lunedì 9 settembre 2019

Salvini, Meloni, Toti
I ventriloqui dell’antiparlamentarismo



Non è la prima volta che manifestano insieme. Chi?  Salvini, Meloni, Toti.  E ci sarà un perché.  O no?  
A capirlo, non aiuta di certo,  un  articolo uscito sull’Inkiesta (*) che la  butta sull’ironia antifascista schiacciata sull’attimo fuggente dell' ultimo sondaggio, dove si dà   per politicamente  morto Salvini.  Il problema, purtroppo, non  riguarda le condizioni di salute elettorale del “Capitano” aggrappate al trend, ma rimanda a questioni storiche.  

Invece di tirare fuori Mussolini - che per carità alla Meloni piace e pure a Salvini  -  andrebbe approfondita una questione politica che sembra attraversare la storia d'Italia,  per riproporsi tristemente con regolarità da bolletta telefonica:  quella dell’antiparlamentarismo e dell’antiliberalismo. 
Parliamo di  un  odio devastante  per il compromesso politico. Insomma,  per quel che caratterizza, e positivamente,  il discorso pubblico liberale.  Si tratta di  un' avversione che va  da Crispi e  Sonnino, diversi ma  uguali nel disprezzare  le istituzioni parlamentari, a Mussolini, socialista decisionista, plebiscitario e guerrafondaio,  fino all’aziendalista-populista Berlusconi e all' analfabetismo illiberale  della triplice sovranista: Salvini, Meloni e Toti   
Ci spieghiamo meglio: manifestare, davanti al Parlamento, il luogo sacro della democrazia rappresentativa,  il giorno in cui un governo, che può piacere o meno ma legittimo dal punto di vista costituzionale, si presenta alla Camera  per il voto fiducia,  significa sparare  alzo zero, calpestando le regole,  non verso  Conte, Di Maio, Zingaretti, Gentiloni, ma  alle  istituzioni parlamentari. 

Ecco il vero punto  della questione:  presentare un governo, giallo-rosso, giallo-a-pallini, giallo-a-righe quello che sia, frutto di un ragionevole e apprezzabile compromesso  politico-parlamentare, come il governo dei  nemici del popolo.          
Additare un governo legittimo come  nemico dell’Italia  non è cosa da prendere alla leggera, perché si viola quel tacito  patto costituzionale che scorge in tutte le forze politiche, liberamente elette  e presenti in Parlamento, le  legittime rappresentanti del popolo italiano,  e quindi   tutte presuntivamente dalla stessa parte, al di là ovviamente delle fisiologiche divisioni di programma politico.
Purtroppo in Italia  la liberal-democrazia, che ha nel Parlamento la sua massima istituzione, non è mai stata accettata convintamente. 
Ad esempio,  in alcuni precisi momenti storici (1898, 1922, 1994, 2018-19), divisioni fisiologiche, da comporsi ragionevolmente, sono invece state dipinte  come fratture patologiche tra il Parlamento e la piazza, tra le élite traditrici e il popolo leale e onesto.  Sicché, cambiano gli uomini ma non le parole d'ordine anti-liberali.  Ciò significa che  Salvini, Meloni e Toti  non sono che gli ultimi  (per ora) ventriloqui di una pericolosa tradizione illiberale. Altro che i sondaggi…                  


Carlo Gambescia