La crisi europea, dalle elezioni tedesche alla Gran Bretagna di Boris Johnson
Pance piene contro pace più piene
La
vittoria elettorale dell’estrema destra tedesca che rimpiange Hitler e la decisione di Boris
Johnson di togliere la parola ai deputati britannici sono fatti sui quali riflettere.
Sono molto più di un timido segnale. Siamo
davanti al sinistro rombare di una valanga che potrebbe abbattersi
sull’Europa e portarla di colpo indietro di ottant’anni. Il fatto
che in Germania, dove il razzismo nazista ha già
colpito in passato, e in Gran Bretagna, patria delle democrazia
rappresentativa, si rinneghino gli ideali liberali, significa solo
una cosa: che l’Europa, uscita vittoriosa nel 1945 dalla
guerra contro i nazionalismi, rischia di
scomparire, travolta da una nuova valanga nazionalista e antiliberale.
La
cosa più grave, come si è potuto evincere dalla sordina mediatica messa sugli ottant’anni trascorsi dal 1939, è che le
classi dirigenti, liberali, socialiste e cattoliche che dovrebbe difendere l’Europa, sembrano invece ignorare il pericolo.
Ad esempio, non
abbiamo letto dell’attacco ai valori liberali che
univa i tre totalitarismi, nazista, fascista e comunista. Si è parlato poco o punto del Patto Molotov-Ribbentrop che decise la spartizione della Polonia, tra nazisti e
comunisti, sotto gli occhi compiacenti di Mussolini, dando il via libera, da parte di Stalin, alla guerra nazista a Occidente.
Il
Presidente del Parlamento europeo, David
Sassoli, uomo di punta del Partito Democratico, intervistato in varie sedi, ha fatto
riferimento solo a macerie e lutti.
Senza collegare quelle rovine umane e sociali all’attacco totalitario ai principi del liberalismo. O per dirla
tutta, al tentativo nazi-fascista di sradicare l’Europa liberale, sotto lo
sguardo benevolo del comunista Stalin.
Perché
Sassoli e altri notabili di sinistra tacciono? Qui
va fatta una riflessione. Nazisti, fascisti e comunisti si presentavano alle
folle come portatori di una
superdemocrazia, organica, nazionale e socialista, accentuando ora l’uno ora l’altro degli aspetti. Il loro nemico principale era il liberalismo, padre della democrazia
parlamentare e delle libertà politiche ed economiche.
Su
questo fronte, a parte qualche rara eccezione,
l’Europa post-bellica, in particolare quella catto-socialista (per
semplificare), ha continuato la stessa guerra al liberalismo del fascismo, del nazismo e del comunismo, ma con altri
mezzi: dal welfare all’economia pubblica.
Dalla guerra esterna si è passati alla guerra interna. E di conseguenza, senza
mai ribadire, proprio come i suoi
avversari nazional-fascisti l'importanza di difendere i valori del
liberalismo. Si è invece celebrato il democraticismo dolciastro delle pance piene. Proprio come Mussolini. Senza l'apparato bellico, ovviamente.
Torniamo
sulla questione. Il fatto che,
nell’immaginario europeo di sinistra la grande
battaglia liberale di Margaret Thatcher - certo euroscettica, ma liberale autentica - sia tuttora dipinta quasi come un
fenomeno criminale, come del resto ogni difesa della democrazia
parlamentare e della libertà economica, la dice lunga sulla strada
intrapresa dalle democrazie europee post-belliche: quella furba di garantirsi il potere puntando
sull’individualismo assistito e sull’antiliberalismo di fatto.
Insomma, per settant’anni si è continuato a parlare solo
di pance piene. Sicché appena i
rubinetti dello sviluppo, anche a causa di una spesa sociale folle, si sono chiusi o quasi, sono tornati a farsi
sentire i nemici del liberalismo, ma di
origine controllata, che ovviamente promettono
pance più piene.
Carlo Gambescia