Riflessioni
La politica figurativa
Sul
“Foglio” si possono leggere tutte
le bufale del governo giallo-verde. Con la “puntata” di ieri il fact checking (verifica dei fatti) è
giunto al 6 settembre
2018. In
tutto le bufale sono 271. Almeno secondo i calcoli di
Greta Ardito, Lorenzo Borga e Mariasole Lisciandro, dottori e ricercatori in economia (*).
Ottima
iniziativa. Complimenti agli estensori, direttore e fondatore.
Tuttavia,
quanto potrà incidere l'inchiesta sull’elettorato?
Quanti voti sposterà tra la massa dei nullatenenti cerebrali, che vota su basi impressionistiche. E da sempre. O comunque, almeno da quando suffragio universale e mass media hanno semplificato, fino ai minimi termini, il messaggio
politico. Parliamo del truce volto populista,
o se si preferisce demagogico, della democrazia, che risale ai tempi di Aristotele. Molto prima dell'elettrificazione di Mussolini,
Salvini, Di Maio e Conte.
Quindi,
ripetiamo, complimenti al “Foglio” e avanti tutta. Però dubitiamo che l’iniziativa, comunque lodevole, riesca a far cadere il governo. Se cadrà, sarà per
altri ragioni. Che, ora, non desideriamo approfondire.
Facciamo però un passo indietro. La
condizione di fondo della democrazia
è contraddistinta dalla prevalenza di un elemento figurativo, o "del cretino" per dirla con Fruttero e Lucentini... Bando agli scherzi. Ci spieghiamo meglio.
Dal momento che, piaccia o meno, il cittadino al capire sembra privilegiare il credere, le élite ricorrono
a procedimenti stilistici in cui si fa uso di
semplificazioni retoriche in
grado di colpire l’immaginario collettivo: il "credere". Di qui,
il massiccio ricorso alle
“bufale” di cui sopra. Un bombardamento di parole d'ordine che con il "capire" ha poco o nulla a che vedere. Bufale, a costo cognitivo pari a zero, regolarmente accolte tra gli applausi degli astanti.
Ovviamente, la politica in quanto tale, dunque a prescindere dalla forma di regime, ha un lato figurativo. I Greci antichi, più o meno democratici, liquidavano come barbari tutti i non Greci. Nella Cina imperiale, quindi per nulla democratica, ancora nell’Ottocento, gli europei erano considerati barbari, inferiori per cultura e civiltà. Bufale "antropologiche", insomma.
Ovviamente, la politica in quanto tale, dunque a prescindere dalla forma di regime, ha un lato figurativo. I Greci antichi, più o meno democratici, liquidavano come barbari tutti i non Greci. Nella Cina imperiale, quindi per nulla democratica, ancora nell’Ottocento, gli europei erano considerati barbari, inferiori per cultura e civiltà. Bufale "antropologiche", insomma.
Va però aggiunta una cosa: se la
politica ricorre alla forza dei simboli e alla retorica correlata (le
cosiddette bufale), la democrazia non
può addirittura farne a meno. Ne vive, insomma. E quanto più la democrazia si interseca con la società massa, tanto più ricorre alla politica figurativa.
Sotto
questo aspetto, l’iniziativa del “Foglio” risponde a un criterio più liberale che
democratico. Il che andrebbe benissimo, se le élite alle quali ci si rivolge fossero liberali, il suffragio ristretto, la società non di massa. Insomma, per fare un esempio, se a discutere
di queste cose, fossero i dotti e brillanti cloni di Sabino Cassese (nella foto), tutti in fila e rispettosissimi di un discorso pubblico informato e tollerante tra spiriti eletti.
In
realtà, le élite italiane, soprattutto quelle
politiche, sono imbevute di retorica populista, figurativa. Sotto questo aspetto la Seconda Repubblica ha toccato il fondo, o quasi. Sicché, la caccia alle bufale del “Foglio”, in un società di massa e sempre più illiberale, rischia di lasciare il tempo che trova: perché alle
elenco delle bufale si risponderà con un elenco di contro-bufale, e al contro-elenco delle contro-bufale, si replicherà con il contro-contro elenco… E così via.
Purtroppo,
nella democrazia di massa, la verifica
dei fatti, o meglio ancora la forza della
ragione, rischia inevitabilmente di
finire sepolta sotto le ragioni della
forza delle credenze collettive, impregnate di figurativismo. Soprattutto quando i politici vi si adeguano supinamente.
Non
vorremmo però essere accusati di disfattismo. Il vero punto della questione è come limitare
i danni della società di massa, o meglio della democrazia di massa. Detto altrimenti: come separare
il dibattito figurativo collettivo dal discorso reale
tra élite di esperti, senza però rinunciare, per dirla con Guizot, ai valori liberali di "giustizia, legalità, pubblicità, libertà".
Purtroppo, il deliberare per conoscere, non vale per tutti. Bisogna laicamente prenderne
atto. Del resto la stessa forza dell’educazione, sulla quali molti, da qualche secolo, sembrano fare affidamento, non sembra aver dato grandi risultati. All'interno della società
massa la scuola ha dato vita alla volgare e pericolosa mezza cultura figurativa delle risposte
semplici a problemi complessi. Il trionfo della faciloneria. Un disastro.
Come
uscirne allora?
Carlo Gambescia
(*) Qui l'inchiesta: https://www.ilfoglio.it/politica/2019/04/08/news/il-governo-delle-271-bufale-248080/ .