Il M5S e il
reclutamento e la selezione delle élites
Di virtuismo (e senza una classe politica) si può morire
I pentastellati
sono in difficoltà. Hanno un problema
non facilmente superabile. Quale? Di selezione e reclutamento della classe politica, in particolare
degli amministratori locali. Si pensi a Roma, che rappresenta la realtà, anche simbolicamente, più importante: per la sindaca Raggi, e non solo per questioni interne, non è
stato affatto semplice mettere insieme una giunta comunale di qualità: quella presentata, come dire, è così così. Infatti, se si scorrono le biografie si scopre che profilo degli assessori non è molto elevato: siamo davanti a figure, con titoli accademici per carità, ma di secondo piano (*). Prive perciò di quei saldi legami
istituzionali, in alto, verso l’establishment
(imprese, banche, sindacati, chiesa, amministrazione dello stato, magistratura,
polizia, forze armate). Ciò significa che sindaca e giunta, piaccia o meno, solo per farsi
prendere sul serio dovranno impegnarsi più dei predecessori. E non è detto che vi riescano. Di più, questa marginalità, implica, in basso, di non
poter contare su una rete di persone (dallo staff degli assessori
ai collaboratori esterni fino ai funzionari comunali), a sua volta in grado, sempre per
prestigio e preparazione, di implementare, sostenere, integrare, veicolare verso l’indotto politico-amministrativo, le decisioni dell’amministrazione
comunale.
Il
reclutamento del personale politico - questione sociologica per eccellenza - non è uno scherzo. Si fa presto a dire “ cambieremo tutto”. La politica, anzi la policy, ha un lato tecnico-organizzativo
che richiede, diremmo impone, prestigio,
relazioni e competenze. Sicché tutto diviene più difficile, quando nei criteri
di scelta degli attori politici entrano in conflitto fedeltà politica e capacità relazionali e organizzative. Insomma, quando si deve scegliere chi mettere dove e perché. Soprattutto,
come nel caso del M5S, dove la fedeltà politica si nutre di un controproducente virtuismo, di regola, fonte
del peggiore immobilismo decisionale.
Ci
spieghiamo meglio: si può essere fedeli politicamente, ma privi di
competenze e relazioni, insomma, politicamente inutili se non pericolosi.
Pertanto
una élite politica non può
selezionare e reclutare il suo personale
solo sulle basi della fedeltà e per
giunta a un’ ideologia antipolitica (il virtuismo di cui sopra). E', una battuta, ma fino a un certo punto: perfino Lenin - e in Russia c'era stata una rivoluzione con guerra civile al seguito - dovette ricorrere per mandare avanti l'economia ai tecnici borghesi di cui non si fidava. Tecnici, per così dire, altrettanto necessari, anzi molto di più, in una democrazia complessa, come quella odierna, dove si riceve un mandato elettorale revocabile.
Tutto
ciò, per il M5S, la cui leadership, ripetiamo, si basa su rigidi criteri di fedeltà politica a quella che Croce, definì giustamente, l’utopia
degli imbecilli (il moralismo politico), può trasformarsi in boomerang. Per ora sul piano locale. Figurarsi, domani, su quello nazionale…
La
quantità dei consensi ricevuti e il repentino passaggio dall’opposizione al
governo, possono rappresentare, sotto il lato organizzativo, un ostacolo
insormontabile alla cosiddetta transizione, attiva e positiva, dalla politics alla policy,
ossia, semplificando, dal dire al fare.
Si
pensi al mix esplosivo costituito dalle spinte
dal basso ( dell’elettore conquistato dalle “grandi promesse di cambiamento”
che quindi “vuole” tutto e subito ) e dalle spinte dall’alto ( da un lato opposizioni ed establishment
inevitabilmente ostili, dall’altro una
élite incapace di scegliere tra fedeltà e competenza, o comunque, considerata
la tempistica, piuttosto veloce, di
ripiegare sulla fedeltà).
Il
M5S, insomma, rischia di restare vittima del proprio successo, nonché, a voler essere rigorosi, della sua stessa ideologia.
Carlo Gambescia
Di Maio, untuosetto leader, ha fatto già il giro delle sette chiese, quelle che contano oggi, come trilateral e city (minuscola per disprezzo)per accreditarsi. O i pentastellati si prostrano al sistema o il sistema li spelliccia. Il dilettantismo alla fine non paga. Il potere logora chi crede di averlo per vittoria elettorale (vedi Berlusconi) per scoprire poi di non contare nulla. Giustissime le tue considerazioni. Ottimo pezzo.
RispondiEliminaGrazie Angelo! Un abbraccio!
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