martedì 22 ottobre 2019

Alessandro Campi, Matteo Salvini e i “doveri di editorialista”
Politologia à la carte...

Invitiamo a leggere l’editoriale di Alessandro Campi, uscito oggi sul “Messaggero”,  perché rappresenta un esempio di politologia che, per dirla con Miglio,  non ragiona “per millenni”, neppure per secoli, forse solo per anni e mesi, perfino  giorni e minuti (*).
Insomma, parliamo di una politologia à la carte, schiacciata sul presente,  attenta ai giochi di palazzo, soprattutto tesa a non inimicarsi i potenti del momento. E per questo, volontariamente, priva di qualsiasi prospettiva storica e qualità cognitiva. Spieghiamo subito perché.
Politicamente parlando, nelle fasi di transizione democratica, quando la democrazia liberale è in pericolo,  fasi dunque piene di incognite, si fa largo  un approccio a doppio registro.   
Si affacciano sulla scena  leader  che  evocano  la pace sociale mentre  in realtà  aspirano alla guerra e alla distruzione dell'avversario, tramutato in nemico politico. L'esatto contrario dei valori incarnati dal discorso pubblico liberale. Pensiamo a nefasti personaggi come Mussolini e Hitler. 
Il vero  punto però, resta la prospettiva. Ad esempio,  anche Charles de Gaulle, durante la transizione alla Quinta Repubblica applicò il doppio registro:  fece promesse ai francesi di Algeria, illudendoli,  per poi invece esaudire i desiderata del  FLN.  Però  la sua prospettiva - ecco la differenza fondamentale -   era  di rafforzare la liberal-democrazia, non di demolirla  come Hitler e Mussolini.  

Ora, Salvini, politicamente parlando,  è più vicino a  Charles  de Gaulle o  Benito Mussolini? Chi scrive pensa che una certa parentela, magari alla lontana,  con il Duce vi sia. 
Perciò prima di parlare di "bivio" e tattiche,  la politologia, se onesta, e metapoliticamente fondata,  non dovrebbe  sottrarsi  a una domanda strategica come questa.
Quesito che rinvia, weberianamente, ai contenuti “raccomandati”: vuoi essere liberale? allora devi fare questo e questo; vuoi essere socialista? allora questo e quest'altro; e così via.... "Raccomandati", nella fattispecie, per evitare brusche fuoriuscite dalla democrazia liberale.       
Dove andiamo a parare?  Ridurre, come fa Campi, il doppio registro di Salvini  a una questione  di retorica della comunicazione e di costruzione-gestione  del consenso politico,  facendo finta di non sapere  che Salvini  ignora, costitutivamente,  l’Abc del discorso pubblico liberale,  significa aprire una linea di credito. E a chi?  Di certo  non al “Generale”,  ma a un “Capitano”,  emulo, per quanto mediocre, di Mussolini.  Attenzione,  neppure di un Giannini, che in fondo era un liberale  vero,  o di un  Berlusconi, che lo era a metà o forse per un quarto.

Fare poi dei paragoni, con altre forze politiche europee di estrema  destra, tentando di accostare in chiave di modello da imitare la Lega al Pis polacco, partito antisemita e  reazionario, significa semplicemente prendere per il naso  i lettori.
Il suo "amato" Raymond Aron, mai avrebbe aperto una linea di credito a personaggi  come Salvini, per non parlare di Jaroslaw Kaczynski.  Del resto, il rapporto tra il grande sociologo francese e il  Generale, che non era certo Salvini, fu non facile,  spesso  di opposizione  o  comunque controverso,  come si legge nelle Memorie (Mondadori, p. 626).  Insomma, c’e realismo politico e realismo politico, come dimostriamo   nel  Grattacielo e il formichiere (**)
Ovviamente a Campi, Aron serve soltanto  per atteggiarsi a quel liberale che non è. Altrimenti, per dirla sempre con Aron,  Campi,  “concepirebbe”   in  ben altro modo i suoi “doveri di editorialista”.  

Carlo Gambescia  


(**) Fresco di stampa. Qui:   https://www.libreriauniversitaria.it/grattacielo-formichiere-sociologia-realismo-politico/libro/9788876067853