una non scienza sospesa tra teoria e pratica. Un nulla strutturato.   
Per contro,   Savona  parla addirittura  di  cose miracolose come la  sincronizzazione del ritmo della spesa corrente con quello del gettito fiscale.  Roba da madonnine che piangono...  Chi  va a parlare  con i sindacati? Lui?  Basta un nulla,  una Camusso che abbia dormito male ad esempio,   e le  cifre  programmate vanno a farsi friggere… Per non parlare del sonno, quasi  sempre inquieto, dei   vari  microsindacati, ad esempio quelli del pubblico impiego.  Certo, a causa degli investimenti,  il Pil può crescere,  ma solo quello nominale, a prezzi correnti.   Chiamalo se vuoi,  gioco delle tre carte.

Riassumendo,  Paolo Savona rappresenta un mix di rancore (personale)  e di  saccenza (econometrica), una miscela esplosiva  che fa veramente paura.   Una mina vagante, per farla breve. 
A dire il vero però,  il professor  Savona  una cosa buona nella sua carriera  l’ha fatta.  Quando negli anni Ottanta del secolo scorso  era  Presidente del Credito Industriale Sardo  favorì   la pubblicazione  della gigantesca ed eccellente Storia del pensiero economico italiano di Oscar Nuccio, economista scomodo, di intelligenza e cultura straordinarie, (uno scandalo accademico, morì professore associato a stento), caro amico di Savona, che in quell’occasione si comportò con un vero mecenate rinascimentale (*). 
E di questo gli siamo ancora grati.   Solo di questo però. 
Carlo Gambescia