“Ma che bontà! Ma che Bontà! Che fascista rosso è questo qua!”
Il
titolo del libro di Luciano Garibaldi, Giano Accame nella storia e nella cultura del Novecento (Solfanelli, pp. 80, euro 9,00), sembrava promettente, sicché ho chiesto all'editore di inviarmi subito una copia per recensione. E gentilmente Marco Solfanelli, persona che non conosco ma stimo, ha esaudito il mio desiderio. Aggiungo che confidavo anche nelle capacità di Garibaldi, bravo giornalista e buon divulgatore storico.
E invece? Una delusione totale. Innanzitutto
per la sua struttura: non si tratta di un saggio organico su ma di un raccolta di e
su Accame. Attenzione, testi quasi tutti già pubblicati.
Forse un "a cura di" avrebbe reso meglio l'idea. Tra l’altro parliamo di testi addirittura reperibili su
internet, come la scontata voce Wiki
che apre il volume. O come l’immancabile e salottiera intervista del 2004 concessa da Accame a Sabelli Fioretti. Esibita, al solito, come la medaglietta di una vedova di guerra durante il Ventennio.
Quanto
ai contenuti del volume, si utilizzano per così dire i filmati di repertorio. Come, pari pari, la rassegna stampa del
2009 uscita all'indomani della morte: roba ingiallita, con coccodrilli e
dichiarazioni varie di umanità ancora più varia. Il cui succo ideologico però ricorda, per parafrasi, una canzonetta di Mina: “Ma che bontà! Ma che bontà! Che fascista rosso è questo qua!”. Niente di nuovo, la solita pappina sull'eretico bla bla bla, ma fascistissimo, che parlava con tutti. Una specie di Drieu al rosolio...
Si
aggiungono sette-pagine-sette di Giano Accame in linea con i gorgheggi della cantante di Busto Arsizio. Chiude il volume un ricordo dello stesso Garibaldi, anticipato in
forma ridotta nel 2008 (nel volume
collettaneo per gli Ottant’anni di Accame), sui Gian Burrasca neofascisti della Genova inizio anni Cinquanta, a metà strada tra Vamba, Salgari e Giovinezza: 18 pagine su 80.
Pertanto resta molto difficile capire che tipo di relazione vi sia tra questo centone su Accame,
dal valore critico pari a zero, e la storia e la cultura del Novecento.
Carlo Gambescia