Un argine liberale contro la demagogia imperante
Ma come?
"Con questa faccia da straniero…"
Oggi
sul “Messaggero” Luca Ricolfi parla della
necessità di un argine liberale alla demagogia imperante.
Nell’editoriale si accenna al possibile consenso elettorale, tra il dieci e il venti per cento. Non poco.
Ma,
di preciso, argine contro che cosa? Chi ne voglia sapere di più, compri “Il Messaggero” e legga. Forse però
rimarrà deluso.
Per
quel che ci riguarda crediamo che gli
avversari principali, di un auspicabile partito liberale, siano rappresentati,
politicamente parlando, dalla destra
nazionalista e razzista, dagli
esagitati balilla verdi e
dal piagnucoloso welfarismo populista,
sposato con gaiezza anche dalla
sinistra.
Ciò
che li accomuna è lo statalismo, e ancora di più il costruttivismo, ossia una
visione che può essere riassunta da
slogan come “Salviamo il pianeta”
(verdi), “Più uguaglianza” (populisti e
sinistra), “Fuori gli stranieri” (destra razzista).
Ovviamente
abbiamo semplificato. Ma dietro le parole d'ordine si nasconde la stessa visione ( e visione rimanda a visionario) della
realtà come qualcosa che si possa costruire e ricostruire,
secondo disegni precisi implementati dall’alto, con la “scusa” di sapere alla perfezione ciò che sia bene per ogni singolo cittadino. E
come vi si riesce? Moltiplicando i
poteri dello stato, quindi accrescendo
controlli, tasse e il numero delle leggi capaci di limitare la circolazione di uomini e
merci.
Si
tratta di un disegno contrario alla concezione liberale della vita, concezione che
invece scorge nello stato non la soluzione ma il problema, per dirla con un
economista famoso.
Qualche
esempio di mentalità costruttivista.
Prodi
ieri ha rilasciato un’intervista a
“Repubblica” dove parla della necessità
di recuperare 100 miliardi di euro di evasione fiscale per poterli investire -
semplifichiamo - socialmente.
In realtà, l’evasione fiscale è
una forma di autodifesa dall’oppressione
tributaria. E ammesso e non
concesso che i calcoli siano giusti ( sulla quantità di tasse evase, cosa tutta
da provare, perché ogni statistico fornisce le "sue" cifre), e che gli investimenti
pubblici creino posti di lavoro (altra cosa, tutta da dimostrare e per le stesse regioni statistiche), l’unico vero modo per combattere l’evasione fiscale è la riduzione delle
tasse stesse (come provano gli studi in materia, e non le statistiche su
ordinazione). E giammai lo Stato di Polizia
Fiscale. Che invece rischia di causare la distruzione di ogni specie economia in chiaro e in
nero. E la conseguente fine di ogni forma di diritto di libertà, a partire dal diritto di proprietà.
Altro
esempio di costruttivismo. I cosiddetti “balilla” dell’ambiente (perché la loro mentalità, sociologicamente parlando, è la stessa della gioventù fascista, hitleriana, comunista), ieri hanno festeggiato con grande rilievo
mediatico ( e la cosa durerà una settimana, pare) la giornata per la salvezza e
difesa del pianeta. Quel che spaventa di
queste manifestazioni, oltre
all’infondatezza scientifica o quantomeno
alla natura controversa delle teorie ecologiste, è
l’incoscienza dei più verso il rischio di fornire
argomenti per lo sviluppo di uno Stato di Polizia Ambientale. Che fa
il paio con lo Stato di Polizia Fiscale suggerito da Prodi e - quando si dice il caso - condiviso da verdi, populisti e destra razzista.
Purtroppo, c'è un problema di fondo. Quale? Che
l’elettorato dell’Occidente sembra ormai governato da una specie di fame
di obbedienza, o peggio ancora di vera e propria servitù. Fattori
come l’ odio verso la proprietà e
il merito, come la paura irrazionale verso l’altro, come
la sopravvalutazione degli pseudo-pericoli ambientali facilitano la marcia dei
nemici della libertà.
Si pensi solo alla differenza
che sussiste tra la forma mentis di corsari, marinai, soldati,
imprenditori, uomini d’affari,
inventori, scienziati, leader politici, quel pugno di uomini che nei secoli scorsi conquistò il mondo in
nome dei valori di libertà, e la
mentalità delle piagnucolose masse elettorali di oggi che votano i nuovi barbari populisti, ambientalisti e razzisti nella
speranza di mantenere inalterato il proprio tenore di vita, rinunciando persino alla libertà.
Ora,
se esiste effettivamente, come scrive Ridolfi, un venti per cento di elettori che crede ancora
nei valori che fecero grande l’Occidente,
varrebbe la pena di tentare. Ma
dove trovare un leader che sia un vero liberale? Per
così dire, all’antica?
Un
grande leader liberale, capace di credere e rappresentare quei valori incarnati
da
corsari, marinai, soldati,
imprenditori, uomini d’affari, inventori,
scienziati. Un pugno di uomini, inizialmente
mal giudicati dalla società del tempo, dei non conformisti liquidati come pericolosi estranei. E invece...
Per
dirla con i versi di Georges Moustaki, serve
un leader liberale “con una faccia da
straniero,/ che è soltanto un uomo vero,/ con gli occhi chiari come il mare,/ capace solo di sognare,/ metà pirata,
metà artista,/ un vagabondo musicista che ruba quasi quanto dà”…
Carlo Gambescia