Socialdemocrazia e populismo (di
sinistra)
Il grillino Sánchez
In
politica per definire la fisionomia di un partito è importante individuare i suoi nemici. La socialdemocrazia post-seconda guerra
mondiale aveva nemici a sinistra: comunisti, socialisti radicali e gauchisti
(dopo il Sessantotto). E, ovviamente, nemici a destra: liberali, conservatori e reazionari,
nonché i populisti, o comunque quelle forze politiche che dicevano di raccogliere gli scontenti di sinistra e destra, evocando di essere oltre la destra e la
sinistra.
Sotto questo aspetto fascismo e nazismo hanno radici populiste. E le socialdemocrazie post-belliche ben lo sapevano. E tenevano a distanza i populismi. Non va perciò dimenticato, che nel secondo dopoguerra, e non solo in Italia, i comunisti accolsero nelle proprie file fascisti pentiti, scomunicando, ovviamente, chiunque da sinistra passasse a destra. Il populismo era accettato, ma solo "in entrata".
Sotto questo aspetto fascismo e nazismo hanno radici populiste. E le socialdemocrazie post-belliche ben lo sapevano. E tenevano a distanza i populismi. Non va perciò dimenticato, che nel secondo dopoguerra, e non solo in Italia, i comunisti accolsero nelle proprie file fascisti pentiti, scomunicando, ovviamente, chiunque da sinistra passasse a destra. Il populismo era accettato, ma solo "in entrata".
Il che, tra l'altro, spiega la storica diffidenza socialdemocratica verso i comunisti. Che, a loro volta, accusavano i socialdemocratici di essere al servizio del fascismo e del capitalismo: a loro avviso, due facce della stessa medaglia.
Ora, presentare come una vittoria della socialdemocrazia, quindi del riformismo, la vittoria di Sánchez, a capo di un partito che a differenza della socialdemocrazia post-bellica si appresta a governare, nonostante lo neghi, con la sinistra radicale di Podemos e con gli indipendentisti repubblicani, indica a qual punto sia giunta la confusione politica.
Chi rivendica la caratura socialdemocratica di Sánchez? Gli stessi che fino a qualche anno fa avversavano l’idea stessa di socialdemocrazia. Ripetiamo per i disattenti: post comunisti, socialisti radicali e gauchisti. Tutti anti-riformisti per eccellenza.
Si vedano ad esempio i titoli di “Libération” e del “Manifesto”. Si esulta. E per quale ragione? Perché quei giornali sentono l'antico richiamo della foresta anti-riformista. I titoli ci dicono che è viva e vegeta l’idea di una sinistra mai dimentica di combattere il capitalismo. Il suo compito, secondo i post-comunisti mai pentiti, non sarebbe quello di impedire che si tiri il collo alla gallina dalle uova d’oro: il capitalismo, insomma. Ma più semplicemente di soffocare il gallinaceo lentamente a colpi di spesa pubblica, patrimoniale e vincoli severi alla libertà di mercato. Una specie di suicidio politico assistito.
Il programma di Sánchez è semplice: più tasse per imprese e più assistenzialismo per il popolo. Un bel programmino fotocopiato dai Grillini italiani. Il saluto con il pugno chiuso è il bacio della sposa allo sposo. La ciliegina sulla torta del populismo di sinistra.
L’ economia sociale di mercato tedesca, post-bellica, condivisa da socialdemocratici e democristiani, era fondata sulla libertà di mercato non sulla sua distruzione. C’è inoltre un altro elemento che collega populismo e socialdemocrazia modello Sánchez: la critica feroce e ingiusta delle élite, giudicate come presuntivamente corrotte. Di conseguenza, la spiccata propensione del Psoe per l’assistenzialismo unita al populismo penale (Sánchez, vorrebbe mettere in prigione l’intero Partido Popular) conferma che siamo davanti a un populismo di sinistra. Altro che socialdemocrazia...
Non ci si faccia ingannare dall’antifascismo e dalle politiche di accoglienza promosse dal Psoe. Non siamo davanti all'umanitarismo socialdemocratico. E per una semplice ragione: l’antifascismo è visto come l'altro volto, necessario, dell' anticapitalismo e l’immigrazione come un valoroso esercito di riserva per combattere l'ingiusto capitalismo. Al fondo dell'umanitarismo targato Psoe non c'è la tolleranza ma il calcolo politico.
In Spagna, ripetiamo, ha vinto il populismo di sinistra. Che, con le sue politiche sociali disastrose potrebbe favorire, dopo il suo tracollo, l’avvento del populismo di destra.
Insomma, non c’è di che stare allegri. Soprattutto se si pensa che in Italia Zingaretti sembra uscito da una Xerox di fabbricazione spagnola.
Carlo Gambescia