A proposito di un'intervista allo storico fiorentino
Franco Cardini,
tra Papa Francesco e Matteo Salvini (ma non solo...)
Diamo
atto a Riccardo Paradisi di aver posto le domande giuste (*). Tuttavia a dirla tutta, intervistare Franco
Cardini, è popperianamente impresa ardua.
Perché le
sue riposte appartengono alla categoria
delle verità inconfutabili: il discorso, tra l’altro, andrebbe esteso a certi suoi libri, non strettamente eruditi o
accademici. Anch'essi, seguendo i criteri di Popper, infalsificabili, dunque non scientifici.
Ma torniamo all'intervista. Partiamo dalla chiusa: sintesi, diremmo, esemplare, di uno storico che ce la mette veramente tutta per non rispondere mai da storico… Non in modo scientifico, obiettivo, se si vuole. Ad esempio, si legga qui.
E così avverrà che
le vecchie potenze che ci hanno cacciato nei guai nel 1918 generando
totalitarismi e una nuova guerra mondiale, che nel 1945 si sono spartite il
mondo reiterando il vecchio ingiusto ordine delle sfere di influenza e della
guerra fredda, ci ricacceranno in nuove tragedie. Tanto poi ci saranno sempre
un Giuliano Ferrara o un Erri De Luca pronti a denunziare il fascismo che
ritorna, ci sarà sempre qualcuno pronto a gridare che il papa è un eretico e un
comunista. La conosciamo bene questa storia, ci siamo già passati. Ma una cosa
dev’esser chiara: rileggete la
Laudato si’, rileggetela studiandovi bene anche le note a piè
di pagina. Altro che “enciclica ecologistica”. È un’autentica denunzia
circostanziata del male che sta mangiandosi il mondo.
Dove si nasconde il succo del discorso? Nelle prime tre righe. E qual è? Che tra i regimi liberali e totalitari non c’è differenza di specie ma solo di grado. Risposta da integralista cattolico. E cognitivo. Cardini, per farla breve, non ha mai digerito, per ragioni di
principio (alle quali ora arriveremo), quindi inattaccabili dal
punto di vista del
falsificazionismo popperiano, il
liberalismo e l’idea di tolleranza. Si dirà: anche il liberalismo si fonda su una
petizione di principio. Dunque, anch’esso è infalsificabile. Certo, però, si legga qui, cosa afferma Cardini a proposito dei diritti individuali…
La
formula è cominciar con l’uscire dalla cultura dell’avere e del potere fondata
sui diritti individuali (che sono una fucina d’ingiustizia e di disordine) per
cominciar a battere quella dell’essere e del dovere fondata sui doveri
comunitari. È a questo che bisogna educare le nuove generazioni.
I diritti sono il male, la comunità il bene. Ecco la petizione di principio cardiniana.
Ora i diritti individuali rinviano a una
sovrastruttura che si chiama stato di diritto,
perciò - semplifichiamo - verificabile, analizzabile, dimostrabile, emendabile. Un sistema, per metterla sul sociologico,
aperto: che dunque può essere falsificato, dal punto
di vista teorico (e pratico). Non si può invece dire la stessa cosa dei
doveri comunitari, che invece rinviano a un' etica
imposta dalla comunità, una volta
per tutte, dunque un sistema chiuso, quindi non verificabile, non
falsificabile, non emendabile, eccetera.
Detto
altrimenti: il liberalismo, in termini prima ancora che politici, cognitivi, garantisce una zona franca per l’ individuo, lo
stato di diritto, che il comunitarismo azzera, riconducendo i diritti al dovere di ubbidire all’ordine comunitario. Cardini rifiuta questa distinzione cognitiva,
prima che politica. Nel suo caso si
potrebbe perciò parlare di fondamentalismo cognitivo.
Per poi affidarsi politicamente a chi? A Papa Francesco. Che per l’appunto, a prescindere dalle bizzarie a getto continuo che propala, resta
sovrano assoluto (sì, sì, dice "chi sono io per giudicare", però poi giudica eccome…). Dunque, infallibile. Altro che
stato di diritto. Ma c’è di peggio. Poche
righe più avanti, ecco quel che Cardini dichiara a proposito di una personaggio come Salvini, addirittura
giudicato fin troppo moderato…
Ecco perché Salvini ha delle ragioni, ma se si ferma a metà della terapìa accetta un rimedio peggiore del male: deve convincersi che i migranti, se sono in sé un male sociale (anche per se stessi), sono pur sempre un effetto, non una causa: deve risalire alle cause prime, la sperequazione sociale e la disinformazione di massa.
