domenica 20 ottobre 2019

Il senso di Giorgia Meloni per  la demagogia…



Prima i fatti.  Così ieri Giorgia Meloni.

« “Piazza San Giovanni  una volta era simbolo della sinistra, dove prima c'erano le bandiere rosse adesso sventolano quelle tricolori, è un segnale cari compagni che siete stati sconfitti dalla storia. Noi in piazza per chiedere la libertà e voi barricati nei palazzi. Non parlo solo del Pd ma anche dei 5 Stelle, adesso sono stipati come sardine in salamoia”. In conclusione del suo intervento la Meloni ha sottolineato che il centrodestra si batterà “per difendere la nostra integrità, Dio patria e famiglia e fatevene una ragione”».

Certo, una manifestazione di piazza non può essere un raffinato seminario universitario. Si parla a una   folla che chiede emozioni e atti di fede, che  non ragiona ma crede  nei miracoli  politici.  
Però  esiste sempre  un limite,  una soglia della volgarità e della stupidità che  non  può essere superata. Anzi, che non va mai superata, per il bene dell’elettore stesso.  Ci spieghiamo meglio.  

Volgarità, nel senso della riduzione dei  concetti politici a  formule magiche, a sfondo miracolistico:  pura superstizione  politica  che agisce nocivamente, secondo il meccanismo del capro espiatorio, a livello pre-razionale, manifestandosi  attraverso  incontrollate  reazione collettive, quasi di tipo  istintivo. Insomma, prive di remore sociali.       
Stupidità, nel senso di non capire che in questo modo si tramuta  la politica  in  scontro a colpi di   clava:  in qualcosa di   autolesionistico. Perché, così facendo,   si spinge l’avversario a usare a sua  volta la clava.  E così via, lungo una spirale della violenza che da verbale può trasformarsi in fisica, per  rivolgersi contro gli stessi che hanno sparato il primo colpo.
Ad esempio, dare per sconfitto il comunismo solo perché in una democrazia liberale, cosa normalissima, le  piazze sono a disposizione di tutti, dei tricolori come delle bandiere rosse,  significa dire  una cosa  volgare  e stupida. Volgare perché, frantumando cognitivamente  la complessità storica,  si trasmette l’idea  che vi sia un senso storico,  unico, placido  e definitivo.  Si celebra la storia come  una  marcia trionfale  da sinistra a destra.  Stupido, perché oltre a non essere così, si accetta senza riflettere, l’idea opposta, speculare,   che esista  un senso unico,  contrario,  da destra a sinistra: tesi,  a sua volta,  propugnata  in modo entusiasta dalle piazze “comuniste”. Per la serie continuiamo a farci del male a vicenda.. 
Altro esempio,  dio, patria e famiglia.  Nel mondo di oggi queste idee  sono qualcosa di complesso e perfino  contraddittorio.  Di sicuro,  gli uomini e le donne  che ieri  in piazza condividevano rumorosamente le parole della Meloni, nella pratica rifiutano i matrimoni combinati dai genitori,  praticano la convivenza, sono felici di aver evitato il servizio militare, e non frequentano la chiesa.
Ma, ecco il punto,  si comportano così, non perché  peccatori o cattivi padri e cittadini,  ma perché nell’immaginario sociale  dio, patria e famiglia  non hanno più  un ruolo centrale:  sono, piaccia o meno,  valori marginali. Anche qui si attribuisce stupidamente  un senso unico alla storia,  e regressivo.  Perché si  volgarizza  l’idea che  dio, patria, famiglia  siano verità assolute accettate da tutti, dalle quali sia peccato o errore sociale, dunque un regresso,  allontanarsi.   Mentre, soprattutto oggi,  non funziona  così. Le persone, giustamente,  fanno come desiderano.  Del resto  la gente comune, e  da sempre, tende a vivere nel presente.  Al massimo in colloquio con la generazione subito precedente o successiva.  Insomma,  parla, senza neppure saperlo, nella prosa della lingua quotidiana, prosa che fa a meno della poesia del senso storico. Ma questa è un'altra storia.  Anzi antropologia.   

Qui però veniamo al terribile  risvolto  totalitario che caratterizza tutte le forze politiche, di destra come di sinistra,  quando  credono, e impongono di credere, che la storia sia dalla loro parte. Una credenza  da cui discende la pericolosa  idea di eliminare, o ridurre al silenzio, i non credenti:  coloro che "osino"  pensare diversamente. 
Infine, l’immagine, evocata dalla Meloni,  della contrapposizione tra   élite, cattiva,  chiusa nei palazzi del potere e   popolo, buono ed escluso,  che freme nelle piazze,  è come  hanno spiegato Pareto, Mosca e Michels, antipolitica, antisociologia e antistorica.  Il potere per ragioni organizzative  non può che essere esercitato da pochi.   
Quei “pochi” però  che,  grazie  alla democrazia liberale, si avvicendano sul  ponte di comando  in modo pacifico,  senza rivoluzioni e guerre civili.  La scheda ha felicemente  sostituito il fucile, almeno nella politica interna.  Certo, non sappiano quanto durerà. Però perché facilitare l' opera dei guastatori armati di senso storico?   Insomma,  illudere la gente  che Pareto, Mosca e Michels abbiano torto  è volgare,  perché, se ci si perdona la caduta di stile,  è come se in  classe, durante l'ora di fisica,  si rispondesse con un rutto  alla spiegazione del professore  della legge di gravità.   Ed è stupido perché si illudono le persone, accrescendo  aspettative che non potranno mai essere soddisfatte, come quella della democrazia diretta.
Un vero politico dovrebbe  sapere sempre  dove fermarsi. Capire  fin dove spingersi  senza causare  danni irreversibili  al cervello degli  elettori e al  funzionamento istituzionale  del  sistema  liberal-democratico.      
Sotto questo profilo, il senso di Giorgia Meloni per la demagogia è molto simile a quello di Smilla per la neve...  

Carlo Gambescia