domenica 12 agosto 2018

A proposito di un'intervista allo storico fiorentino
Franco Cardini,
tra  Papa Francesco e Matteo Salvini (ma non solo...)



Diamo atto a Riccardo Paradisi di aver posto le domande giuste (*).  Tuttavia a dirla tutta, intervistare Franco Cardini,  è popperianamente  impresa ardua.  Perché  le sue  riposte appartengono alla categoria delle verità  inconfutabili:  il discorso, tra l’altro,  andrebbe esteso a  certi suoi libri, non strettamente eruditi o accademici.  Anch'essi, seguendo i criteri  di Popper,  infalsificabili,  dunque non scientifici.   
Ma torniamo all'intervista.  Partiamo dalla  chiusa:   sintesi,   diremmo,  esemplare, di uno storico che ce la mette veramente tutta per  non rispondere mai da storico…  Non in modo scientifico, obiettivo, se si vuole.  Ad esempio, si legga qui.

E così avverrà che le vecchie potenze che ci hanno cacciato nei guai nel 1918 generando totalitarismi e una nuova guerra mondiale, che nel 1945 si sono spartite il mondo reiterando il vecchio ingiusto ordine delle sfere di influenza e della guerra fredda, ci ricacceranno in nuove tragedie. Tanto poi ci saranno sempre un Giuliano Ferrara o un Erri De Luca pronti a denunziare il fascismo che ritorna, ci sarà sempre qualcuno pronto a gridare che il papa è un eretico e un comunista. La conosciamo bene questa storia, ci siamo già passati. Ma una cosa dev’esser chiara: rileggete la Laudato si’, rileggetela studiandovi bene anche le note a piè di pagina. Altro che “enciclica ecologistica”. È un’autentica denunzia circostanziata del male che sta mangiandosi il mondo.

Dove si nasconde il  succo del discorso?   Nelle prime tre  righe.  E qual è?  Che  tra i regimi liberali  e totalitari non c’è differenza di specie ma solo di grado.  Risposta da  integralista cattolico.  E cognitivo. Cardini, per farla breve, non ha mai digerito,  per ragioni di principio (alle quali ora arriveremo),  quindi inattaccabili dal punto di vista  del falsificazionismo  popperiano,  il  liberalismo e l’idea di tolleranza.  Si dirà:  anche il liberalismo si fonda su una petizione  di principio.  Dunque, anch’esso è infalsificabile.  Certo,  però, si legga qui, cosa  afferma  Cardini a proposito  dei  diritti individuali…

La formula è cominciar con l’uscire dalla cultura dell’avere e del potere fondata sui diritti individuali (che sono una fucina d’ingiustizia e di disordine) per cominciar a battere quella dell’essere e del dovere fondata sui doveri comunitari. È a questo che bisogna educare le nuove generazioni.

I diritti sono il male, la comunità il bene.  Ecco la petizione di principio cardiniana.
Ora  i diritti individuali  rinviano a una sovrastruttura che si chiama stato di diritto,  perciò - semplifichiamo -  verificabile, analizzabile, dimostrabile,  emendabile.  Un sistema, per metterla sul sociologico, aperto:  che dunque può essere falsificato, dal punto di vista  teorico (e pratico).  Non si può invece dire la stessa cosa dei doveri comunitari, che invece  rinviano a un' etica  imposta dalla comunità, una volta per tutte,  dunque  un sistema chiuso,  quindi non verificabile, non falsificabile, non emendabile, eccetera. 
Detto altrimenti: il liberalismo, in termini prima ancora che politici, cognitivi,  garantisce una zona franca per l’ individuo, lo stato di diritto, che il comunitarismo azzera, riconducendo i diritti  al dovere di ubbidire  all’ordine comunitario.  Cardini rifiuta questa distinzione cognitiva, prima che politica.  Nel suo caso si potrebbe perciò parlare di fondamentalismo cognitivo.            
Per  poi affidarsi politicamente a chi?  A  Papa Francesco. Che per l’appunto, a prescindere dalle bizzarie a getto continuo che propala,  resta sovrano assoluto (sì, sì, dice "chi sono io per giudicare", però poi giudica eccome…). Dunque,  infallibile.  Altro che stato di diritto. Ma c’è di peggio.   Poche righe più avanti,  ecco quel che  Cardini   dichiara a proposito di una  personaggio come Salvini, addirittura giudicato  fin troppo moderato…

Ecco perché Salvini ha delle ragioni, ma se si ferma a metà della terapìa accetta un rimedio peggiore del male: deve convincersi che i migranti, se sono in sé un male sociale (anche per se stessi), sono pur sempre un effetto, non una causa: deve risalire alle cause prime, la sperequazione sociale e la disinformazione di massa.

