Salvini, Di Maio e Shakespeare
Essere o non essere
Non per cominciare i miei pezzi, ricorrendo sempre allo stesso cappello. Ma, quasi ogni giorno, discuto i miei post, non solo pubblicamente, ma in privato con amici, che mi
scrivono, telefonano. oppure che incontro.
Ieri
un amico mi faceva notare, che stanno emergendo le responsabilità di Autostrade. Perfetto. Io non sono il difensore di ufficio, se il
“gestore”, come si dice, ha sbagliato è
giusto che paghi. Ciò che
invece ferisce, è che molti miei lettori non riescano ad afferrare il reale pericolo per l'Italia rappresentato dal governo giallo-verde, che nella migliore delle ipotesi si comporta come un pugno di troll e hacker, nella peggiore come un gang di fascisti o mafiosi.
Lo
stato di diritto non è una “favoletta”
per bambini, è la base costituzionale e procedurale,
sulla quale dovremmo essere d’accordo tutti, il cui scopo è impedire, semplificando, che le persone
siano condannate prima di essere processate. Oggi tocca ad Autostrade,
domani potrebbe toccare a ognuno di noi. Ecco allora che un insieme di regole,
condivise da tutti, ci può proteggere da
abusi e ingiustizie.
Lo ripetiamo per la milionesima volta, siamo dinanzi a una forma di organizzazione
giuridica, luminoso punto di arrivo della civiltà liberale, che fascisti, nazisti, comunisti e
(ora) populismi rifiutano, evocando pericolose ideologie legate alla nazione, alla razza, alla classe, al popolo. Figurarsi
dunque la preoccupazione di un liberale.
C’è anche un altro aspetto preoccupante, che non riguarda direttamente la gang
al governo, ma l’atteggiamento dei mass media verso di esso che sfiora la complicità.
Dei
Social, per inciso, inutile parlare: ci
sono persone, addirittura “amici” (come si usa chiamarli sui Fb) che si guardano bene -
alcuni di essi hanno confermato
privatamente - di riprendere i miei
articoli per non essere escluse e/o schedate come “nemici del popolo”, oltre,
ovviamente, per evitare di ricevere quotidiane dosi di insulti. . Insomma, i Social sono
in larga parte controllati dai populisti governativi: rappresentano il maistream del politicamente corretto pentaleghista.
Quanto
ai giornali, l’unica vera opposizione
liberale alla gang di Palazzo Chigi è
rappresentata dal “Foglio” e in parte
dal “Dubbio”. Il resto della stampa,
incluso il postcomunista "Manifesto", o non si
compromette, lanciando però tra le righe, segnali di incoraggiamento, oppure gioca al rialzo, al populismo al quadrato, come i fogliacci di destra. Una tragedia mediatica.
Per dirne una, ora è
in voga, secondo il politicamente corretto pentaleghista, attaccare la Francia (a proposito chi desidera si faccia un giretto sui
social, ritroverà l’espressione “mangiarane”, tipicamente
fascista): giorni fa, “La Stampa ”, dico “La Stampa ”, è uscita
in prima pagina con una rievocazione dell’eccidio di
Aigues-Mortes, avvenuto il 17 agosto del 1893… Stesso giorno ma non stesso
anno. Perché? Giusto, ricorreva il "Centoventicinquesimo"… Quando si dice il caso.
Sulla
questione del ponte di Genova,
invito i lettori a trovare
un titolo dove si stigmatizzi il comportamento all’Al Capone del governo giallo-verde. Certo, sono usciti inviti (magari relegati nelle
pagine interne), non molti, alla prudenza. L’unico a prendere
posizione, fin dai titoli (che sono quelli che il 95 per cento delle persone si
limita a leggere), è stato “Il Foglio”. Quanto a televisioni e radio, gli anchorman si sono gettati come avvoltoi sul dolore e sugli effetti scenografici della tragedia, favorendo
direttamente o indirettamente, il
politicamente corretto pentaleghista dell’impiccalo più in alto.
I
mass media riflettono il Paese? O il
Paese è un puro riflesso dei mass media? Il problema è antico, come quello dell’uovo e
della gallina. Resta il fatto che gli applausi di Genova rivolti a Salvini e Di
Maio, claque o meno, indicano che l’arroganza, il linguaggio
violento, i metodi sbrigativi piacciono agli italiani. Ed è già accaduto. Perciò, probabilmente, anche questa volta, i mass media riflettono il Paese.
Da
commentatore, me la potrei cavare, con il classico chi è causa del suo mal eccetera,
eccetera. Ma, mi chiedo, e chiedo ai
lettori, è giusto assistere, ancora una volta, alla
rovina dell’Italia, senza fare nulla? Passivamente?
Il
problema, purtroppo non è cambiato. È sempre quello scolpito da Shakespeare… Che rinvia, certo in modo indiretto, al di là della questione
esistenziale, al grande dramma della decisione
politica: “Essere, o non essere, questo
è il dilemma: se sia più nobile nella mente soffrire i colpi di fionda e i
dardi dell’oltraggiosa fortuna o prendere le armi contro un mare di affanni, e,
contrastandoli, porre loro fine?”.
Carlo Gambescia