mercoledì 2 ottobre 2019

 Speranza e Di Maio sul welfare a singhiozzo per ricchi e terroristi
La lotta per lo stato di diritto



Per alcuni  il  liberalismo è “uguaglianza davanti alla legge”, per altri “più assistenza sociale”. E in infine per altri ancora,  “libertà di poter esprimere qualsiasi tipo idea, perfino contraria al liberalismo stesso”.   
Nel primo caso abbiamo lo stato di diritto, nel secondo il welfare state, nel terzo una specie di stato anarchico delle opinioni.  E' proprio così?  Il Liberalismo  rimanda a  queste  tre cose, magari messe insieme?  Diciamo,  stato di diritto, welfare state e stato libertario?  No.  Neppure, se prese singolarmente e  in condizioni  di fatto.  Soprattutto lo stato di diritto, come vedremo. Che va inteso, anticipiamo, come fattore elitario e regolativo. 

Intanto, due esempi negativi.  
Secondo il nuovo Ministro della Sanità, Roberto Speranza ,  chi ha di più deve pagare di più per le cure.  Non è giusto che un povero e un miliardario - testuale - siano messi  sullo stesso piano. Secondo il Ministro degli Esteri, carica altissima, Luigi Di Maio, alla terrorista Federica Saraceni,  condannata per l’assassinio del professor D’Antona, deve essere revocato  il reddito di cittadinanza, perché moralmente indegna.
Che dire?  Siamo davanti alla  violazione flagrante del principio di uguaglianza. Eppure, stando ai sondaggi in materia, la maggioranza delle persone sembra essere d'accordo con Speranza e Di Maio.
Si impongono due osservazioni.
Se il diritto alla salute ha valore universale, cioè se davanti al male siamo tutti uguali, ricchi e poveri,  allora va respinto qualsiasi provvedimento contrario al principio di uguaglianza
Se il diritto all’assistenza sociale ha valore universale, cioè se davanti al male sociale, siamo tutti uguali, terroristi e non terroristi, allora, va respinto qualsiasi provvedimento contrario al principio di uguaglianza.
Ovviamente, questi principi universali, sono poi articolati sul piano legislativo.  Ecco allora che lo stato di diritto si trova  a dovere  ammettere  eccezioni,  che poi sono sempre politiche e quindi dipendenti dallo stato anarchico delle opinioni.  Nel primo caso, abbiamo così l’introduzione del principio di progressività fiscale in odio ai ricchi. Nel secondo, l’applicazione del principio di progressività  politica dei reati in odio agli sconfitti politici.
Il diritto diventa così materia flessibile, politicamente flessibile, che consente  i cosiddetti due pesi due misure.  Va a singhiozzo. Inevitabilmente, il principio dell’ uguaglianza formale  diventa l’uguaglianza del diritto positivo  ( costituzioni,  codici e leggi), diritto  che può essere articolato e riarticolato  come  una pistola puntata davanti  al determinati categorie di cittadini, da  discriminare politicamente, di volta in volta. A singhiozzo come dicevamo.  

Sicché,  nessuna  uguaglianza per  i ricchi perché devono pagare di più  e nessuna  uguaglianza per le famiglie dei terroristi che devono patire la fame. Quindi, per alcune categorie di persone,  niente stato sociale.  In fondo, che ci vuole? Basta cambiare le leggi, o violarle, magari  trovando qualche cavillo  per salvare le apparenze e accontentare gli anarcoidi desiderata politici del momento. Quelli che vanno per la maggiore.
Per quale ragione  l’uguaglianza  davanti alle legge resta così  difficile  da perseguire? Perché è un concetto giustissimo, ma  troppo nobile e astratto.  Di conseguenza gli uomini non lo  capiscono e   tendono ad applicarlo in base alle proprie convenienze materiali.  Di qui, le articolazioni e  riarticolazioni del diritto (anche costituzionale), nonché  le sconcertanti dichiarazioni  (fino a un certo punto),  addirittura da parte di chi  dovrebbe sapere certe cose come due ministri della Repubblica.
Ma allora che cos’è il liberalismo?  Diciamo che è  lotta dell’uomo contro se stesso, contro i propri pregiudizi politici e sociali:  lotta per lo “stato di diritto”, lotta per un fattore "terzo"  che rinvia al governo impersonale della legge. 
Il vero punto però,  ripetiamo,  è  che il concetto di uguaglianza formale  è molto più difficile da capire di quello di uguaglianza sostanziale, concetto,  quest'ultimo,  intuibile e immediato perché riconducibile a quantità visibili di beni posseduti o meno. Per contro, l’uguaglianza  formale rinvia a una condizione superiore dello spirito, che non è alla portata di tutti, rinvia a valori invisibili, difficili da interiorizzare, anche dopo i processi di socializzazione.
Ironicamente, l’uguaglianza formale  per avanzare e diffondersi,  implica sul piano concettuale  la disuguaglianza sostanziale degli intelletti. la formazione di una élite in  grado di promuoverla. Insomma,  la lotta per lo stato di  diritto e una lotta compresa da pochi spiriti eletti. Il che spiega a sufficienza  le vicissitudini dello stato di diritto. Ma anche la necessità, anzi il dovere,  di perseverare.      

Carlo Gambescia