mercoledì 1 agosto 2018

Nuovi fascismi
Il politicamente corretto di destra



Dal punto di vista sociologico  crediamo  di scorgere  un fenomeno  importante. Qualcosa che   va oltre  la vittoria  delle forze populiste il 4 marzo.  Di cosa parliamo?   La società italiana sta subendo un processo di metamorfosi del suo immaginario collettivo, che si riflette sui comportamenti, socialmente incoraggiati,  leciti, se si vuole.   Semplificando: è in atto il passaggio - per ora mediatico  -  dal politicamente corretto di sinistra al politicamente corretto di destra.
Non ci si faccia distrarre dalle  lamentazioni della destra, che usa il politicamente corretto di sinistra, - voce sempre più flebile e ristretta, giornalisticamente parlando, a “Repubblica" , "Manifesto” e alcuni fogli cattolici -   come arma propagandistica , per imporre  le proprie  nuove regole. 
Il quadro è questo:  la stampa di destra si è fatta più aggressiva, i social incalzano, i giornali a grande tiratura (esclusa "Repubblica"),  hanno sposato la tesi del  “facciamo lavorare questo governo”. Resta fuori da questa specie di   "nuova fabbrica del consenso",  come dicevamo,  la stampa cattolica, particolarmente  preoccupata della deriva razzista,  ma il giornalismo  "bianco" è  poca cosa. 
In che cosa consiste il politicamente corretto di destra?       
Prima una breve premessa. 
Il “prima gli italiani”, non lo hanno  inventato Salvini e Di Maio, ma  proviene dall’immaginario politico di Forza Nuova, Casa Pound e di altri gruppuscoli di estrema destra.  E così per le scelte di politica economica: del  "pericolo per il lavoro italiano" insito  nelle delocalizzazioni,  parlava già trent’anni fa il Movimento Sociale Italiano per bocca di Pino Rauti.  Come del resto,  a proposito dell' idea  di “aiutare gli immigrati, ma a casa propria”: puro rautismo.  Inutile qui ricordare le posizioni  sulla razza, sulla famiglia, sui gay, insomma sui diritti civili in generale,  attinte anch'esse  dal mondo dell’estrema destra.
Salvini in particolare  è un abile  sdoganatore di contenuti eversivi cripto-fascisti. Se Silvio Berlusconi ( e in qualche misura, pur strumentalmente,  Gianfranco Fini)  tentarono di portare il Movimento Sociale  su posizioni  liberali e democratiche,  Salvini, senza chiedere permesso a nessuno (neppure agli stessi post-aennini) ha rimesso in circolazione  l’immaginario dell’estrema destra. Parliamo di  un mix di idee  che si compone di   odio per la diversità,  assistenzialismo (solo per gli italiani, ovviamente),  tradizionalismo sociale,  nazionalismo riverniciato e riqualificato come sovranismo, altro termine rubato all’estrema destra dei Social.    
Detto questo,  ripetiamo la domanda:  in che cosa consiste il politicamente corretto di destra? In sintesi, nel fare l’esatto contrario di  ciò che fino a oggi ha fatto la sinistra  e  soprattutto  nel demonizzarla, addossandole tutte le colpe, anche quelle che non sono sue.    
Di conseguenza:  1) se prima l’accoglienza era  vista come un valore positivo, ora è un valore negativo; 2) se prima l’Europa e l’euro erano simboli di pace e di progresso, ora sono  simboli del male; 3) se prima i mercati aperti erano fattori di sviluppo, amicizia e scambio tra i popoli, ora sono il Cavallo di Troia dei nemici dell’Italia. E così via.
Ovviamente, 4) se prima il capro espiatorio della sinistra era il fascismo, ora per la destra è l’antifascismo.
Queste idee circolano  sui  giornali, hanno guadagnato le  tv,  trionfano sui Social. Quindi piano piano la mentalità sta cambiando. Il comportamento sociale è mimetico, e  di regola chiunque non  si adegui rischia l' esclusione   dal mainstream  del politicamente corretto di destra. E la vita dell’ escluso ( e dell'auto-escluso) non è facile.  Dapprima psicologicamente, poi professionalmente. Le catacombe non piacciono a nessuno.  E questo fenomeno di delegittimazione di chiunque pensi "diversamente", accade, piaccia o meno, a parità di contenuti storici (buoni o cattivi che siano).
L’istinto gregario, che si nutre di  comportamenti socialmente indifferenziati,  quindi fondati sull’uguaglianza, ha però  sempre  origine  nella differenza  tra comportamenti dissimili (quindi fondati sulla disuguaglianza).  Insomma,  l’eccezione, si fa regola,  per poi farsi di nuovo eccezione, e così via. Ecco descritto, per sommi capi,  il ciclo sociale del politicamente corretto, che ovviamente nella società di massa, assume un potere enorme.  Quel che però  non cambia mai  è la forma, socialmente vincolante,  del politicamente corretto. La libertà, socialmente parlando, è sempre condizionata dagli istinti gregari dell’uomo. I veri individui, consapevoli della propria individualità,   sono e saranno  sempre pochi.
Detto questo -  utile per chiarire alcuni aspetti teorici -    sembra ora  essere giunto il momento del politicamente corretto di destra.  Ma anche delle decisioni,  non tanto per  le persone  comuni, che inevitabilmente  obbediscono  alle leggi del politicamente corretto (di destra o sinistra), quanto  per coloro che studiano la società e ancora di più per coloro che  ne decidono le sorti politiche.  Insomma, per i pochi,  veramente liberi e con capacità autonome di giudizio. O almeno, così dovrebbe essere.  
Certo sarebbe bello, sul piano degli ideali, poter  fare a meno del politicamente corretto. Ma la sociologia è una scienza triste, e ci dice che ciò è impossibile. Insomma,  o di qua o di là.  Nel "caso italiano" si deve  allora  scegliere tra due forme di politicamente corretto.  
Chi scrive -  per salire al roof garden delle scelte valoriali -    tra il politicamente corretto del fascismo (o se si preferisce, per ora, del cripto-fascismo) e dell’antifascismo non può non scegliere quest’ultimo, pur con tutti i suoi limiti, che comunque si possono in qualche modo contrastare. E quest'ultimo resta il ruolo delle minoranze liberali. Non liberal o liberiste, ma li-be-ra-li.   Composte da quei pochi, veramente liberi.  Consapevoli della dolente necessità, se si vuole triste necessità, dei processi di legittimazione-delegittimazione del nemico, quando esso non può essere trasformato in avversario.  Perché poi, in ultima istanza, sono queste le radici sociologiche del politicamente corretto: la sublimazione del nemico.
Però,  ecco il punto,  dal politicamente corretto del  fascismo non si torna indietro. Se non impugnando le armi. Perciò, se solo si volesse,  saremmo ancora in tempo. Basterebbe  ricorrere all’arma  innocua  della scheda elettorale.  Tuttavia quanto più il politicamente corretto di destra si fa largo, tanto più  cresce il rischio di ritrovarsi prigionieri di una specie di nuovo fascismo degli anni Duemila…  
Carlo Gambescia