Memoria e politica
Le due destre che pari sono
Talvolta le immagini la dicono lunga sul
rapporto tra memoria e politica. Due esempi.
Il primo. La foto di Salvini con la mitraglietta, postata da un suo stretto collaboratore, unita a
minacce, più o meno esplicite, sulla capacità dei leghisti, di
saper difendersi, senza tante mediazioni. Provando così
di non ricordare cosa ha rappresentato nella
storia del terrorismo italiano, di destra come di sinistra, il fucile mitragliatore. Insomma, si evocano gli “Anni di Piombo”. Con "leggerezza". E chi se ne frega, dei caduti: agenti, magistrati, politici, sindacalisti, professori, giornalisti, imprenditori.
Il secondo. La locandina di un contromanifestazione organizzata da “I Camerati”, quattro giorni dopo il 25 aprile, per celebrare, caduti fascisti e neofascisti: da Carlo Borsani (1945), Sergio Ramelli (1975), Enrico Pedenovi (1976), il primo giustiziato dai partigiani comunisti, i secondi vittime della violenza terrorista degli "Anni di Piombo". Qui l’evocazione ha radici ancora più lontane, che affondano nella Guerra Civile (1943-1945). Chi ha ideato la locandina sa perfettamente ciò che vuole. Altro che "leggerezza"...
Dicevamo del rapporto tra memoria e politica. Se i leghisti non ricordano, i "camerati" non sembra abbiano dimenticato. Tuttavia, sia i leghisti che i neofascisti, non hanno imparato nulla. I leghisti, probabilmente per pura ignoranza: Salvini negli anni Settanta avrà avuto cinque-sei anni. E probabilmente in seguito, a scuola, se pure c'era, dormiva. Per non parlare dei militanti e dell’elettorato leghista. Sembra che Salvini abbia su Fb tre milioni di amici, tutti pronti a celebrare il carisma del "capo". Un film già visto, tra l'altro.. .
I neofascisti invece continuano a vedere nel 25 Aprile una brutta pagina da cancellare. Se fedeltà c'è, riguarda la Repubblica Sociale. Quindi ricordano tutto. Anzi, i tre nomi della locandina indicano che si crede fermamente in una linea di continuità tra i caduti repubblichini e i caduti missini. Il che dal loro punto di vista ha un senso. Nulla è cambiato. In qualche misura, ripetiamo, come l' emigré francese dopo il 1815, i neofascisti "non hanno imparato nulla, non hanno dimenticato nulla". Sarebbe interessante, chiedere un parere alla post-fascista Giorgia Meloni.
Qual è il succo del nostro discorso? Che immemori e memori, leghisti e neofascisti, pari sono. E che di conseguenza, visto che non sono pochi, soprattutto i primi, la Repubblica è in pericolo.
Carlo Gambescia