Jim Carrey contro la Mussolini su Twitter
I reduci del Novecento
Jim
Carrey, il comico canadese famoso per le smorfie e per le feroci imitazioni e caricature alla Vauro (per intendersi), ha ricevuto una valanga di insulti dalla nipote di Mussolini, "la" nipote per eccellenza: Alessandra. Motivo: una vignetta su Piazzale Loreto pubblicata su Twitter (*).
Di
Carrey, ricordiamo un’ impietosa imitazione dell’attore Charlton Heston, schierato a destra e profeta appassionato del diritto di armarsi,
sancito dal Secondo Emendamento: “Se vorrai il mio fucile,
dovrai venire a staccarlo dalle mie fredde mani morte”, così Heston, esemplificava il suo credo. Esponendosi alla bieca ironia del comico sulle sua mani malferme, aggredite dal Parkinson.
Al momento, il principale nemico di Carrey è Trump.
Inutile riportare gli insulti twittati dalla Mussolini. Ai quali, Carrey, per ora, non
ha risposto.
Cosa
dire? Che il Novecento è passato cronologicamente, ma non
ideologicamente. Esiste una categoria
di reduci, che sembra aver dimenticato gli orrori del totalitarismo, a destra come a sinistra. Reduci, che, pur non essendo tali per l'anagrafe, come Carrey e la Mussolini , si scontrano tuttora in
nome del fascismo e dell’antifascismo. Senza forse immaginare di essere dalla stessa parte...
Certo,
Alessandra Mussolini discende dal dittatore, però dal tipo di
insulti rivolti a Carrey sembra non averla messa solo sul personale. Il comico canadese, per contro, come molti liberal americani (ma ce ne sono
anche da noi) scorge il fascismo ovunque: da Reagan a Trump, passando per i due
Bush, ma anche per John Wayne e Charlton Heston, come detto. Secondo la vulgata liberal (non liberale, attenzione), lo stesso concetto di autorità sarebbe in odore di fascismo.
Le
origini culturali del reducismo (fascista-antifascista) dipendono dalla mancata riflessione sulla natura, prima che totalitaria, costruttivista del fascismo e del comunismo. Fin dal dopoguerra, il welfarismo, come forma di socialismo dolciastro ma non meno costruttivista, ha impedito ogni dibattito. Il culto della "Stato Provvidenza", anche solo come idea da realizzare, ha neutralizzato qualsiasi seria analisi culturale e politica sull'errata credenza di poter cambiare l’uomo a tavolino, usando la forza dell’indottrinamento o l’indottrinamento della forza. Di qui, quella irrobustita fede nello stato - lontana anni luce dall'approccio smithiano - come
gigantesco agente di trasformazione. Quasi un dogma, che però accomuna liberal, fascisti e welfaristi. Il trait d'union è rappresentato dal socialismo, democratico o meno. Un esempio, anche recente? Un famoso intellettuale europeo, dal passato di destra, ha dichiarato che come americano avrebbe votato per Bernie Sanders. Uomo politico, al quale, quando si dice il caso, vanno anche le simpatie di Carrey, che invece è di sinistra. Del resto la Mussolini non rivendica orgogliosamente il passato socialista del nonno?
Il
Novecento è trascorso, fascismo, nazismo e comunismo sono morti, ma non è morto il costruttivismo. Se,
per ipotesi, si provasse a discutere con Alessandra Mussolini
o con Jim Carrey delle loro idee, si potrebbe facilmente scoprire che tutti e due,
condannano, rispettivamente, gli
errori del fascismo e del comunismo, ma ne esaltano le buone intenzioni. Per quale ragione? Perché nutrono la stessa visione salvifica in uno stato elevato a difensore, come ancora si sente ripetere, "del popolo contro gli sfruttatori". Di queste ideologie, Alessandra Mussolini e Jim Carrey, celebrano, forse senza neppure esserne del tutto consapevoli, l’aspetto collettivista, che rinvia al costruttivismo e di
riflesso, passando per un welfare, sempre più oppressivo e costoso, al momento totalitario racchiuso in tutte le forme di interventismo statale.
Si
chieda a Carrey un parere sulle politiche sociali a larghissimo raggio (ammirate dal Duce, da Hitler e Stalin) di Franklin
Delano Roosevelt? Oppure, alla Mussolini, un giudizio sulla natura “sociale” del fascismo? La risposta sarà che lo stato non può restare a guardare. E che
deve intervenire in tutti i campi, regolamentando, diritti, imprese, libertà, eccetera,
eccetera.
Ecco,
lo statalismo, con le sue implicazioni
totalitarie, è forse il lascito più gravoso del secolo scorso. Per i reduci del Novecento, lo stato è tutto, l’individuo
nulla.
Altro che Piazzale Loreto. O diritto di portare o meno una pistola.
Carlo Gambescia
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