La
riflessione sociologica
Se
Dio non esiste neppure per Papa Francesco…
«“Dov’è Dio?” È la domanda retorica
posta da Papa
Francesco in apertura
del suo discorso, tenuto al termine della Via Crucis con i giovani della Giornata
mondiale della gioventù di Cracovia.
“Dov’è Dio –
ha detto il pontefice – se nel mondo c’è il male, se ci sono uomini affamati,
assetati, senzatetto, profughi, rifugiati?
Dov’è Dio, quando persone innocenti muoiono a causa
della violenza, del terrorismo, delle guerre? Dov’è Dio, quando
malattie spietate rompono legami
di vita e di affetto? O
quando i bambini vengono sfruttati, umiliati, e anch’essi soffrono a causa
di gravi patologie? Dov’è Dio, di fronte all’inquietudine dei dubbiosi e degli
afflitti dell’anima?”.
“Esistono domande per le quali non ci
sono risposte
umane – ha continuato
Bergoglio – Possiamo solo guardare a Gesù, e domandare a
Lui. E la risposta di Gesù è questa: Dio è in loro, soffre
in loro, profondamente identificato con ciascuno. Egli è così unito ad essi,
quasi da formare un solo corpo”.»
Abbiamo ripreso “le frasi forti” di Francesco dal sito del “Fatto quotidiano”, da sempre, laicamente, molto attento a ogni dichiarazione del Papa.
Diciamo che la domanda che si pone
Francesco, se la pongono da sempre sia
coloro che credono, quando sconvolti dai dubbi nei momenti di dolore, come
attesta il Vecchio Testamento, sia i non
credenti, per così dire, militanti quando mettono in discussione l’esistenza di Dio. Siamo perciò davanti al classico problema
della spiegazione dell’esistenza del male nel mondo. Della teodicea, per dirla in
termini dotti. Quindi nulla di nuovo, teologicamente parlando.
Invece sotto il profilo sociologico, il
fatto nuovo è rappresentato da un Papa che pubblicamente si interroga sul pilastro (l’esistenza di Dio) sul quali si
regge Chiesa-Istituzione. Francesco mostra di
provare gli stessi dubbi di tanti fedeli (e non), invita più a convivere con le incertezze (che a superarle), sottolineando, come si legge, l’impossibilità
di risposte umane e l'importanza evocatrice del
Cristo sofferente, figura centrale di una teologia della divinizzazione del povero. Ovviamente, non entriamo nel merito della questione teologica.
Non siamo competenti.
Però da studiosi di cose sociali sappiamo che il dubbio ha un
enorme forza dissolutiva nei riguardi dei regimi politici e sociali. Potere che cresce
in relazione, come dire, alla capacità di
assorbimento del dubbio da parte delle strutture organizzative.
In un regime democratico il dubbio è la norma, e di riflesso esistono meccanismi capaci di
gestirlo (mass media, pubblica opinione, parlamenti), in
quello aristocratico, in linea di principio, viene invece guardato con sospetto e di conseguenza, sul piano organizzativo, le capacità di
assorbimento sono ridotte. Va comunque
sottolineato, che in qualsiasi forma istituzionale, quando si rinuncia all’uso repressivo della forza, il dubbio, al di là della
retorica ufficiale, viene alla fin fine dibattuto in segreto tra le élites dirigenti, lontano dai fragori e dalle emozioni collettive, proprio per trovare soluzioni organizzative, razionali, plausibili
e compatibili con il contesto istituzionale. E uno dei meriti della Chiesa Cattolica,
regime politicamente e sociologicamente aristocratico, è quello di aver saputo gestire per secoli la sfida del dubbio, come dire, biblico, puntando su risposte assolute e istituzionalmente coerenti, senza rinunciare talvolta a forme di compromesso, tuttavia mai fino al punto di mettere in pericolo la coerenza della sua struttura istituzionale: siamo dinanzi a un grande esempio di razionalità decisionale, come dire, interna, ossia perfettamente rapportata, in termini di relazione mezzi-fini, ai propri valori organizzativi. Questo però è accaduto fino all’arrivo delle cosiddette correnti
moderniste, imbevute di cultura democratica e quindi piene di dubbi sistematici o meno. Sicché la
Chiesa , istituzione
gerarchica e dogmatica, si è trovata, per ragioni che qui sarebbe lungo e
controverso indagare, a dover introdurre al suo interno un principio di tipo democratico e antidogmatico, quello del
dubbio. E l’affermazione, tra l’altro pubblica, di Francesco, che è
lecito dubitare dell’esistenza di Dio e addirittura convivervi,
conferma che la Chiesa persevera.
È un male? Un bene? Difficile dire, dal momento che la risposta varia in base alla visione “politica” che si avrà in merito alle dinamiche trasformative della Chiesa-Istituzione. Per un modernista tutto ciò è bene, per un tradizionalista invece è male. E per il sociologo? Diciamo che siamo davanti a un processo di riorganizzazione socio-cognitiva sulla base di nuovi valori di tipo democratico. Pertanto quanto piùla Chiesa accetterà la logica del dubbio tanto più minerà i suoi principi organizzativi, aristocratici e dogmatici. E questo è un “fatto
sociologico”, “duro”. Che ognuno di noi
può interpretare come (politicamente)
desidera.
È un male? Un bene? Difficile dire, dal momento che la risposta varia in base alla visione “politica” che si avrà in merito alle dinamiche trasformative della Chiesa-Istituzione. Per un modernista tutto ciò è bene, per un tradizionalista invece è male. E per il sociologo? Diciamo che siamo davanti a un processo di riorganizzazione socio-cognitiva sulla base di nuovi valori di tipo democratico. Pertanto quanto più
Carlo
Gambescia
Se la citazione è fedelmente rappresentativa del discorso papale, in realtà non si tratta di un dubbio insinuato nelle coscienze credenti.
RispondiEliminaE se fosse solo un dubbio, neppure questo farebbe problema. Perché d'altra parte, il "credente" è un "non-credente" che ogni volta si ri-conveerte a Lui, che ogni volta ri-comincia daccapo e ri-sceglie di ri-affidarsi a Lui...
No. Il problema lo fa il particolare tipo di risposta al dubbio, perfettamente rappresentata dal combinato disposto delle parole in grassetto della citazione.
Risposta che, più che una cristologia, sembra configurare un particolare tipo di pauperologia (e, N.B., di un ben preciso tipo di "pauper"). Il passaggio dal sembrare all'essere, in tale contesto, questo sì che è davvero dissolvente, anche sociologicamente parlando, come dissolvente è la separazione da se stessi ...
LuigiP.
Grazie Luigi, dell'integrazione. Ben tornato al commento. Concordo. Nell'articolo, forse troppo in "sociologhese", parlo anch'io della gestione della "risposta" al dubbio da parte della Chiesa-Istituzione, ruolo il cui si è dimostrata maestra, almeno fino all'"attacco modernista".... Un abbraccio! P.S. Il grassetto è nel testo.
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