Salvini, Di Maio & Co.
Il potere dell'ignoranza
La
tristezza della sociologia
Il
sociologo sa quanto sia difficile per la gente comune la comprensione di ragionamenti
complessi. E uno dei motivi per i quali le scienze sociali, e in
particolare la sociologia, sono scienze tristi, nel senso che sono malinconicamente
consapevoli di non potere cambiare la natura
sociale e cognitiva degli esseri
umani. Esiste un'ignoranza, come distanza cognitiva incolmabile, destinata a restare tale.
Certo,
si possono, non dall’alto ovviamente, ma per evoluzione selettiva (nel senso
che le istituzioni vengono "scelte" senza alcuna consapevolezza individuale di
favorire un esperimento sociale per prova e errore), migliorare regole, ingentilire
i costumi, favorire gli scambi pacifici di idee e merci, però gli uomini al fondo non
cambiano, perché continuano, nonostante il miglioramento dei livelli di
alfabetizzazione, a non comprendere le complicate ragioni del proprio comportamento sociale.
Ovviamente,
quanto più ampia è l’interazione, e dunque le conseguenze sociali, come nella
società di massa, tanto più diviene difficile per gli attori sociali (non,
tuttavia, per chi li osservi,
professionalmente) comprendere il senso e le finalità delle proprie azioni. Di qui, ma non potrebbe essere diversamente, soprattutto dal punto di vista sociologico, reazioni non sempre all'insegna della ragionevolezza.
Evitare
le buche più dure
In
questo quadro quale può essere il ruolo della politica? Quello di
“evitare le buche più dure, senza per questo cadere nelle tue
paure”, per citare i versi di una intensa
canzone di Battisti e Mogol, che vale
quasi quanto una grande lezione
di sociologia. Insomma, mitigare, alleviare, placare. Certo, andare avanti, progredire,
dunque adelante, però con
juicio, per parafrasare il grandissimo Alessandro Manzoni. Si chiama prudenza politica.
Pertanto,
che cosa può pensare il sociologo triste, per così dire, della piega disastrosa che stanno prendendo gli eventi italiani? Dove sembra
si siano dati appuntamento
politici espertissimi, ma solo nel vellicare e coltivare ignoranza e paura
sociale.
Al
di là delle singole misure politiche in cantiere, comunque pericolose, il lato allarmante è rappresentato dal potere dell'ignoranza. Ci spieghiamo meglio: dalla
teorizzazione politica dell’ignoranza
conoscitiva come valore collettivo. E per giunta positivo, addirittura
meritorio. Meno si sa, più si è incorrotti. Il messaggio che viene veicolato è
che il sapere, e tutto quel che di fisiologico ne
consegue, in termini di deferenza sociale ed economica, sono
simboli di una arroganza che va
combattuta con ogni mezzo. Di qui, il considerevole potere dell'ignoranza. Ma anche della paura dell'ignoto, che la non conoscenza delle cose, trasformata in diritto sociale, di fatto, inevitabilmente, implica.
Il
ciclo sociale dell’ignoranza
Siamo
davanti a un rovesciamento antisociologico
della realtà, alla negazione di un principio sociale fondamentale, che
al di là delle forme di regime politico, ha sempre caratterizzato i momenti alti della storia della civiltà. Di
quale principio parliamo? Che colui che
sa deve insegnare a colui che non sa.
Inutile dire, che il principio rinvia alle radici cognitive della
civiltà occidentale, ai Dialoghi platonici, e che resta legato a due fondamentali consapevolezze che in qualche misura si completano a vicenda. Quali? Che
la virtù si può insegnare ma che pochi sono in grado di apprenderla Una
verità, moralmente sgradevole, ma
sociologicamente imprescrittibile.
Ovviamente,
colui che sa, oltre a non smettere comunque di insegnare (diremmo, per missione), conosce i limiti di colui che non sa e distingue bene
i pericoli di ciò che
sociologicamente potremmo chiamare il ciclo sociale dell’ignoranza, che
periodicamente torna a riaffacciarsi. Però ecco il punto, nella società massa,
che per ora resta un unicum storico, il riapparire, per parafrasare un Maggiore, dell’ odio verso coloro che sanno e
dell’amore verso coloro che non sanno, può avere conseguenze catastrofiche. Un
fenomeno - parliamo della nullificazione politica del sapere - che viene accresciuto dal falso senso di
onnipotenza che pervade il mondo digitalizzato, dove il sapere, come sui Social - non si può non prenderne tristemente atto - è
messo ai voti. Benché si sappia, piaccia
o meno, che la scienza non è
democratica.
Occidente
addio?
Già
il Novecento, con i totalitarismi
politici, costruì terribili
macchine su misura per la società di
massa, imperniate sullo scambio servitù contro
libertà, veicolando colossali menzogne sulla razza, sulla
ragione, sulla scienza.
Chi
scrive, si augurava che con la dissoluzione del comunismo sovietico, il Novecento
fosse definitivamente alle spalle. E
invece ecco oggi riaffacciarsi il totalitarismo nelle vesti di un populismo,
che alla stregua del fascismo, del
nazismo e del comunismo, si dichiara
difensore di coloro che non sanno. E pochi, purtroppo, sembrano accorgersi
della gravità della situazione.
Può
sembrare una frase fatta, per qualcuno forse
addirittura ridicola, considerata
la mediocre statura politica dei personaggi. Tuttavia Salvini e Di Maio, non tanto per quello che
sono, ma per quello che rappresentano e trasmettono, costituiscono una minaccia non solo per l'Italia ma per la civiltà
occidentale.
Carlo Gambescia