venerdì 29 luglio 2016

Gli italiani e il terrorismo  jihadista,  un  recente sondaggio
La propensione alla normalità, basterà?



Secondo un recente sondaggio (*)  per il 66,5 %  degli intervistati  l’Italia è  a medio rischio attentati, mentre per il 27,2 % ad alto (solo per il 6,3 % invece il  rischio invece è  zero).  Il 54,3 ha paura di attentati, il 45,7% no. Sulle motivazioni  del terrorismo,  il 32 % degli intervistati individua la causa nell’intervento dei paesi occidentali in Siria e Iraq, il 30,3 % ritiene invece che le cause siano religiose, per il 23,6 % i terroristi sono semplicemente dei folli, per il 10,2 % la mancanza di integrazione, per il 3,9 % la povertà.  Infine, nonostante il pericolo di attentati l’82,9 % degli intervistati non muterà il piano vacanze.
Come interpretare questi dati? Il sociologo dispone di  una  scala delle  reazioni comportamentali ai pericoli sociali.  Vediamola insieme.
Fase 1: si tende a rimuovere il pericolo (“Inutile allarmismo”), gli attori sociali, come è  noto in letteratura, sono "affamati" di normalità;  Fase 2:  prevale la logica dei grandi numeri ( “Massì, bastano maggiori misure di prevenzione e poi non è detto che tocchi a me”); Fase 3: ci si comincia a dividere in “fatalisti” (“Accada quel che deve accadere”) e timorosi (“Oggi potrei non tornare a casa…”); Fase 4:  i timorosi, sempre  più vittime della paura si fanno maggioranza, e  chiedono misure, anche drastiche, pur di tornare alla normalità (“Basta! Abbiamo paura! Difendeteci, a ogni costo!”); Fase 5:  la paura dilaga, e nascono  gruppi di autodifesa (“Lo Stato non ci difende faremo da soli”): il grido più diffuso, sintetizzando il concetto, diviene "Normalità! Normalità!";  Fase 6: in base agli sviluppi, o si  torna la normalità, quindi all'inizio del ciclo, o si vive nell'annichilimento sociale, inebetiti, aggirandosi tra le macerie, come dopo un bombardamento aereo.    
Come  ben  evidenziano le risposte sulle vacanze e sul medio rischio, l’Italia  è nelle fasi 2-3, con punte sommerse addirittura nella fase 1:  diciamo  che ci si divide  tra   “ calma ostentata,   grandi numeri e fatalismo”, cui però  va ad aggiungersi, qualificando meglio il tutto,  il “mea culpa”.  Come prova  la  visione  auto-colpevolizzante degli intervistati  sulle   cause  del terrorismo: per quasi per il 70 %   i terroristi sono  folli o vittime dell’Occidente - sintetizzando -  invasore, razzista e capitalista. Inoltre, l’accento sulla pazzia, indica l' incapacità collettiva di “pensare la guerra” in modo realistico. Che invece  viene  “pensata” come un fenomeno patologico, secondo canoni psichiatrici dalle fortissime inflessioni etiche.  E  non per ciò che  realmente è: un fenomeno di natura sociologica e polemologica.  Si tratta di un atteggiamento irenico (addirittura "irenologico"), purtroppo,  non solo italiano.  
Naturalmente, sono reazioni  che possono  mutare in relazione all’intensità scalare dei possibili attentati e alla capacità reattive delle istituzioni. Diciamo che per ora, probabilmente perché l’Italia non ha  ancora subito attentati sul  suo  territorio, si continua a vivere come sempre, o quasi.
Su questa “propensione alla normalità”,  ovviamente si possono dare giudizi, anche politici, diversi.  Il punto è,  se potrà bastare da sola a contrastare il terrorismo. E, soprattutto, se resisterà a una sua escalation.  

Carlo Gambescia                                 

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