Erdogan sfida l’Europa
Senza nemico non c’’è sovranità
Julien
Freund sostiene, andando oltre Carl Schmitt (o continuandolo), che la riprova
del possesso da parte di un'unità politica della sovranità è
racchiusa nella capacità di indicare il nemico.
Per fare un esempio, durante la Guerra Fredda, nel quadro di una competizione mondiale bipolare tra Stati Uniti e Russia, il nemico all’Europa occidentale fu indicato dagli Usa. Stessa
cosa, ma al contrario, per l’Europa
orientale, schierata con Mosca.
Per
ridurre all’osso la questione: Italia e
Polonia, all’epoca, non erano sovrane perché
non potevano indicare un nemico differente da quello designato dagli Stati Uniti e dall’Unione
Sovietica. In fondo, si trattava e tratta di una classica questione metapolitica, che
risale agli imperi Egizio e Sumerico: quella delle alleanze con al centro una potenza egemone, che, per l’appunto, designa agli alleati “minori” il nemico comune.
Ora,
e qui viene il bello, l’Europa, o meglio l’Ue, si trova oggi in una specie di
limbo, perché nessuno dall’esterno, le
indica più il nemico, ma al tempo stesso, anche dall’interno: perché l'Europa sembra non essere capace di designarlo da sola.
Si
dirà: ma il nemico deve proprio esistere? Non si può vivere in pace con tutti? Sarebbe
bello. Ma purtroppo le cose non vanno così, particolarmente in politica estera.
Si
pensi alla questione turca, alla sfida in corso
di Erdogan. Il problema curdo è un problema interno turco? O di scenario, non solo mediorientale? Nel senso che riguarda tutti?
L’Ue, al di là dei proclami pacifisti o economicamente bellicosi (ma in
ordine sparso), pare incapace di rispondere
con un sì o con un no.
L’Europa sembra vivere in un mondo tutto suo,
irreale, incantato, dove non esistono nemici. Insomma, l’Ue non dipende da nessuno, ma al tempo stesso,
risulta incapace di designare il nemico.
Siamo
perciò davanti a un caso clamoroso
di impotenza politica. Di sovranità
che si autolimita.
Si
dirà, come accennavamo, meglio così,
perché la pace paga sempre. Il che, ripetiamo, non è vero. O meglio sarebbe vero se lo
scacchiere mondiale fosse composto di stati e nazioni tutti dalle stesse dimensioni, appagati della propria condizione e perciò non bisognosi di prevalere gli uni su gli altri.
Invece esistono tuttora grandi
potenze egemoni, scalpitanti, dagli Stati Uniti, alla Cina alla Russia, altre in ascesa come
l’India ad esempio, potenze regionali come l’Iran ad esempio, altre dormienti
come il Giappone. Insomma, l’eguaglianza geopolitica non di questo mondo. E fino a quando sarà così, l’indicazione del
nemico sarà sinonimo di sovranità.
In ultima istanza, e paradossalmente, il governo unito del mondo, di cui l'Onu al momento è una specie di caricatura, per affermare la propria sovranità avrebbe necessità di un nemico proveniente da un altro pianeta. Poi però ne seguirebbero altri da nuovi pianeti e così via.
Per tornare al punto, la Turchia si comporta da potenza regionale, quindi per un consistente blocco geopolitico, dalla caratura mondiale come l’Ue (certo, se fosse veramente tale), sarebbe un gioco da ragazzi metterla a posto,
partendo dalle sanzioni economiche e in via scalare fino a misure politiche
(abbattimento, anche dall’interno del regime di Erdogan) e militari ( guerra, nelle sue varie forme e
intensità). E
invece, si permette che un tirannello
come Erdogan ricatti l’Europa, opprima i
curdi, e tradisca la parte moderna,
laica e liberale, della Turchia.
In ultima istanza, e paradossalmente, il governo unito del mondo, di cui l'Onu al momento è una specie di caricatura, per affermare la propria sovranità avrebbe necessità di un nemico proveniente da un altro pianeta. Poi però ne seguirebbero altri da nuovi pianeti e così via.
Per tornare al punto, l
Ovviamente,
all’altro capo dei filo (del nostro ragionamento) c’è un’Europa spezzettata in
stati e staterelli (quella che piace tanto ai sovranisti), come nel passato, staterelli magari bellicosi, ma incapaci, se non
attraverso alleanze politico-militari, di indicare un nemico e fare paura alla
Turchia. Quindi, punto e a capo.
Storicamente parlando, la questione d’Oriente, della dissoluzione dell'Impero Ottomano, fu risolta ai tavoli della pace, prima a Sevrès (1920) poi a Losanna (1923), dall’accordo tra le potenze europee egemoni, perché uscite vincenti dalla Prima
guerra mondiale, e da una autoriforma interna
in chiave occidentale, culminata però in una reazione militare turca alle clausole di Sèvres.
Riassumendo, per i distratti, la ferrea dinamica sovranità-nemico: al tavolo
della pace (Sevrès) i vincitori sovrani presentarono il conto al nemico turco, schieratosi con la Triplice sconfitta, indicando perciò un nemico. La Turchia sconfitta però si ribellò, designando a sua volta un nemico, la Grecia di Venizelos ( e sullo sfondo Francia, Regno Unito, Italia), poi battuta sul campo da Mustafa Kemal. E a Losanna (1923) i vincitori di Sèvres (1920) vennero a più miti consigli.
Concludendo l’Europa sembra aver dimenticato che senza nemico non c’è sovranità. E che non c’è sovranità
senza nemico. E che senza guerra non c’è pace. Come del resto che senza pace non c’è guerra.
Tertium non datur.
Carlo Gambescia