Assange arrestato a Londra
I potenti nemici dei potenti
Oggi “Il Fatto”, la testata più
giacobina d’Italia, e forse in Europa, versa caldissime lacrime sull’arresto di Assange. “Sgominato il nemico pubblico n.1 dei potenti”,
titola.
Che significa essere “nemico dei potenti”? Per essere nemici di
qualcuno, occorre che il nemico designato abbia un nome, un cognome. Insomma, che esista fisicamente. Altrimenti, come vedremo, è terrorismo politico e sociale.
Cosa vogliamo dire? Che la potenza (economica, politica, sociale,
culturale) non è di per sé
indice
di colpa. Si chiama “potenza”
proprio perché indica una capacità di
dominio, non il dominio in quanto tale. La potenza, a sua volta rinvia alle normali forme di
legittimazione del dominio che nella società moderna possono essere il voto (politica), l’abilità
imprenditoriale (economia) l’intelligenza
mostrata (scienza e cultura), lo status
conseguito (società). Come del resto accade in altre società, arcaiche o pre-moderne, dove sono fonti di legittimazione (e potenza) le arti magiche, il diritto divino, il carisma religioso, l'abilità guerriera, la munificenza, eccetera. Cambiano i contenuti ma non la forma della regolarità metapolitica che collega potenza e legittimazione.
Ora, se le cose stanno sociologicamente così, asserire che si è nemici dei
potenti, addirittura il n. 1, significa sostenere che si è nemici di una tra le principale fonti di organizzazione sociale: la potenza
per l’appunto. Pertanto, se di Assange, in realtà sappiamo poco o nulla, del “Fatto”, che lo ha mitizzato, invece sappiamo che, pubblicando certe cose, aspira, quanto meno intellettualmente, a riorganizzare la
società, su altre basi, estranee alla fisica sociologica. Quali?
Un passo indietro. Abbiamo
definito “Il Fatto” quotidiano giacobino. Il Giacobinismo, che rinvia allo slittamento dittatoriale della
Rivoluzione francese (1793-1794), al "regime del terrore", politicamente parlando, si pose il problema
di come eliminare i potenti, all’epoca rappresentati dagli aristocratici (stiamo
semplificando). E in che modo? Nell'unico esistente in natura sociale quando ci si pone finalità utopistiche e catartiche. Ovvero, ricorrendo a un potenza superiore a quella dei potenti esistenti, potenza che allora venne esercitata
attraverso comitati, tribunali rivoluzionari, guardia nazionale, prigioni
e ghigliottina. Il Giacobinismo resta brutale sinonimo di ricorso alla violenza più
spietata per costruire - come ci si
giustificava - una società priva di potenti, o altrimenti detto: una metafisica sociale. Il concetto era (ed è) quello del fine che giustifica i
mezzi, ma in chiave irrealistica, metafisica per l' appunto. Perché si credeva (e si crede) nell'utopia che dal bagno di sangue, una volta eliminati i cattivi, uscirà un mondo perfetto. Senza potenti. In realtà, dopo la parentesi del Direttorio, dal cilindro della rivoluzione, non uscì un innocuo coniglio, ma un Cesare.
Come è intuibile, il carattere utopico di questo schema è pari solo alla sua ferocia.
Come è intuibile, il carattere utopico di questo schema è pari solo alla sua ferocia.
Pertanto il vero problema non è
Assange, che alla fin fine resta un ometto in cerca del quarto d’ora di notorietà. Bensì i nemici dei potenti - come il gruppo d'opinione del "Fatto" (la punta dell'iceberg giacobino-populista) - che non sono i
nemici di uno
specifico potente con nome e cognome, magari dalle mani veramente sporche, ma della logica stessa dell' organizzazione sociale. Parliamo di strutture, politiche, economiche culturali
che non possono non costituirsi, fisiologicamente, secondo livelli crescenti di potenza.
Del resto che cos’è il Giacobinismo storico? Il padre del totalitarismo. Ovvero della promessa di un totale mutamento sociale nel nome di una visione totalizzante
della società che per concretizzarsi deve ricorrere a
strumenti politici totali. Insomma, si vuole eliminare
l'altrui potenza, esercitando un potere totale e assoluto. Fino a realizzare, come mostrano i totalitarismi post-giacobini, un "regime del terrore" che non ha più bisogno del deterrente della potenza, perché esito di un potere unico interiorizzato, che viene obbedito senza neppure la
necessità di dare ordini. E dunque di
manifestare la propria potenza.
Dietro i nemici dei potenti, ci
sono nemici ancora più potenti dei potenti. Può sembrare un gioco
di parole, ma è la realtà. Sociologica.
Carlo Gambescia