Speranza e Di Maio
sul welfare a singhiozzo per ricchi e terroristi
La lotta per lo stato di diritto
Per
alcuni il liberalismo è “uguaglianza davanti alla legge”,
per altri “più assistenza sociale”. E in
infine per altri ancora, “libertà di
poter esprimere qualsiasi tipo idea, perfino contraria al liberalismo stesso”.
Nel
primo caso abbiamo lo stato di diritto, nel secondo il welfare state, nel terzo
una specie di stato anarchico delle opinioni. E' proprio così? Il
Liberalismo rimanda a queste tre cose, magari messe insieme? Diciamo, stato di diritto, welfare state e
stato libertario? No. Neppure, se prese
singolarmente e in condizioni di fatto. Soprattutto lo stato di diritto, come vedremo. Che va inteso, anticipiamo, come fattore elitario e regolativo.
Intanto, due
esempi negativi.
Secondo
il nuovo Ministro della Sanità, Roberto Speranza , chi ha di più deve pagare di più per le cure. Non è giusto che un povero e un miliardario -
testuale - siano messi sullo stesso piano.
Secondo il Ministro degli Esteri, carica altissima, Luigi Di Maio, alla
terrorista Federica Saraceni, condannata per l’assassinio del professor D’Antona, deve
essere revocato il reddito di cittadinanza,
perché moralmente indegna.
Che
dire? Siamo davanti alla violazione flagrante del principio di uguaglianza. Eppure, stando ai sondaggi in materia, la maggioranza delle persone sembra essere d'accordo con Speranza e Di Maio.
Si impongono due osservazioni.
Se
il diritto alla salute ha valore universale, cioè se davanti al male siamo
tutti uguali, ricchi e poveri, allora va
respinto qualsiasi provvedimento contrario al principio di uguaglianza
Se
il diritto all’assistenza sociale ha valore universale, cioè se davanti al male
sociale, siamo tutti uguali, terroristi e non terroristi, allora, va respinto
qualsiasi provvedimento contrario al principio di uguaglianza.
Ovviamente,
questi principi universali, sono poi articolati sul piano legislativo. Ecco allora che lo stato di diritto si trova a dovere ammettere eccezioni, che poi sono sempre
politiche e quindi dipendenti dallo stato anarchico delle opinioni. Nel primo caso, abbiamo così l’introduzione del principio di progressività
fiscale in odio ai ricchi. Nel secondo, l’applicazione del principio di progressività politica dei reati in odio agli sconfitti
politici.
Il
diritto diventa così materia flessibile, politicamente flessibile, che consente
i cosiddetti due pesi due misure. Va a singhiozzo. Inevitabilmente, il principio
dell’ uguaglianza formale diventa l’uguaglianza
del diritto positivo (
costituzioni, codici e leggi), diritto che può essere articolato e riarticolato come una pistola puntata davanti al determinati categorie di cittadini, da discriminare politicamente, di volta in volta.
A singhiozzo come dicevamo.
Sicché,
nessuna uguaglianza per i ricchi perché devono pagare di più e nessuna uguaglianza per le famiglie dei terroristi che devono patire
la fame. Quindi, per alcune categorie di persone, niente stato sociale. In fondo, che ci vuole? Basta cambiare le leggi, o violarle, magari trovando qualche cavillo per salvare le
apparenze e accontentare gli anarcoidi desiderata politici del momento. Quelli che vanno per la maggiore.
Per
quale ragione l’uguaglianza davanti alle legge resta così difficile da perseguire? Perché è un concetto
giustissimo, ma troppo nobile e
astratto. Di conseguenza gli uomini non
lo capiscono e tendono ad applicarlo in base alle proprie
convenienze materiali. Di qui, le
articolazioni e riarticolazioni del
diritto (anche costituzionale), nonché le
sconcertanti dichiarazioni (fino a un
certo punto), addirittura da parte di
chi dovrebbe sapere certe cose come due
ministri della Repubblica.
Ma
allora che cos’è il liberalismo? Diciamo
che è lotta dell’uomo contro se stesso,
contro i propri pregiudizi politici e sociali: lotta per lo “stato di diritto”, lotta per un fattore "terzo" che rinvia al governo impersonale della legge.
Il
vero punto però, ripetiamo, è che il concetto di uguaglianza
formale è molto più difficile da capire di quello di uguaglianza sostanziale, concetto, quest'ultimo, intuibile e immediato perché riconducibile a quantità visibili di beni
posseduti o meno. Per contro, l’uguaglianza
formale rinvia a una condizione superiore dello spirito, che non è alla
portata di tutti, rinvia a valori invisibili, difficili da interiorizzare,
anche dopo i processi di socializzazione.
Ironicamente,
l’uguaglianza formale per avanzare e diffondersi, implica sul piano
concettuale la disuguaglianza
sostanziale degli intelletti. la formazione di una élite in grado di promuoverla. Insomma, la lotta
per lo stato di diritto e una lotta
compresa da pochi spiriti eletti. Il che spiega a sufficienza le vicissitudini dello stato di diritto. Ma
anche la necessità, anzi il dovere, di perseverare.
Carlo Gambescia