Si sente la mancanza di una destra liberal-conservatrice
L'Italia e il "momento Guizot"
Copertina dell'edizone italiana (1970) |
Il
classico studio di René Rémond, sulla
destra in Francia suddivide la destra transalpina in tre filoni, legittimista,
orleanista, bonapartista. Tradotto:
nell’ordine, reazionaria,
liberal-conservatrice, plebiscitaria (con ricadute fasciste ma anche risalite golliste ).
Ovviamente,
semplifichiamo, le tesi di un libro denso, ancora oggi utile. René
Rémond, scomparso nel 2007, resta uno migliori storici e politologi francese. Più concreto,
del pur profondissimo Aron, non
eclettico come il comunque geniale Bouthoul. E soprattutto privo di quel pessimismo cosmico, che innervava il severo realismo sociologico
di Ellul e Monnerot .
Le
definizioni di Rémond sono concettuali,
perché vanno oltre la cifra storica delle singole esperienze. Elegante e accurata la sua definizione dell’
orleanismo (1830-1848): da Luigi Filippo di Borbone-Orléans, il “re borghese e liberale che conferì il nome a un’epoca di
grande trasformazione economica e sociale. Rémond eleva l'orleanismo a corrente storica di idee, alimentata dal flusso storico di capaci e colti uomini politici, da Guizot e
Giscard d’Estaing.
François Guizot |
Libertà
di mercato, difesa della proprietà e delle prerogative del parlamento, dunque massima libertà di parola e di stampa,
bilanci dello stato in ordine e lotta contro l’inflazione e i socialismi. Ecco
a grandi linee i contenuti politici di una
destra liberal-conservatrice che ha attraversato, governando con alti e bassi, la storia di Francia fino a
alla tragedia politica di Vichy. Poi cooptata e
contrastata da De Gaulle, affondata da
Chirac e tradita da
Sarkozy.
Oggi Macron si aggira tra le rovine della destra
e della sinistra. Fa quel che può. Ha conservato e difende il naturale e sano spirito elitista
del liberalismo orleanista. Ma solo quello. Per ora.
È mai esistita in Italia una destra
orleanista, guizotiana, liberal-conservatrice?
Cavour,
in qualche misura, incarnò il momento orleanista italiano coniugandolo però con
la prospettiva rivoluzionaria del
Risorgimento. Un ossimoro politico.
Pericoloso. Soprattutto senza Cavour.
Il
fascismo bloccò tutto.
Nel
secondo dopoguerra, la politica
economica di Einaudi e De Gasperi, che fece ripartire il Paese, rappresentò il canto del cigno del
liberalismo conservatore.
Camillo
Benso, conte di Cavour
|
Dagli
anni Cinquanta fino agli anni Ottanta
l’Italia crebbe, si sindacalizzò e welfarizzò, con la complicità dei ceti industriali e
produttivi. Dopo di che, fu il diluvio.
Conclusioni. Una vera destra guizotiana,
liberal-conservatrice politicamente parlando,
in Italia non è mai esistita. È
mancato perfino un “momento Guizot” (per
dirla con Pierre Rosanvallon): una fase orleanista, capace di avere la meglio su
reazionari e radicali. E dunque mettere radici (per non dirla con Pierre Rosanvallon).
Parliamo
di un Paese, ultimo arrivato, privo di
risorse politiche ed economiche, sostanzialmente antiliberale, che si è barcamenato tra il paternalismo
cattolico e il conservatorismo tout
court all’insegna del vorrei ma non posso. Qualche volta è andata bene, qualche volta male. Tutto qui. Nel complesso ci siamo
modernizzati, politicamente parlando, nostro malgrado.
Luigi Einaudi e Alcide De Gasperi |
E
gli italiani? Sono andati a rimorchio ora di questo ora di quello. Esiste un
elettorato moderato, che probabilmente è liberal-conservatore senza saperlo,
che però o non vota, o se vota, vota,
turandosi il naso, una volta a sinistra,
una volta a destra. Sinistra e destra all’italiana, ovviamente: un guazzabuglio
di assistenzialismo e individualismo.
Ovviamente,
l’esperimento berlusconiano non fa testo: destra plebiscitaria, per usare la terminologia rémondiana.
Salvini resta criptofascista. Su Giorgia Meloni e i post-fascisti, meglio far scendere il famigerato pietoso
velo.
Monti
e i professori? Tecnici non politici.
Non c’era visione.
Carlo Gambescia