Il senso di Giorgia Meloni
per la demagogia…
Prima i fatti. Così ieri Giorgia Meloni.
« “Piazza San Giovanni una
volta era simbolo della sinistra, dove prima c'erano le bandiere rosse adesso
sventolano quelle tricolori, è un segnale cari compagni che siete stati sconfitti
dalla storia. Noi in piazza per chiedere la libertà e voi barricati nei
palazzi. Non parlo solo del Pd ma anche dei 5 Stelle, adesso sono stipati come
sardine in salamoia”. In conclusione del suo intervento la Meloni ha sottolineato che
il centrodestra si batterà “per difendere la nostra integrità, Dio patria e famiglia
e fatevene una ragione”».
Certo, una manifestazione di piazza non può essere un raffinato
seminario universitario. Si parla a una
folla che chiede emozioni e atti di fede, che non ragiona ma crede nei miracoli
politici.
Però esiste sempre un limite,
una soglia della volgarità e della stupidità che non
può essere superata. Anzi, che non va mai superata, per il bene
dell’elettore stesso. Ci spieghiamo meglio.
Volgarità, nel senso della riduzione dei concetti politici a formule magiche, a sfondo
miracolistico: pura superstizione
politica che agisce nocivamente,
secondo il meccanismo del capro espiatorio, a livello pre-razionale, manifestandosi attraverso incontrollate
reazione collettive, quasi di tipo istintivo. Insomma, prive di remore sociali.
Stupidità, nel senso di non capire che in questo modo si
tramuta la politica in
scontro a colpi di clava: in
qualcosa di autolesionistico. Perché, così facendo, si spinge l’avversario a usare a sua volta la clava. E così via, lungo una spirale della violenza
che da verbale può trasformarsi in fisica, per rivolgersi contro gli stessi che
hanno sparato il primo colpo.
Ad esempio, dare per sconfitto il comunismo solo perché in una
democrazia liberale, cosa normalissima, le
piazze sono a disposizione di tutti, dei tricolori come delle bandiere
rosse, significa dire una cosa
volgare e stupida. Volgare perché,
frantumando cognitivamente la complessità storica, si
trasmette l’idea che vi sia un senso storico, unico, placido e definitivo. Si celebra la storia come una marcia trionfale da sinistra a destra. Stupido, perché oltre a non essere così, si
accetta senza riflettere, l’idea opposta, speculare, che esista un senso unico, contrario, da destra a
sinistra: tesi, a sua volta, propugnata in
modo entusiasta dalle piazze “comuniste”. Per la serie continuiamo a farci del
male a vicenda..
Altro esempio, dio, patria
e famiglia. Nel mondo di oggi queste idee sono qualcosa di complesso e perfino contraddittorio. Di sicuro, gli uomini e le donne che ieri in piazza condividevano rumorosamente le parole della Meloni,
nella pratica rifiutano i matrimoni combinati dai genitori, praticano la convivenza, sono felici di aver
evitato il servizio militare, e non frequentano la chiesa.
Ma, ecco il punto, si comportano così, non perché peccatori o cattivi padri e cittadini, ma perché nell’immaginario sociale dio, patria e famiglia non hanno più un ruolo centrale: sono, piaccia o meno, valori marginali. Anche qui si attribuisce stupidamente un senso unico alla storia, e regressivo. Perché si volgarizza l’idea che dio, patria, famiglia siano verità assolute accettate da tutti, dalle quali sia peccato o errore sociale, dunque un regresso, allontanarsi. Mentre, soprattutto oggi, non funziona così. Le persone, giustamente, fanno come desiderano. Del resto la gente comune, e da sempre, tende a vivere nel presente. Al massimo in colloquio con la generazione subito precedente o successiva. Insomma, parla, senza neppure saperlo, nella prosa della lingua quotidiana, prosa che fa a meno della poesia del senso storico. Ma questa è un'altra storia. Anzi antropologia.
Ma, ecco il punto, si comportano così, non perché peccatori o cattivi padri e cittadini, ma perché nell’immaginario sociale dio, patria e famiglia non hanno più un ruolo centrale: sono, piaccia o meno, valori marginali. Anche qui si attribuisce stupidamente un senso unico alla storia, e regressivo. Perché si volgarizza l’idea che dio, patria, famiglia siano verità assolute accettate da tutti, dalle quali sia peccato o errore sociale, dunque un regresso, allontanarsi. Mentre, soprattutto oggi, non funziona così. Le persone, giustamente, fanno come desiderano. Del resto la gente comune, e da sempre, tende a vivere nel presente. Al massimo in colloquio con la generazione subito precedente o successiva. Insomma, parla, senza neppure saperlo, nella prosa della lingua quotidiana, prosa che fa a meno della poesia del senso storico. Ma questa è un'altra storia. Anzi antropologia.
Qui però veniamo al terribile risvolto
totalitario che caratterizza tutte le
forze politiche, di destra come di sinistra, quando credono, e impongono di credere, che la storia sia dalla loro parte.
Una credenza da cui discende la
pericolosa idea di eliminare, o ridurre al silenzio, i non credenti: coloro che "osino" pensare diversamente.
Infine, l’immagine, evocata dalla Meloni, della contrapposizione tra élite, cattiva, chiusa nei palazzi del potere e popolo, buono ed escluso, che freme nelle piazze, è come hanno spiegato Pareto, Mosca e Michels,
antipolitica, antisociologia e antistorica.
Il potere per ragioni organizzative
non può che essere esercitato da pochi.
Quei “pochi” però che, grazie alla democrazia liberale, si
avvicendano sul ponte di comando in modo pacifico, senza
rivoluzioni e guerre civili. La scheda ha felicemente sostituito il fucile, almeno nella politica interna. Certo, non sappiano quanto durerà. Però perché facilitare l' opera dei guastatori armati di senso storico? Insomma, illudere la gente che Pareto, Mosca e Michels abbiano torto è volgare, perché, se ci si perdona la caduta di stile, è come se in classe, durante l'ora di fisica, si rispondesse con un rutto alla spiegazione del professore della legge di gravità. Ed è stupido
perché si illudono le persone, accrescendo
aspettative che non potranno mai essere soddisfatte, come quella della democrazia diretta.
Un vero politico dovrebbe sapere
sempre dove fermarsi. Capire fin dove spingersi senza causare danni irreversibili al cervello degli elettori e al funzionamento istituzionale del
sistema liberal-democratico.
Sotto questo profilo, il senso di Giorgia Meloni per la demagogia è
molto simile a quello di Smilla per la neve...
Carlo Gambescia