lunedì 7 ottobre 2019

Russiagate
Perché Trump è pericoloso

L’Italia, durante la Guerra Fredda,  si trasformò in  crocevia di spie russe  e americane. Perciò quel che sta accadendo  in questi giorni potrebbe apparire in linea con il passato.
Invece  le cose sono  profondamente cambiate. Con il Russiagate   Roma è al centro di un  conflitto fra Trump e  i suoi oppositori politici, uno scontro durissimo che rivela la profonda divisione interna che contrassegna  gli Stati Uniti, a cominciare dai servizi segreti. All’Italia, insomma,   si chiede di schierarsi  con gli uni o con gli altri.  Di fare  una scelta  tra  le forze  politiche interne a  una stessa nazione.  E questo non era mai accaduto prima.
Sotto questo aspetto  la Presidenza Trump, al di là dei pesanti limiti del personaggio, un uomo mediocre, permaloso e prepotente,  divide. E divide oggettivamente. Come può dividere, andando appunto oltre gli uomini, un’ideologia pericolosa come il populismo.  Che contagia, ad esempio sul piano economico,  perfino uomini politici insospettabili.
Ieri leggevamo sul “Messaggero” un deludente  articolo di Romano Prodi, dove l'ex Presidente del Consiglio sembra rivelare un' imperfetta conoscenza della  politica. Attenzione, politica, non in senso prosaico, ma come insieme di regolarità. Prodi, tra l’altro è professore universitario, quindi dovrebbe possedere la forma mentis  giusta per comprendere  il processo politico. E invece no.
Nell’editoriale,  Prodi,  adducendo la semplicistica ragione che Trump, non vuole alcuna guerra perché  presidente commerciale, insomma una specie di Berlusconi, evoca la  necessità di rispondere al protezionismo trumpiano con il protezionismo europeo... Evoca, insomma, un dura reazione da parte dell’Ue: dazi su dazi. E poi si vedrà.
Ora, la metapolitica, come studio delle regolarità,   insegna  che i processi politici sono  imprevedibili, perché non perfettamente controllabili dall'uomo. Tradotto: si comincia con  il protezionismo e si rischia di  finire  con le truppe al confine.  Per dirla altrimenti, il protezionismo commerciale, non può essere disgiunto da sempre possibili effetti polemici. Come invece ritiene, sbagliando, Prodi.
Pertanto, per inciso,   quale dovrebbe essere  la reazione dell’Europa? Quella di sopportare, magari rivolgendosi al Wto,   e attendere la caduta di Trump. Un capitombolo che potrebbe avere  un interessante e utile  effetto a catena  sugli altri populismi. Perché, come si è visto, il populismo al governo, non potendo mantenere le sue promesse,  decisamente in contrasto con il principio di realtà, per un verso alza la voce verso il mondo esterno,  per l’altro però non riesce a impedire, sul versante interno,  che gli elettori si accorgano della sua incoerenza politica. Di qui, il possibile e auspicabile avvitamento.
Ritornando all’editoriale di Prodi, siamo dinanzi a un classico esempio di contagio politico che rivela tutta la pericolosità infettiva del populismo. 
A questo punto   sembra  evidente da quale parte debba stare Roma nel conflitto fra Trump e i suoi oppositori.  Tutto ciò  che può favorire la sua caduta o non rielezione va in favore  della  libertà di mercato, alla quale tanto deve il progresso mondiale,  e di una visione cooperativa dei rapporti tra le nazioni. 
Come dicevamo all’inizio,  la Presidenza Trump divide. Non solo. Come un malattia contagiosa rischia di infettare e necrotizzate  il tessuto liberal-democratico delle altre nazioni.
E cosa si  fa quando c’è il rischio di cancrena? Si amputa. 


Carlo Gambescia                    

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