sabato 4 agosto 2018

Amico, Nemico e riaggregazioni 
Le nuove polarità politiche
di Teodoro Klitsche de la Grange




Probabilmente  il limite maggiore della visione politologica schmittiana  consiste nell' ignorare i contenuti culturali e sociali,  che  vanno a innervare storicamente la  forma-regolarità  amico-nemico. Ovviamente, in questo suo ottimo articolo,  Teodoro Klitsche de la Grange, da politologo navigato,  non incorre in un errore del genere. 
Va inoltre  ricordato che  l'argomento, anche politico,  che  il nemico esterno, sociologicamente parlando,  sia sempre  funzione dell’amico interno,  per chiunque conosca la letteratura scientifica (o meno)  in materia, non suona come nuovo. Ad esempio,  per limitarsi al Novecento,  l'idea che  la coesione interna  si cementi attraverso l’insorgere, reale o presuntivo di un nemico esterno, rinvia a  Enrico Corradini,  grande ammiratore di Mussolini,  nonno dei sovranisti,  che subordinava, addirittura, l’unità politica del pianeta Terra  a una guerra contro Marte ( E. Corradini, Scritti e discorsi 1901-1914, Einaudi 1980, p. 36).
Il punto scientifico interessante  (con evidenti ricadute politiche) è come  possano  oggi  integrarsi  tali riallineamenti  con  la democrazia parlamentare, la società di mercato,  gli ideali liberali.  Il Novecento, nella sua prima metà,  ha tristemente provato che  liberalismo e nazionalismo (mentre spirito liberale di nazione è altra cosa...), finiscono sempre per confliggere e, nel caso di quest'ultimo, una volta cancellato lo stato di diritto,  dare vita a  forme  politiche  autarchiche,  autoritarie, se non totalitarie, nemiche della società aperta.
Perché è  vero, che  i processi sociali  hanno una loro coerenza formale, come nel caso della regolarità amico-nemico,  però resta altrettanto vero che non può  essere ignorata  l’importanza della  sostanza, cioè dell’identificazione della natura culturale degli amici e dei nemici,  altrimenti   tra una banda di  gangster e un partito politico si rischia di non ravvisare alcuna  differenza.  Buona lettura. (C.G.)
                                                                                                                                                                        
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Le recenti  dichiarazione di  Benedetto Della Vedova presidente  di Forza Europa (nella foto), le  interviste di esponenti del PD e di FI (Calenda, Gentiloni, e,  sull’altro versante, Alessandra Mussolini) confermano quello che, nel mio piccolo, vado sostenendo da qualche anno: che con l’emergere prorompente dei partiti sovran-popul-identitari è cambiata la discriminante del politico, come più volte capitato nella storia dell’Europa moderna: non è più borghesia/proletariato, come nel “secolo breve”, ma popoli (identità)/globalizzazione. Come sosteneva Carl Schmitt, la nuova scriminante non esclude la precedente (né le “scriminanti” particolari come Israele/ANP e così via) ma la relativizza, cioè la retrocede d’importanza, onde il sentimento politico (Clausewitz) non individua più il nemico nel borghese o, viceversa, nel proletario, ma nel finanziere cosmopolita o, di converso, nel cittadino legato al territorio, alla tradizione, allo Stato “classico”.
Gli interventi suddetti, il comportamento e il ruolo comune in Parlamento di PD e FI (ambedue all’opposizione) rendono probabile che sia in atto una riorganizzazione in polo globalista, le cui caratteristiche prevedibili dovrebbero presentare molte somiglianze con quanto capitato in Francia dove il convergere dei voti del seguito dei “vecchi” partiti ordinati secondo l’asse destra/sinistra ha permesso al nascente polo “globalista” ed al suo leader Macron di prevalere sulla Le Pen.
La manovra, del tutto logica rispetto alla nuova scriminante del criterio del politico, sembra pertanto in atto.
Come potrà realizzarsi, data la lontananza delle posizioni delle possibili componenti, è difficile prevedere, ed ancor più se possa aver successo alle prossime elezioni. Da un lato perché grava sul polo globalista (futuribile) il peso della “seconda repubblica” di cui tutto può dirsi, meno che abbia conseguito risultati politici, economici e sociali di una qualche appetibilità. Dall’altro la lotta ventennale scatenata da un centrosinistra in stato terminale contro Silvio Berlusconi ha creato un retaggio di odi e risentimenti che ancora ne condiziona, più che la dirigenza, il seguito.
Dall’altro una ricomposizione del sistema politico italiano nei due poli  nuovi ha delle carte a favore.
La prima, la Storia: l’opposizione globalista ha il vento della storia a favore, pertanto il percorso è tendenzialmente in discesa: non deve navigare contro corrente. E questo, come spiega il successo dei populisti, fa lo stesso con i loro avversari dato che la regolarità politica del conflitto e dell’ostilità non è superabile. E la capacità di suscitare il sentimento politico che ne consegue, neanche.
Dall’altro che avere lo stesso nemico crea il gruppo politico che si costituisce per opporsi a quello. Il quale può conseguire la propria unità d’azione nei modi più vari (dall’alleanza, alle varie forme e tipi di integrazione politica). Ed aver costituito un governo populista “bicolore” ha creato il presupposto (principale) perché si costituisca, all’opposizione, il polo avverso.
Chiudo queste note ricordando come un poeta come Eschilo nelle Eumenidi descrive la funzione “costitutiva-integrativa” del nemico nella comunità “E scambio ci sia di gioie nella comune concordia; e unanime odio ai nemici: delle molte calamità unica medicina è questa ai mortali”.
Anche se le Eumenidi si riferivano al nemico come medicina della guerra civile, e questo non è il caso, è tuttavia sicuro che l’organizzarsi dei partiti in un sistema di ostilità regolata (e relativizzata) è la terapia per saldare capi e seguiti, come per ridurre le tensioni tra le diverse componenti della classe politica, anche in democrazia. Come scriveva Machiavelli una delle cause dell’ascesa di Roma fu aver relativizzato e “sfruttato” (anche ai fini di potenza) i conflitti interni. Sperém.
Teodoro Klitsche de la Grange


Teodoro Klitsche de la Grange è  avvocato, giurista, direttore del trimestrale di cultura politica “Behemoth" ( http://www.behemoth.it/ ). Tra i suoi libri: Lo specchio infranto (1998), Il salto di Rodi (1999), Il Doppio Stato (2001), L'apologia della cattiveria (2003), L'inferno dell'intellettuale (2007), Dove va lo Stato? (2009), Funzionarismo (2013).

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