Insomma,  Papa Francesco e Matteo Salvini  (quest’ultimo  un poco meno simpatico,  se  però  solo si applicasse di più…) sono gli eroi  di Franco Cardini.  Risparmio  ai lettori le lunghe tirate sull’antifascismo, sull’Onu… Piccola eccezione…

Il risultato sarà nullo, finché non si capirà che la vera ONU, quella che ha il potere, sta nella banda che annualmente si riunisce a Davos e non la si obbligherà ad avviare un graduale, sostenibile processo di ridistribuzione mondiale della ricchezza. Ma oggi il potere, a livello internazionale, è saldamente nelle mani di chi appunto non vuole nulla di ciò (e dei suoi Chief Executive Officers, molto ben retribuiti, molti dei quali dirigono la politica e i media occidentali).

Capito, che finissimo storico?  Che obiettività?   Dicevamo lunghe tirate. Sì, sui nemici storici (Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti), sul neocolonialismo, sulle multinazionali. Tutti cavalli di battaglia della  sinistra fascista anni Sessanta del Novecento, da Cardini allora frequentata,  impregnati di cattolicesimo integralista, forse giuliottiano.  Insomma, se ci si perdona l'eccesso figurativo di sintesi,  siamo dinanzi a una  specie di Toni  Negri con l’aureola.  Però,  un tantinello più attento agli equilibri politici e accademici.  Perché per Cardini, durante gli Anni di Piombo, immerso nei suoi studi,  le sole crociate irrinunciabili  furono quelle di Urbano II e continuatori. Meglio così, per carità.
Diciamo però che lo storico fiorentino può  essere concettualmente  rubricato tra i fiduciosi adepti, vecchi e nuovi, della  tentazione fascista, come magnificamente  descritta da Tarmo Kunnas.  Tentazione, che poi divenne realtà, oggi  giudicata  da Cardini, a dir poco, con indulgenza...   

Il vecchio fascismo (o, se si preferisce, le varie forme dei “fascismi storici”) non è l’invenzione di un gruppo d’esaltati criminali: è stato causato dalle contraddizioni e dalle ingiustizie generate dal capolavoro - si fa per dire - di Wilson e dei suoi complici della “Conferenza di Pace di Parigi” alla fine della prima guerra mondiale. Il fascismo è stato il risultato del revisionismo rispetto a quei patti di pace, alimentato da un nazionalismo forse sbagliato ma comunque necessario tentativo di riorganizzare la società di massa che il liberalismo classico, fallendo (e la prima guerra mondiale è lì a ricordarcelo), aveva lasciato a se stessa, creando sacche enormi di ingiustizia sociale.  

Che aggiungere?  A Roma si direbbe,  "buttarla in caciara". Anche se, a dire il vero, sembra di  leggere il bavarese "Völkischer Beobachter".
Ovvio, dunque, che Cardini  guardi con favore al  populismo, che però, come forma di contestazione della democrazia rappresentativa, e liberale, rappresenta, come sa bene  chiunque conosca la letteratura in argomento,   una delle  variabili classiche della tentazione fascista.  Solo Cardini, sembra  ignorarlo. Quando si dice il caso. 

Il populismo, altro termine generico ormai usato come etichetta terroristica, è più semplicemente l’insieme delle ragioni per cui le maggioranze di un paese non sono contente della situazione e reagiscono dando il loro magari acceso ma provvisorio e incompetente assenso a progetti confusi di riorganizzazione sociale […]. Stiano tranquilli dunque questi signori, non siamo di fronte a un nuovo fascismo: ma si rassegnino al fatto che nasceranno sempre nuovi sistemi contestativi dello status quo, dal momento che esso ha dimostrato di non poter funzionare se non a danno dei popoli.

E di quali valori si potrà servire l'opera di  “riorganizzazione sociale”?  La  domanda,  giunti a questo punto,  appare  superflua.   

Carlo Gambescia