Lo scontro fra treni in Puglia
È tutta colpa del Meridionalismo (piagnone)
Ogni
volta che il Sud viene sconvolto da una
catastrofe di qualsiasi tipo, ultima
quella ferroviaria dell’altro giorno, si
scatena l’orchestra dei piagnoni, che intona la marcia funebre del Mezzogiorno abbandonato e tradito dalle istituzioni. Si veda ad esempio l’editoriale su
“Repubblica” di un virtuoso della
materia come Roberto Saviano.
Ora,
se esiste un esempio da manuale, di ciò che potremmo chiamare il fallimento dello stato (di troppo stato, altro che assenza...), dunque delle istituzioni, esso è rappresentato dal Mezzogiorno d’Italia. Per i dati (catastrofici) di ciò che è stato investito nel Sud, soprattutto
durante la Prima Repubblica
(ma anche prima negli anni del fascismo),
si vedano i bei libri di Emanuele Felice, giovane studioso, al di sopra di ogni
sospetto (*).
Quale
doveva essere l’obiettivo dei finanziamenti pubblici? Lo sviluppo di un’economia di mercato, libera e capace di crescere
da sola. Il che non è stato. E per quale ragione? Perché il finanziamento pubblico a pioggia, al di là
delle scontate distorsioni clientelari di tipo politico-economico (bretelle
inutili, cattedrali nel deserto, cementificazioni), ha favorito il
consolidamento dell’assistenzialismo e del
protezionismo sociale. Le uniche
imprese private che si sono
sviluppate nel secondo
dopoguerra, prendendo vigore dai "traffici" intorno finanziamenti pubblici, sono le
organizzazione criminali.
In
pratica, le mafie (al plurale, per inglobarle concettualmente) hanno
tratto vantaggio sia dalla distorsione dei
finanziamenti pubblici, sia dal conseguente
mancato sviluppo di una vera economia di mercato. Pertanto senza finanziamenti, niente
corruzione, niente peculato, niente commistione mafie-politica. Semplificando: senza Meridionalismo, o comunque senza un certo tipo di Meridionalismo
piagnone, probabilmente il Sud si sarebbe liberamente sviluppato da solo. Oppure no. Di sicuro però, non saremmo qui a ragionare di sprechi pubblici, ossia di un danno collettivo, per tutti, Nord e Sud.
Si dirà: ma i finanziamenti andavano erogati, altrimenti il dislivello iniziale tra Italia Settentrionale e Meridionale oggi sarebbe ancora più ampio. Il che in parte è vero. Qui, certa vulgata meridionalista non ha torto. Ma quale doveva essere lo scopo principale dei finanziamenti pubblici in una moderna società liberale (ammessa e non concessa la bontà della politica economica keynesiana)? Favorire la nascita di una società di mercato? Oppure favorire la nascita di una società protetta? Come invece è avvenuto. Sicché, il dislivello denunciato nel 1861, che comunque permane, nulla toglie nulla aggiunge alla questione - vera, la ciccia, se ci passa l'espressione - della modernizzazione liberale. Mancata.
Si dirà: ma i finanziamenti andavano erogati, altrimenti il dislivello iniziale tra Italia Settentrionale e Meridionale oggi sarebbe ancora più ampio. Il che in parte è vero. Qui, certa vulgata meridionalista non ha torto. Ma quale doveva essere lo scopo principale dei finanziamenti pubblici in una moderna società liberale (ammessa e non concessa la bontà della politica economica keynesiana)? Favorire la nascita di una società di mercato? Oppure favorire la nascita di una società protetta? Come invece è avvenuto. Sicché, il dislivello denunciato nel 1861, che comunque permane, nulla toglie nulla aggiunge alla questione - vera, la ciccia, se ci passa l'espressione - della modernizzazione liberale. Mancata.
Società
protetta, significa alcune cose, tutte socialmente pericolose: vittimismo, individualismo assistito, familismo e corporativismo, corruzione, peculato, mafie. E soprattutto, un sistema mentale,
diffuso a livello collettivo, che
addossa agli altri, allo stato in particolare, la propria, e colpevole, facilità
di adattamento culturale a un’economia della mano tesa a fondo (economico)
perduto. Pensiamo a una vera e propria voragine morale ed economica, alimentata da un insensato
vittimismo, a sua volta auto-alimentato dal meridionalismo istituzionale "della lacrimuccia": un piangersi addosso, che sul piano delle politiche economiche ha influito, in termini di cortocircuito tra causa ed effetto, sulla dispersione di quei finanziamenti
pubblici, gli unici veramente utili, come nel caso dell’ammodernamento tecnologico della rete ferroviaria periferica.
Il
lettore, non si meravigli, non siamo
improvvisamente diventati difensori dell’intervento pubblico. Ma un altro dei
problemi causati dalla società protetta,
una volta storicamente strutturatasi, è rappresentato dall' occultamento delle aree economiche dove effettivamente occorre l’intervento
pubblico. Dal momento che esiste il fallimento dello stato, ma c’è anche quello del mercato. In alcuni settori, pochi per la
verità, tuttavia esiste.
I liberali, tra i quali Giolitti (per non dire
di Cavour), compresero perfettamente, l’importanza delle ferrovie e del ruolo determinante
dello stato nella costruzione e gestione delle stesse in un paese oblungo, dalle mille città, tagliato in due dagli Appennini e isolato dal resto dell' Europa dall'arco alpino. E in
quel senso operarono. E bene ( o quasi). Il che però non doveva ( e non poteva) significare, finanziamenti a pioggia estesi a tutti i
settori dell’economia meridionale. Come invece è andata.
Ovviamente,
la nostra “narrazione”, come oggi si dice, non può piacere ai teorici del vittimismo sudista: il Meridionalismo
piagnone. Coloro che hanno alimentato e
alimentano quella mentalità “di attesa della manna pubblica dal cielo” , “perché non è colpa
nostra” e "perciò ci spetta"; atteggiamento che tuttora contraddistingue i meridionali (magari non di tutti) al punto di farne una bandiera.
Che
dire? Purtroppo, e addolora scriverlo, chi di
denaro pubblico ferisce, di denaro pubblico perisce. Senza rendersene conto, perché alla mentalità non si comanda. È così, e basta. Anche quando accade su un treno.
Carlo Gambescia
(*) E. Felice, Perché il Sud è rimasto
indietro, il Mulino 2014 ( https://www.mulino.it/isbn/9788815247926 ) ;
Id., Ascesa e declino. Storia economica d’Italia,
il Mulino 2015 ( https://www.mulino.it/isbn/9788815257857 ).
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