martedì 30 aprile 2019

Socialdemocrazia e populismo (di sinistra)
Il grillino Sánchez  




In politica per definire la fisionomia di un partito è importante individuare i suoi nemici. La socialdemocrazia post-seconda guerra mondiale  aveva nemici a sinistra:  comunisti, socialisti  radicali  e gauchisti (dopo il Sessantotto). E, ovviamente,  nemici a destra: liberali, conservatori e reazionari, nonché  i  populisti, o comunque quelle forze politiche  che dicevano di  raccogliere  gli scontenti di sinistra e destra, evocando di  essere oltre la destra e la sinistra.
Sotto questo aspetto fascismo  e nazismo hanno radici populiste. E le socialdemocrazie post-belliche ben lo sapevano. E tenevano a distanza i populismi.  Non va perciò  dimenticato, che nel secondo dopoguerra, e non solo in Italia, i comunisti  accolsero nelle proprie file fascisti pentiti, scomunicando, ovviamente, chiunque da sinistra passasse a destra.  Il populismo era accettato,  ma solo "in entrata".  
Il che, tra l'altro,  spiega la storica diffidenza socialdemocratica verso i comunisti. Che, a loro volta, accusavano i socialdemocratici di essere al servizio del fascismo e del capitalismo: a loro avviso,  due facce della stessa medaglia. 
Ora, presentare come una vittoria della socialdemocrazia, quindi del riformismo,   la vittoria di Sánchez, a capo di un partito che a differenza della socialdemocrazia post-bellica  si appresta a governare, nonostante lo neghi, con la sinistra radicale  di Podemos e con gli indipendentisti repubblicani, indica a qual punto  sia   giunta la confusione politica.  
Chi rivendica  la caratura socialdemocratica di Sánchez?  Gli stessi che fino a qualche anno fa avversavano l’idea stessa di socialdemocrazia. Ripetiamo per i disattenti:  post comunisti, socialisti radicali e gauchisti. Tutti anti-riformisti  per eccellenza.
Si vedano ad esempio i titoli di “Libération” e del “Manifesto”. Si esulta.  E per quale ragione? Perché quei giornali sentono l'antico richiamo della foresta anti-riformista.  I  titoli ci dicono che  è viva e  vegeta  l’idea di  una  sinistra  mai dimentica  di combattere  il capitalismo.  Il suo compito,  secondo i post-comunisti mai pentiti,  non sarebbe quello di impedire  che si tiri  il collo  alla gallina dalle uova d’oro: il capitalismo, insomma. Ma più semplicemente di soffocare il gallinaceo lentamente a colpi di spesa pubblica, patrimoniale  e  vincoli severi alla libertà di mercato. Una specie di suicidio politico assistito. 
Il programma di Sánchez è semplice:  più tasse per imprese e più assistenzialismo per il popolo.   Un bel programmino fotocopiato dai  Grillini italiani.   Il saluto con il pugno chiuso  è il bacio della sposa allo sposo.   La ciliegina sulla torta del populismo di sinistra.
L’ economia sociale di mercato tedesca, post-bellica, condivisa da socialdemocratici e democristiani, era fondata sulla libertà di mercato non sulla sua distruzione. C’è inoltre un altro elemento che collega  populismo e socialdemocrazia modello Sánchez: la critica feroce e ingiusta delle  élite,  giudicate come presuntivamente corrotte.  Di conseguenza, la spiccata propensione del Psoe per l’assistenzialismo unita al populismo penale (Sánchez, vorrebbe mettere in prigione l’intero Partido Popular) conferma che siamo davanti a  un populismo  di sinistra.    Altro che socialdemocrazia... 
Non ci si faccia ingannare dall’antifascismo e dalle politiche di accoglienza promosse dal Psoe. Non siamo davanti all'umanitarismo socialdemocratico. E per una semplice ragione:  l’antifascismo è visto come l'altro volto, necessario, dell' anticapitalismo e l’immigrazione come un valoroso  esercito di riserva  per combattere l'ingiusto capitalismo. Al fondo dell'umanitarismo targato Psoe  non c'è la tolleranza  ma il calcolo politico.   
In Spagna,  ripetiamo, ha vinto il populismo di sinistra. Che, con le sue politiche sociali disastrose potrebbe favorire, dopo il suo tracollo, l’avvento del populismo di destra. 
Insomma, non c’è di che stare allegri. Soprattutto se si pensa che in Italia Zingaretti sembra uscito da una Xerox  di fabbricazione spagnola. 
Carlo Gambescia