Franco Battiato, gli italiani e la
modernità
Sul ponte sventola bandiera bianca
“Si
infittisce il mistero sulla salute di Battiato”. Così i giornali in occasione dell’uscita dell’ultimo
suo lavoro: una raccolta di brani famosi con un inedito, si dice, sul tema
della trasmigrazione delle anime. Ultimo, in senso letterale, almeno secondo le dichiarazioni del suo manager.
Nessun
individuo, come persona fisica, è eterno. Il Maestro probabilmente è seriamente
malato e non può più lavorare.
E’ tempo dunque di addii e consuntivi.
Ricordi
personali.
Cito un passo di “Magic Shop” nella introduzione a La crisi
del nostro tempo, di Pitirim Sorokin, libro uscito vent’anni fa. Battiato critica il moderno materialismo umano e
musicale. Insomma gli “incensi di Dior”, venduti nei supermercati.
Proprio come Sorokin. Ma con una differenza: Battiato non ha mai conosciuto le fornaci del leninismo, né quelle dell’American Sociological Association e del Federal Bureau of Investigation (un'America trumpiana prima di Trump).
Proprio come Sorokin. Ma con una differenza: Battiato non ha mai conosciuto le fornaci del leninismo, né quelle dell’American Sociological Association e del Federal Bureau of Investigation (un'America trumpiana prima di Trump).
Rammento, come fosse ora, le note altissime di “Bandiera Bianca” in una Roma estiva di tanti anni fa, prigioniera dei finestrini aperti e del volume delle autoradio: incolonnato, con altri automobilisti, in pieno luglio, su via Merulana, ero in attesa
che il verde del semaforo annunciasse la
rinascita dell’Occidente lungo il rettilineo verso Ostia.
In fondo, Battiato,
pur nella gradevolezza colta del suo
approccio concettual-musicale (in particolare prima dell’accoppiamento poco
giudizioso con Sgalambro), sta alle Edizioni Adelphi di Calasso, come
Alberto Sordi alle “Edizioni” Andreotti.
Due Italie profondamente diverse ma uguali nel rifiuto di fare i conti con la modernità. E serenamente.
Due Italie, piaccia o meno, preoccupate solo del traghettamento di idee reazionarie: presentate come buon senso popolare nel caso di Sordi-Andreotti, (per il
target basso), o intrise di aristocratici
stereotipi sul versante Calasso-Battiato (per il target alto). Con attriti ovviamente.
Non dimenticherò mai l’espressione stupita di Corrado Augias, santone del giornalismo
liberal (attenzione, non liberale), dinanzi alla celebrazione politica, da parte di Battiato, del sistema
politico della dinastia menfitica...
Insomma, Battiato non ha mai
capito il mondo moderno, come del resto il 95 per cento degli italiani, di destra come
di sinistra. Sul ponte della modernità
italiana continua a sventolare bandiera bianca. Il che però spiega il successo di Battiato. Proprio come quello di Sordi, Andreotti e
Calasso…
Carlo Gambescia