Premio Nobel Economia 2019
assegnato a Esther Duflo, Abhijit Banerjee, Michael Kremer
assegnato a Esther Duflo, Abhijit Banerjee, Michael Kremer
"Basta un poco di
zucchero
e la pillola va giù..."
e la pillola va giù..."
Ieri
un amico mi ha chiesto un articolo sui tre Premi Nobel Economia, Esther Duflo, Abhijit Banerjee, Michael Kremer. Un riconoscimento ricevuto “per l'approccio
sperimentale nella lotta alla povertà globale”.
Ho dovuto declinare, confessando la mia
ignoranza.
Per dirla tutta,
di solito la terminologia (“ lotta alla povertà globale”) mi dà i
brividi. L’idea di un tirannico welfare
state mondiale addirittura mi
terrorizza.
Un altro amico, economista, sempre ieri, mi ha spiegato che l’ approccio dei tre Nobel
Economia si concentra sull’istruzione e
sulla formazione. Semplificando: più
diplomati più occupati, meno poveri. Tutto qui. Insomma, per parafrasare Mary Poppins, "supertata", basta un poco
di zucchero statistico, e la pillola povertà va giù…
Il che, in realtà se si pensa al Mezzogiorno , patria ufficiale dei diplomati italiani a spasso, non sembra
proprio un’idea da Premio Nobel.
L’idea sbagliata, tipica di molti economisti di
sinistra o populisti, credo
sia quella di collegare le
“politiche attive del lavoro”, come sono chiamate con termine alla moda,
con le “politiche di lotta alla povertà”,
altra terminologia molto in voga.
In realtà, si tratta di due cose profondamente
diverse. Le politiche attive del lavoro rinviano a profili di soggetti attivi che aspirano a integrarsi, adattarsi, mentre le politiche
contro la povertà rimandano a soggetti passivi, con scarse o nulle capacità di adattamento, talvolta purtroppo legate a inabilità di tipo psichico e
fisico.
Ad esempio, si tratta di una realtà, riferitami da alcuni operatori, che sta emergendo per l’Italia, o comunque in alcuni
regioni, dai primi colloqui orientativi
per il Reddito di Cittadinanza. In certe aree, addirittura a offerta forte di lavoro, quasi la metà dei percettori non si è
presentata, e la metà di coloro che si sono presentati, pur muniti di diploma
dell’obbligo o di scuola superiore, brilla per la
passività.
Cosa vogliamo dire? Che per trovare lavoro
non basta un titolo di studio, conseguito più o meno passivamente, occorre la forte
volontà di integrarsi all’interno
del mercato del lavoro. Non basta per "volare" il miracoloso ombrello-diploma di Mary Poppins. La ricerca di
lavoro implica una mente integrativa quale prolungamento applicativo, quindi volontario e intenzionale, di un atto cognitivo.
Siamo davanti a due percorsi. La lotta alla povertà rinvia non tanto alla distribuzione di diplomi quanto a storie di socializzazione e acculturazione di successo, capaci di imprimere nelle persone valori condivisi di deferenza verso il lavoro. Mentre le politiche attive del lavoro, rimandano a persone che già condividono, e convintamente, questa deferenza.
Siamo davanti a due percorsi. La lotta alla povertà rinvia non tanto alla distribuzione di diplomi quanto a storie di socializzazione e acculturazione di successo, capaci di imprimere nelle persone valori condivisi di deferenza verso il lavoro. Mentre le politiche attive del lavoro, rimandano a persone che già condividono, e convintamente, questa deferenza.
La lotta alla povertà riguarda, da parte dei
destinatari, l’accettazione dell’idea
stessa lavoro come fonte di interdipendenza sociale. Mentre le politiche attive, rimandano al
consenso diffuso intorno all’idea di lavoro come veicolo di promozione sociale,
dunque di interdipendenza e crescita personale e sociale.
Per dirla altrimenti, le politiche attive
impongono un’idea capitalistica, in
qualche misura weberiana, del lavoro,
come momento alto nella vita delle persone.
Il che richiede soggetti attivi, acculturati, capaci di recepirla e non soggetti passivi che volenti o nolenti condividono, nella migliore delle ipotesi una cultura pre-capitalistica del lavoro.
Pertanto se un diploma fa uscire statisticamente
dalla povertà, non significa che il diplomato, una volta tale, condivida l’etica
del lavoro capitalistica e occidentale. E se ciò accade,
come accade, all’interno dello stesso Occidente, fìgurarsi altrove.
Carlo Gambescia
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