La svolta populista del quotidiano
americano più letto al mondo
La cruna dell’ago del "New York Times"
Quel
che accade negli Stati Uniti, prima o poi
accadrà, anche in Europa e altrove. Oggi eufemisticamente si chiama soft power. Probabilmente,
il primo a intuirne la logica fu Tocqueville. Che
nella Democrazia in America, dopo aver messo in luce pregi e difetti del
sistema socio-politico statunitense, ne decretò le grandi capacità egemoniche. Rispetto a che cosa? A qualunque
idea. Quindi nel bene come nel male.
Secondo il pensatore francese la radice del processo egemonico era (ed è) nel pragmatismo americano: nell’ idea cardine che ciò che funziona qui (negli Usa), può funzionare altrove (in tutto il mondo). perciò è interesse di tutti non opporsi, eccetera, eccetera.
Secondo il pensatore francese la radice del processo egemonico era (ed è) nel pragmatismo americano: nell’ idea cardine che ciò che funziona qui (negli Usa), può funzionare altrove (in tutto il mondo). perciò è interesse di tutti non opporsi, eccetera, eccetera.
A
questo approccio si sono aggiunte: 1) due guerre vinte e la giusta riconoscenza da parte
degli europei (soprattutto per la seconda); 2) la superiorità di un sistema
economico e culturale, che grazie all’industria
dell’immaginario, unica nel suo genere, ha saputo offrire al mondo interno, un incomparabile e magico universo di sogni, miti e leggende. Di conseguenza ogni mutamento dell’immaginario
americano si diffondo in chiave planetaria.
A
dire il vero, l’immaginario, dopo l’elezione
di Trump, è già cambiato. E in peggio. Protezionismo
e populismo dilagano in tutto il mondo. Il soft power si manifesta nuovamente in tutta la sua forza ed efficacia.
Un esempio? Il
“New York Times”, in prima linea contro
Trump, sembra aver accettato lo stesso
approccio populista del Presidente. Una prova? Oggi, a proposito di Notre-Dame si pone il problema, del perché i ricchi francesi, ma
anche di altre paesi, facciano a gara
per finanziare la ricostruzione, con uno zelo che invece non mostrano verso i poveri (*).
Dov’è il populismo? Nel fatto che invece di elogiare l’iniziativa privata che generosamente si
mette a disposizione, si coglie l’occasione
per gettare palle di merda (pardon) sulle élite, proprio come fa Trump.
Che
poi il dibattito sia partito in Francia (ad esempio su “Libération”), non significa un bel niente davanti alla
consacrazione populista del “New York Times”, che amplifica e rilancia, grazie
al soft power di cui sopra.
Insomma,
chi dovrebbe combattere il populismo, ne adotta gli stessi mezzi. E non
parliamo delle opposizioni italiane che follemente criticano il governo
giallo-verde perché non sta realizzando i suoi sconcertanti
obiettivi, ma dell' opposizione più intellettualmente raffinata al Presidente Trump: quella del "New York Times", quotidiano dalla storia prestigiosa, spostatosi, come sembra, su posizioni culturalmente populiste.
Cosa
vogliamo dire? Se la scelta diventa quella tra populismo di destra e populismo di sinistra, e a veicolarla ci si mette anche il soft power statunitense, la situazione rischia veramente di precipitare. Ci stiamo incamminando su una strada che potrebbe essere veramente senza
ritorno.
Carlo Gambescia