Giorgia Meloni, una donna sull'orlo della crisi di nervi
Giorgia
Meloni ha querelato Francesco Merlo di “Repubblica” per un
articolo (*) dove il giornalista usa dei virgolettati per attribuire alla leader di FdI, come la stessa Meloni dichiara,
frasi mai pronunciate.
Di qui, la natura calunniosa e offensiva,
eccetera, eccetera. Merlo
non ha replicato rimettendosi al giudice. Per una equilibrata ricostruzione
della vicenda rinviamo all’articolo
di Giovanni Drogo uscito su “Next” (**).
In
realtà, Giorgia Meloni, virgolettati o meno, ogni giorno esprime e amplifica una
sensibilità di estrema destra, ricorrendo a luoghi comuni che
riconducono a un neofascismo
larvato da maggioranze silenziose. Per fare un esempio: quello del "si stava meglio quando si stava
peggio". Qui un florilegio di sue citazioni capace di chiarire il concetto (***).
Pertanto,
Giorgia Meloni, a prescindere dalle virgolette, propugna
una visione politica che è l’esatto contrario di ogni buon
discorso pubblico liberale
incentrato sul valore fondante del rispetto verso la diversità.
Tolleranza che -
attenzione - non è riconducibile al ciascuno
a casa sua, difeso a spada tratta dalla Meloni, ma al dialogo in casa nostra con ogni tipo di diverso e diversità. Qui passa l’enorme differenza tra liberalismo e fascismo.
L’
antipatia o addirittura l’odio verso la diversità, espresso dalla destra
razzista e neofascista, anche se mascherato dal finto neutralismo dell’ognuno a casa sua, spinge verso il ghetto autoritario, dittatoriale se non totalitario.
Di qui la pericolosità di un personaggio politico come Giorgia Meloni.
Che, virgolette o meno, sfrutta
artatamente la libertà liberale per
affondare il discorso pubblico liberale, introducendo il disvalore
dell’intolleranza. Presentandosi però regolarmente,
come vittima di offese e
persecuzioni, che è lei stessa a provocare, giocando - ripetiamo -
sul filo del rasoio delle parole, virgolettate o meno. Di qui, quel
suo finto essere sempre sull’orlo
di una crisi di nervi, perché vittima
del bieco sistema, eccetera, eccetera.
Solo la grettezza e l’ignoranza storica
degli italiani, unita alla stupida complicità dei mass media sempre a caccia di scoop, possono permettere che un
personaggio politico del genere goda di una considerazione immeritata.
Si
spera, a proposito della querela, che
esista un giudice a Berlino. Sebbene il miglior giudice di un politico riteniamo sia l’elettore. Quale elettore però? Quello con la bava alla
bocca o quello informato, civile e tollerante? Il punto non è secondario, perché rimanda all’accettazione, da parte degli uomini
politici, delle regole del gioco del discorso pubblico liberale che
presuppongono, per così dire, tre virtù: prudenza, responsabilità e pacatezza di comportamenti e linguaggio.
Insomma, mai aizzare le folle, mai
sollecitare gli istinti peggiori insiti nelle persone, mai indicare capri
espiatori. Detto altrimenti, mai puntare sul tanto peggio tanto meglio.
Come
si può intuire non è una questione di virgolette. O no?
Carlo Gambescia
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