Salvini, Meloni, Toti
I ventriloqui dell’antiparlamentarismo
Non
è la prima volta che manifestano insieme. Chi? Salvini, Meloni, Toti. E ci sarà un
perché. O no?
A
capirlo, non aiuta di certo, un articolo uscito sull’Inkiesta (*) che la
butta sull’ironia antifascista schiacciata sull’attimo fuggente dell' ultimo sondaggio, dove si dà per politicamente morto Salvini. Il problema, purtroppo, non riguarda le condizioni di salute elettorale del
“Capitano” aggrappate al trend, ma rimanda a questioni storiche.
Invece
di tirare fuori Mussolini - che per carità alla Meloni piace e pure a
Salvini - andrebbe approfondita una questione politica che sembra attraversare la storia d'Italia, per
riproporsi tristemente con regolarità da bolletta telefonica: quella dell’antiparlamentarismo e
dell’antiliberalismo.
Parliamo di un odio devastante per il compromesso politico. Insomma, per quel che caratterizza, e
positivamente, il discorso pubblico
liberale. Si tratta di un' avversione che va da Crispi e Sonnino, diversi ma uguali nel disprezzare le istituzioni parlamentari, a Mussolini, socialista decisionista,
plebiscitario e guerrafondaio, fino all’aziendalista-populista Berlusconi e all' analfabetismo illiberale della triplice sovranista: Salvini, Meloni e Toti
Ci
spieghiamo meglio: manifestare, davanti al Parlamento, il luogo sacro della
democrazia rappresentativa, il giorno in
cui un governo, che può piacere o meno ma legittimo dal punto di vista
costituzionale, si presenta alla Camera per il voto fiducia, significa sparare alzo zero, calpestando
le regole, non verso Conte, Di Maio,
Zingaretti, Gentiloni, ma alle istituzioni parlamentari.
Ecco
il vero punto della
questione: presentare un governo,
giallo-rosso, giallo-a-pallini, giallo-a-righe quello che sia, frutto di un
ragionevole e apprezzabile compromesso
politico-parlamentare, come il
governo dei nemici del popolo.
Additare
un governo legittimo come nemico
dell’Italia non è cosa da prendere
alla leggera, perché si viola quel tacito
patto costituzionale che scorge in tutte le forze politiche, liberamente
elette e presenti in Parlamento, le legittime rappresentanti del popolo
italiano, e quindi tutte
presuntivamente dalla stessa parte, al di là ovviamente delle fisiologiche
divisioni di programma politico.
Purtroppo in Italia la liberal-democrazia, che ha nel Parlamento la sua massima istituzione, non è mai stata accettata convintamente.
Ad esempio, in alcuni precisi momenti storici (1898, 1922, 1994, 2018-19), divisioni
fisiologiche, da comporsi ragionevolmente, sono invece state dipinte come fratture patologiche tra il
Parlamento e la piazza, tra le élite traditrici e il popolo leale e onesto. Sicché, cambiano gli uomini ma non le parole d'ordine anti-liberali. Ciò significa che Salvini, Meloni e Toti non sono che gli ultimi
(per ora) ventriloqui di una pericolosa tradizione illiberale. Altro che i sondaggi…
Carlo Gambescia