Il crollo di Genova
Il ponte dei piagnoni
Esiste
ancora l’Italia? Come nazione moderna e faustiana, temeraria, che vuole crescere e svilupparsi? No. Esistono le pensioni
sociali, la cassa integrazione, il divieto di licenziamento, il cosiddetto “accompagno”,
la sanità pubblica: in una parola l’assistenzialismo, sempre però, stando ai
lamenti di cittadini scontenti per principio, inadeguato, imperfetto, eccetera, eccetera. Insomma, c'è sempre qualcosa che non va.
Se esiste ancora l’Italia, allora è un paese per e di vecchi, dentro (quindi anche i giovani): un "lamentatoio". Quasi ogni italiano ha sempre qualcosa da rivendicare, lamentando per l’appunto qualche ingiustizia subita o
meno. Il sovranismo, ora così in
voga, rispetto al vecchio nazionalismo,
che giocava con i fucili, gioca con i
pannolini, anche considerata l’età media degli italiani, a carico dell’assistenza pubblica, ovviamente. Una dottrina pseudo-politica, ripetiamo, per vecchi tremolanti. Sempre dentro.
Quando
poi, come ieri, crolla un ponte, non un
terremoto catastrofico ( come in Irpinia, ad esempio, tremila morti, intere
aree abitate distrutte), i mass media e i politici, che conoscono i propri polli (gli italiani), si comportano, come
quei genitori che danno sempre ragione per principio ai figli, piccoli e viziati, quando si lamentano, piangendo e strepitando. Sicché abbiamo assistito alla solita
accanita ricerca del capro
espiatorio. Oggi sulle prime pagine si
sprecano i "Vergogna" e "Non doveva succedere". Insomma, il ponte dei piagnoni.
E se il crollo fosse dovuto
al caso? Si pensi al bel romanzo di Thornton Wilder… Tacere,
almeno nelle prime ore? Nei primi giorni?
Assumendo un atteggiamento più cauto? No? Inutile qui riportare
le dichiarazioni di questo o di quel politico all’insegna del noi tireremo dritto. Perciò, nelle
prossime settimane ne vedremo delle belle ( o brutte). Quanto alle stupidaggini, c’è già chi parla di
Piano Marshall per ricostruire tutti i ponti d’Italia. A spese di chi? E con che soldi, dal momento che da noi privato è brutto?
E
intanto, tutti a piangere, davanti a un bella fetta d’anguria. Perché poi,
dispiace dirlo, ma gli italiani degli anni Duemila sono fatti così. La severità vale solo per gli
altri. Ognuno ha la sua scusa. E si assolve da sé.
A
dire il vero, non siamo stati
sempre così. In qualche misura, e l’argomento meriterebbe
il suo storiografo, l’Italia del
piagnisteo risale alla welfarizzazione cattolica e social-comunista dello stato, iniziata negli
anni Sessanta, dei servizi gratis per tutti.
Cosa impossibile da ottenere e
difendere, perfino in Svezia.
C’è
una bella copertina della “Domenica del Corriere” che celebra proprio la modernità
faustiana del ponte crollato
ieri: un capolavoro di ingegneristica. Al governo c’erano già i socialisti pungolati dai comunisti e blanditi dai democristiani di
sinistra. Diciamo che negli anni Sessanta gli italiani piangevano, ma con un occhio
solo. Il Paese ancora c'era. E Faust pure.
Oggi, quella copertina sembra
appartenere a un altro mondo...
Carlo Gambescia