mercoledì 15 agosto 2018

Il crollo di Genova
Il ponte dei piagnoni




Esiste ancora l’Italia? Come nazione moderna e faustiana, temeraria, che vuole crescere e svilupparsi?  No.  Esistono le pensioni sociali, la cassa integrazione, il divieto di licenziamento, il cosiddetto “accompagno”, la sanità pubblica: in una parola l’assistenzialismo, sempre però, stando ai lamenti di cittadini scontenti per principio, inadeguato, imperfetto,  eccetera, eccetera.   Insomma, c'è sempre qualcosa che non va.      
Se  esiste ancora l’Italia, allora  è un  paese per e di vecchi, dentro (quindi anche i giovani): un "lamentatoio".  Quasi ogni italiano ha sempre qualcosa da rivendicare, lamentando per l’appunto qualche ingiustizia subita o meno.  Il sovranismo, ora così in voga,   rispetto al vecchio nazionalismo, che  giocava con i fucili, gioca con i pannolini, anche considerata l’età media degli italiani, a  carico dell’assistenza pubblica, ovviamente. Una dottrina pseudo-politica, ripetiamo,  per vecchi tremolanti. Sempre dentro.
Quando poi, come ieri,  crolla un ponte,  non un terremoto catastrofico ( come in Irpinia, ad esempio, tremila morti, intere aree abitate distrutte), i mass media e i politici, che conoscono i propri  polli (gli italiani), si comportano, come quei genitori che danno sempre  ragione per principio  ai figli, piccoli e viziati, quando si lamentano,  piangendo e strepitando.  Sicché abbiamo assistito alla solita accanita  ricerca del capro espiatorio.  Oggi sulle prime pagine si sprecano i  "Vergogna" e   "Non doveva succedere".  Insomma, il ponte dei piagnoni.
E se il crollo fosse dovuto al caso?  Si pensi al bel romanzo di Thornton Wilder…    Tacere, almeno nelle prime ore? Nei primi giorni?   Assumendo un atteggiamento più cauto? No?  Inutile qui  riportare  le dichiarazioni di questo o di quel politico  all’insegna del noi tireremo dritto.  Perciò, nelle  prossime settimane  ne vedremo delle belle ( o brutte).  Quanto alle stupidaggini,   c’è già chi parla di Piano Marshall per ricostruire tutti i ponti d’Italia. A spese di chi?  E con che soldi, dal  momento che da noi  privato è brutto?
E intanto, tutti a piangere, davanti a un bella fetta d’anguria. Perché poi, dispiace dirlo, ma gli italiani degli anni Duemila sono fatti così.  La severità vale solo per gli altri.  Ognuno ha la  sua scusa. E si assolve  da sé.    
A dire il vero,  non siamo stati sempre  così.  In qualche misura, e l’argomento meriterebbe il suo storiografo,  l’Italia del piagnisteo risale alla  welfarizzazione cattolica e  social-comunista dello stato, iniziata negli anni Sessanta, dei servizi gratis per tutti.  Cosa impossibile da  ottenere e difendere, perfino in Svezia.     
C’è una bella copertina della “Domenica del Corriere”  che celebra proprio la  modernità  faustiana del  ponte crollato ieri: un capolavoro di ingegneristica. Al governo c’erano già i socialisti pungolati dai comunisti e blanditi dai democristiani di sinistra.  Diciamo  che  negli anni Sessanta gli italiani piangevano, ma con un occhio solo. Il Paese ancora c'era.  E Faust pure. 
Oggi, quella copertina sembra appartenere a un altro mondo... 

Carlo Gambescia