La cultura delle emozioni e delle
lacrime
Piangono tutti. Perché?
Piangono
i calciatori, piangono i politici, piangono i presentatori, i concorrenti, ma
anche le persone comuni, soprattutto appena sotto i riflettori. Basta
fare un giro su YouTube per scoprire
lacrime celebri o meno.
Indubbiamente, i media hanno avuto un effetto moltiplicatore. L’uomo è animale
emulativo, bastano pochi stimoli come ad esempio una telecamera accesa. Il vero punto però, è capire perché si è tornati a piangere davanti a
tutti. Saltando alcune decine di secoli ( teatro, per carità, di interessanti raffronti culturali), si può dire, per venire subito al punto, che la cultura borghese, otto-(e in parte)novecentesca
del controllo delle proprie reazioni in pubblico - diciamo così, del contegno - sembra aver lasciato il posto alla cultura
delle emozioni, della fragilità scodellata davanti a tutti, del piangere senza alcun ritegno. Si pensi a Obama, il massimo leader mondiale,
sorpreso più volte, in
occasioni pubbliche, con gli occhi umidi. E il presidente americano, per fortuna, viene considerato dagli osservatori
politici, un uomo freddo…
Si
è parlato di femminilizzazione del comportamento maschile. Ricordiamo, però,
che la cultura borghese imponeva anche alle donne, persino negli abiti, un rigido
controllo di se stesse. Che cosa è
successo allora? Perché il via libera ai
lucciconi, per dirla con i nonni?
Innanzitutto, non
è solo una questione mediatica. La spiegazione,
culturalmente parlando, è nella sostituzione dell’ anti-eroe all’eroe, avvenuta
in tutti campi, dalla letteratura all’arte, dall’economia alla politica, dallo sport alla musica. Il tardo, lacrimoso e sensuale romanticismo - qui
Croce e Praz scrissero pagine importanti - vive e lotta insieme a noi. Pochi lo ammettono, ma è così: l’uomo viene visto come un impasto di lacrime e ribellismo contro le convenzioni
sociali, un essere fragile e aggressivo al contempo. E il ribelle, nel bene e nel
male, è
anti-borghese per eccellenza. Figurarsi del controllato uomo economico, assolutamente capace di contingentare - per fortuna - anche le lacrime.
Sul
piano, più strettamente sociologico, invece, va segnalata l’ infantilizzazione
delle persone. Il welfare, anche come sola idea di un’assistenza totale dalla culla alla tomba, ha reso ancora più fragili e insicure le
persone, trasformandole in bambini piagnucolosi e capricciosi: i famigerati "aventi diritto"... Si chiama anche individualismo protetto. Dallo Stato, padrone e padre al tempo stesso.
Sui due punti ricordati, la cultura marxista, post-marxista (e intellettuali borghesi compiacenti, i cosiddetti liberal) hanno responsabilità enormi. Due piccoli esempi: Brecht addirittura compianse le società che avevano bisogno di
eroi; Bauman teme invece la società del rischio, “liquida”. E finge di non vedere che invece è lo stato, buonista e occhiuto, a uccidere il mercato e l'individuo, libero e forte. In questo modo si coltivano e vezzeggiano solo omuncoli affamati di improbabili "diritti sociali", invenzioni di natura squisitamente elettorale. E così il cerchio si chiude: Da Obama, passando per Buffon, agli ospiti piagnucolosi delle capricciose "piazze" mediatiche.
Concludendo: anti-eroi e welfare. E tante lacrime. Infantili.
Concludendo: anti-eroi e welfare. E tante lacrime. Infantili.
Carlo Gambescia
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