Insomma,
Papa Francesco e Matteo Salvini (quest’ultimo
un poco meno simpatico, se però
solo si applicasse di più…) sono
gli eroi di Franco Cardini. Risparmio
ai lettori le lunghe tirate sull’antifascismo, sull’Onu… Piccola
eccezione…
Il
risultato sarà nullo, finché non si capirà che la vera ONU, quella che ha il
potere, sta nella banda che annualmente si riunisce a Davos e non la si
obbligherà ad avviare un graduale, sostenibile processo di ridistribuzione
mondiale della ricchezza. Ma oggi il potere, a livello internazionale, è
saldamente nelle mani di chi appunto non vuole nulla di ciò (e dei suoi Chief
Executive Officers, molto ben retribuiti, molti dei quali dirigono la politica
e i media occidentali).
Capito, che finissimo storico? Che obiettività? Dicevamo lunghe tirate. Sì, sui nemici storici (Francia, Gran
Bretagna, Stati Uniti), sul neocolonialismo, sulle multinazionali. Tutti cavalli di battaglia della sinistra fascista anni Sessanta del Novecento,
da Cardini allora frequentata, impregnati di cattolicesimo integralista,
forse giuliottiano. Insomma, se ci si perdona l'eccesso figurativo di sintesi, siamo dinanzi a una specie di Toni Negri con l’aureola. Però, un tantinello più
attento agli equilibri politici e accademici.
Perché per Cardini, durante gli Anni di Piombo, immerso nei suoi studi, le sole crociate irrinunciabili furono quelle di Urbano II e continuatori. Meglio così, per carità.
Diciamo però che lo storico fiorentino può essere concettualmente rubricato tra i fiduciosi adepti, vecchi e nuovi, della tentazione fascista, come magnificamente descritta da Tarmo Kunnas. Tentazione, che poi divenne realtà, oggi giudicata da Cardini, a dir poco, con indulgenza...
Diciamo però che lo storico fiorentino può essere concettualmente rubricato tra i fiduciosi adepti, vecchi e nuovi, della tentazione fascista, come magnificamente descritta da Tarmo Kunnas. Tentazione, che poi divenne realtà, oggi giudicata da Cardini, a dir poco, con indulgenza...
Il
vecchio fascismo (o, se si preferisce, le varie forme dei “fascismi storici”)
non è l’invenzione di un gruppo d’esaltati criminali: è stato causato dalle
contraddizioni e dalle ingiustizie generate dal capolavoro - si fa per dire -
di Wilson e dei suoi complici della “Conferenza di Pace di Parigi” alla fine
della prima guerra mondiale. Il fascismo è stato il risultato del revisionismo
rispetto a quei patti di pace, alimentato da un nazionalismo forse sbagliato ma
comunque necessario tentativo di riorganizzare la società di massa che il
liberalismo classico, fallendo (e la prima guerra mondiale è lì a
ricordarcelo), aveva lasciato a se stessa, creando sacche enormi di ingiustizia
sociale.
Che aggiungere? A Roma si direbbe, "buttarla in caciara". Anche se, a dire il vero, sembra di leggere il bavarese "Völkischer Beobachter".
Ovvio,
dunque, che Cardini guardi con favore al
populismo, che però, come forma di
contestazione della democrazia rappresentativa, e liberale, rappresenta, come sa bene chiunque conosca la letteratura in argomento, una delle variabili classiche della tentazione fascista. Solo Cardini, sembra ignorarlo. Quando si dice il caso.
Il
populismo, altro termine generico ormai usato come etichetta terroristica, è
più semplicemente l’insieme delle ragioni per cui le maggioranze di un paese
non sono contente della situazione e reagiscono dando il loro magari acceso ma
provvisorio e incompetente assenso a progetti confusi di riorganizzazione
sociale […]. Stiano tranquilli dunque questi signori, non siamo di fronte a un
nuovo fascismo: ma si rassegnino al fatto che nasceranno sempre nuovi sistemi
contestativi dello status quo, dal momento che esso ha dimostrato di non poter
funzionare se non a danno dei popoli.
E di quali valori si potrà servire l'opera di “riorganizzazione sociale”? La domanda, giunti a questo punto, appare superflua.
Carlo Gambescia