giovedì 18 aprile 2019

La svolta populista del quotidiano americano più letto al mondo
La cruna dell’ago  del "New York Times"


Quel che accade  negli Stati Uniti,  prima o poi accadrà, anche in Europa e altrove.  Oggi eufemisticamente si chiama soft power. Probabilmente, il primo  a intuirne la logica   fu Tocqueville. Che nella  Democrazia in America, dopo aver messo in luce pregi e difetti del sistema socio-politico statunitense,  ne decretò le grandi  capacità egemoniche. Rispetto a che cosa? A qualunque idea.  Quindi  nel bene come nel male.
Secondo il pensatore francese la radice del processo egemonico era (ed è)   nel pragmatismo americano: nell’ idea cardine che ciò che  funziona qui (negli Usa), può funzionare altrove (in tutto il mondo). perciò è interesse di tutti non opporsi, eccetera, eccetera.    
A questo approccio  si sono  aggiunte: 1) due guerre vinte e la giusta riconoscenza da parte degli europei (soprattutto per la seconda); 2)  la superiorità di un sistema economico e culturale, che grazie  all’industria dell’immaginario, unica nel suo genere, ha saputo offrire al mondo interno, un incomparabile e magico universo di sogni, miti e leggende.  Di conseguenza ogni mutamento  dell’immaginario americano si diffondo in chiave planetaria. 
A dire il vero,  l’immaginario,  dopo  l’elezione di Trump, è già cambiato.  E in peggio.  Protezionismo e populismo dilagano in tutto il mondo. Il soft power si  manifesta nuovamente in tutta  la sua forza ed efficacia.  
Un esempio? Il  “New York Times”, in prima linea contro Trump,  sembra aver accettato lo stesso approccio populista del Presidente.  Una prova? Oggi, a proposito di Notre-Dame si pone il problema, del perché i ricchi francesi, ma anche di altre  paesi, facciano a gara per  finanziare la ricostruzione, con uno zelo che invece non mostrano verso i  poveri (*).  
Dov’è il populismo?  Nel fatto che invece di elogiare  l’iniziativa privata  che generosamente si mette a disposizione, si coglie l’occasione  per gettare palle di merda (pardon) sulle élite,  proprio come fa Trump.
Che poi il dibattito sia partito in Francia (ad esempio su “Libération”),  non significa un bel niente davanti alla consacrazione populista del “New York Times”, che amplifica e rilancia,  grazie al soft power di cui sopra.  
Insomma, chi dovrebbe combattere il populismo, ne adotta gli stessi mezzi. E non parliamo delle opposizioni italiane che follemente criticano il governo giallo-verde perché non sta realizzando i suoi sconcertanti obiettivi,  ma dell' opposizione più intellettualmente raffinata al Presidente  Trump: quella del "New York Times", quotidiano dalla storia prestigiosa, spostatosi, come sembra,  su posizioni culturalmente populiste.
Cosa vogliamo dire?  Se la scelta  diventa  quella  tra populismo di destra e  populismo di sinistra, e a veicolarla ci si mette anche il  soft  power statunitense, la situazione rischia veramente di precipitare. Ci stiamo incamminando su  una strada che potrebbe essere veramente senza ritorno.

Carlo Gambescia