venerdì 10 agosto 2018

Salvini, Di Maio & Co.
Il potere dell'ignoranza


La tristezza della sociologia
Il sociologo sa quanto sia difficile per la gente comune la comprensione di  ragionamenti  complessi. E uno dei motivi per i quali le scienze sociali, e in particolare la sociologia, sono scienze tristi, nel senso che sono malinconicamente consapevoli di non potere cambiare la natura  sociale e cognitiva degli  esseri umani. Esiste un'ignoranza, come distanza cognitiva incolmabile,  destinata a restare tale.
Certo, si possono, non dall’alto ovviamente, ma per evoluzione selettiva (nel senso che le istituzioni vengono "scelte" senza alcuna consapevolezza individuale di  favorire un esperimento sociale per prova e errore),  migliorare regole,  ingentilire  i costumi, favorire gli scambi pacifici di idee  e merci, però gli uomini al fondo non cambiano, perché continuano, nonostante il miglioramento dei livelli di alfabetizzazione,   a non comprendere  le complicate  ragioni del proprio comportamento  sociale.
Ovviamente, quanto più ampia è l’interazione, e dunque le conseguenze sociali, come nella società di massa, tanto più diviene difficile per gli attori sociali (non, tuttavia,  per chi li osservi, professionalmente) comprendere il senso e le finalità delle proprie azioni.  Di qui,  ma non potrebbe essere  diversamente, soprattutto dal punto di vista sociologico,   reazioni non sempre all'insegna della ragionevolezza.     

Evitare le buche più dure
In questo quadro quale può essere il ruolo della politica? Quello  di   “evitare le buche più dure, senza per questo cadere nelle tue paure”,  per citare i versi di una  intensa  canzone di Battisti e Mogol, che vale  quasi quanto   una grande lezione di sociologia. Insomma, mitigare, alleviare, placare. Certo, andare avanti,  progredire,  dunque  adelante,  però con juicio, per parafrasare il grandissimo Alessandro Manzoni. Si chiama prudenza politica.
Pertanto, che cosa può  pensare il  sociologo  triste, per così dire,   della piega disastrosa che stanno  prendendo gli eventi italiani?  Dove sembra  si siano dati appuntamento  politici espertissimi, ma solo  nel   vellicare e  coltivare   ignoranza  e  paura  sociale.
Al di là delle singole misure politiche in cantiere, comunque pericolose,  il lato allarmante è rappresentato dal potere dell'ignoranza. Ci spieghiamo meglio: dalla teorizzazione politica  dell’ignoranza conoscitiva come valore collettivo. E per giunta positivo, addirittura meritorio. Meno si sa, più si è incorrotti.  Il messaggio che viene veicolato  è  che  il  sapere, e tutto quel che di fisiologico ne consegue, in termini di deferenza sociale ed economica,  sono  simboli  di una arroganza che va combattuta con ogni mezzo. Di qui,  il considerevole  potere dell'ignoranza.  Ma anche della paura dell'ignoto,  che la non conoscenza delle cose,  trasformata in diritto sociale, di fatto, inevitabilmente, implica.        

Il ciclo sociale  dell’ignoranza
Siamo davanti a un rovesciamento antisociologico  della realtà, alla negazione di un principio sociale fondamentale, che al di là delle forme di regime politico, ha sempre caratterizzato  i momenti alti della storia della civiltà. Di quale principio parliamo?  Che colui che sa deve insegnare a colui che non sa.  Inutile dire, che il principio rinvia alle radici cognitive della civiltà  occidentale, ai Dialoghi platonici, e che resta legato  a due fondamentali consapevolezze che in qualche misura si completano a vicenda.  Quali? Che la virtù si può insegnare ma che pochi sono in grado di apprenderla  Una verità, moralmente sgradevole,  ma sociologicamente  imprescrittibile. 
Ovviamente, colui che sa, oltre a non smettere comunque di insegnare (diremmo, per missione), conosce  i  limiti di colui che non sa e  distingue bene  i pericoli  di ciò che sociologicamente potremmo chiamare il ciclo sociale dell’ignoranza, che periodicamente torna a riaffacciarsi. Però ecco il punto, nella società massa, che per ora resta un unicum storico, il riapparire,  per parafrasare un Maggiore,  dell’ odio verso coloro che sanno e dell’amore verso coloro che non sanno, può avere conseguenze catastrofiche. Un fenomeno - parliamo della nullificazione politica del sapere -  che viene  accresciuto  dal falso senso di onnipotenza che pervade il mondo digitalizzato, dove  il sapere, come sui Social  - non si può non prenderne  tristemente atto  -  è messo ai voti.  Benché si sappia,  piaccia o meno,  che la scienza non è democratica.            


Occidente addio?
Già il Novecento, con i totalitarismi  politici, costruì terribili macchine  su misura per la società di massa, imperniate sullo scambio servitù  contro libertà,  veicolando  colossali menzogne sulla razza, sulla ragione, sulla scienza.        
Chi scrive, si augurava che con la dissoluzione del comunismo sovietico, il Novecento fosse definitivamente alle  spalle. E invece ecco oggi  riaffacciarsi il totalitarismo nelle vesti di un populismo, che alla stregua del  fascismo, del nazismo e del  comunismo, si dichiara difensore di coloro che non sanno.   E pochi, purtroppo,  sembrano  accorgersi della gravità della situazione.
Può sembrare una frase fatta, per qualcuno forse  addirittura ridicola, considerata  la mediocre statura politica dei personaggi. Tuttavia  Salvini e Di Maio, non tanto per quello che sono, ma per quello che rappresentano e trasmettono, costituiscono  una minaccia non solo per l'Italia ma per la civiltà occidentale.     


Carlo Gambescia