25 Aprile, il discorso del Presidente Mattarella
Pagnotte contro obbedienza
In
effetti, il Presidente Mattarella
ha colto un punto fondamentale, quello del nodo tra libertà e ordine, o se si preferisce
sicurezza. Nodo al quale si può
ridurre l’intera storia del pensiero
politico. Certo semplificando e accettando una visione liberale della storia,
che ha pochi secoli di vita ed è apprezzata da un pugno di spiriti eletti.
Lo ha sviluppato bene? No. Perché il Capo dello Stato dice un mezza verità, in particolare dove asserisce che la “storia insegna che quando i
popoli barattano la propria libertà in cambio di promesse di ordine e tutela gli avvenimenti prendono sempre una piega tragica
e distruttiva” (*).
Per quale ragione? Perché gli
uomini, storicamente parlando, hanno
sempre preferito la sicurezza alla libertà: dalle formiche umane edificatrici di piramidi
alla insaziabile e gaudente plebe romana; dai servi della gleba ottusamente paghi della propria condizione alle orde osannanti di mendicanti fiduciosi nella gloria del papa-re; dalle marziali adunate totalitarie alle masse welfarizzate affamate di indennità e altre sinecure pubbliche. Sintetizzando, magari alla buona: pagnotte contro obbedienza. Hobbes tenía razón...
Per
migliaia di anni gli uomini hanno obbedito in cambio di una pagnotta. La
libertà - semplificando - intesa come franchigia legata a una condizione
sociale elevata, riguardava le élite, che ovviamente la interpretavano in chiave di status e di corporazione, dal
guerriero, al religioso, al mercante.
Ora,
piaccia o meno, ma si è dovuto attendere fino alle grandi rivoluzioni liberali,
a cominciare da quella inglese del XVII
secolo, per porre - solo per porre, attenzione - la questione della scelta tra libertà e ordine: opzione però non sempre compresa da tutti, in alto come in basso. Di qui,
i contraccolpi reazionari, bonapartisti, fascisti, nazisti e comunisti. E quella “piega tragica e distruttiva”, cui fa
riferimento il Presidente della Repubblica.
Ciò
significa che l’uomo, sociologicamente parlando, posto davanti al nodo, continua a privilegiare l’ordine alla libertà. Anche quando asserisce di difenderla, ma -
attenzione - sempre contro
qualcuno o qualcosa. Di qui, la lotta per i diritti, che una volta superata, la fase eroica dei diritti
politici e civili, si è trasformata, nel Novecento, in un volgare scambio tra diritti sociali e obbedienza: pagnotte contro sottomissione. E di riflesso, chi più promette pane, più guadagna
consensi. Ciò spiega il travolgente successo dei populisti che promettono
pagnotte gratis per tutti.
Pertanto
il vero punto della questione rinvia all’antropologia dell’obbedienza: alla natura servile degli uomini, che le
classi dirigenti, se illuminate davvero, dovrebbero (ri-)conoscere subito, e per questo
evitare. Nel senso di sottrarsi e di sottrarre la gente comune all’aut aut tra libertà e ordine. Dal momento che gli uomini, quelli veri (non quelli dei filosofi), insomma nove uomini su dieci, una volta messi davanti alla scelta secca, al disordine preferiscono l’ordine. Non è una questione di
memoria e apprendimento scolastico. Gli uomini sono fatti così: la libertà, che implica la decisione, dunque l'alea, viene considerata un peso. Purtroppo, il liberalismo politico, teoria politica storicamente ancora giovane e che celebra il rischio, non è una condizione
naturale dell'uomo. È per pochi: una élite nella élite. E nonostante questo ha favorito, grazie alla creatività di una minoranza di spiriti eletti, un grande progresso, che di rimbalzo ha migliorato la vita di tutti. Ma l'equilibrio, che consiste nel difenderne le conquiste dal gioco politico al rialzo e al ribasso, non è facile, e per una semplice ragione: perché il rifiuto del rischio, sempre incombente, favorisce la via verso la servitù.
Lo
stesso meccanismo sociologico delle moderne rivoluzioni, prova che una volta raggiunto il
picco di distruttività, si impone sempre, sul piano collettivo, il graduale ritorno all’ordine. Gli
uomini, anche per ragioni biologiche, sono animali abitudinari, reiterativi, prima che politici. La ribellione, la rivolta, perfino la rivoluzione, come abbiamo appena detto, sono l'eccezione che conferma la regola.
Concludendo,
e dispiace dirlo, il Capo dello Stato mostra scarsa conoscenza della storia e
dell’antropologia sociale. Preferisce declamare. Del resto un
Presidente, liberale e illuminato, non avrebbe mai
consegnato l’Italia a Salvini e Di Maio.
Carlo Gambescia