venerdì 26 aprile 2019

25 Aprile,  il discorso del Presidente Mattarella
Pagnotte contro obbedienza


In effetti,  il  Presidente  Mattarella  ha colto un punto fondamentale,  quello del nodo  tra libertà e ordine, o se si preferisce sicurezza.  Nodo al quale si può ridurre  l’intera storia del pensiero politico. Certo semplificando  e  accettando una visione liberale della storia, che ha pochi secoli di vita ed è apprezzata da un pugno di spiriti eletti. 
Lo ha sviluppato bene? No.  Perché il Capo dello Stato dice un mezza verità,  in particolare  dove asserisce che la “storia insegna che quando i popoli barattano la propria libertà in cambio di promesse di  ordine e tutela gli  avvenimenti prendono sempre una piega tragica e distruttiva”  (*). 
Per quale ragione? Perché gli uomini, storicamente  parlando, hanno sempre preferito la sicurezza alla libertà:  dalle formiche umane edificatrici di piramidi alla insaziabile e gaudente plebe romana;  dai servi della gleba ottusamente paghi della propria condizione alle orde osannanti  di  mendicanti fiduciosi nella gloria del papa-re;  dalle marziali  adunate totalitarie alle masse welfarizzate affamate di indennità  e altre sinecure pubbliche.  Sintetizzando, magari alla buona:  pagnotte contro obbedienza. Hobbes tenía razón...

Per migliaia di anni gli uomini hanno obbedito in cambio di una pagnotta. La libertà  - semplificando - intesa  come franchigia legata a una condizione sociale elevata,  riguardava le  élite, che ovviamente la interpretavano  in chiave di status e di corporazione, dal guerriero, al religioso, al mercante.
Ora, piaccia o meno, ma si è dovuto attendere fino alle grandi rivoluzioni liberali, a cominciare da quella inglese del  XVII secolo, per porre  - solo per porre,  attenzione  -  la questione della scelta  tra libertà e ordine: opzione però non sempre compresa da tutti, in alto come in basso.  Di qui,  i contraccolpi reazionari, bonapartisti, fascisti, nazisti e comunisti.  E quella “piega tragica e distruttiva”, cui fa riferimento il Presidente della Repubblica.
Ciò significa che l’uomo, sociologicamente parlando, posto davanti al  nodo,  continua a privilegiare l’ordine alla libertà. Anche quando asserisce di difenderla, ma -  attenzione -  sempre contro qualcuno o qualcosa.  Di qui, la  lotta per i diritti, che una volta superata, la fase eroica dei diritti politici e civili, si è trasformata, nel Novecento,  in un volgare  scambio tra diritti sociali e obbedienza:  pagnotte contro sottomissione. E di riflesso,  chi più promette pane, più guadagna consensi.  Ciò  spiega il travolgente successo dei populisti che promettono pagnotte gratis per tutti.
Pertanto il vero punto della questione rinvia all’antropologia dell’obbedienza:  alla natura servile degli uomini, che le classi dirigenti, se illuminate davvero, dovrebbero (ri-)conoscere subito, e per questo evitare. Nel senso di sottrarsi  e di sottrarre la gente comune  all’aut aut  tra libertà e ordine. Dal momento che gli uomini, quelli veri (non quelli dei filosofi), insomma  nove uomini  su dieci,  una volta  messi davanti alla scelta secca, al disordine preferiscono l’ordine. Non è una questione  di memoria e apprendimento scolastico. Gli uomini sono fatti così: la libertà, che implica la decisione, dunque l'alea, viene considerata un peso. Purtroppo, il liberalismo politico, teoria politica storicamente ancora giovane  e che  celebra il rischio,  non è  una condizione naturale dell'uomo.  È per pochi:  una élite nella élite. E nonostante questo ha  favorito, grazie alla creatività di una minoranza di spiriti eletti,  un grande progresso, che di rimbalzo ha migliorato la vita di tutti.  Ma l'equilibrio, che consiste nel difenderne le conquiste dal gioco politico al rialzo e al ribasso,  non è facile, e per una semplice ragione:  perché il rifiuto del rischio, sempre incombente,  favorisce la via  verso  la servitù.  

Lo stesso meccanismo sociologico delle moderne rivoluzioni, prova che una volta raggiunto il picco di distruttività, si impone sempre, sul piano collettivo,  il graduale ritorno all’ordine. Gli uomini, anche per ragioni biologiche,  sono animali abitudinari,  reiterativi,  prima che politici. La ribellione, la rivolta, perfino la rivoluzione, come abbiamo appena detto, sono l'eccezione che conferma la regola.    
Concludendo, e dispiace dirlo,  il Capo dello Stato  mostra scarsa conoscenza della storia e dell’antropologia sociale.  Preferisce declamare. Del resto un Presidente, liberale e illuminato,  non avrebbe mai consegnato l’Italia a Salvini e Di Maio.

Carlo Gambescia