Le spoglie di Franco saranno trasferite dalla Valle dei Caduti
Prima i fatti. Il testo che segue non ha bisogno di traduzione.
“Hoy, 24 de septiembre de 2019, hemos cerrado simbólicamente el
círculo democrático, pues el Tribunal Supremo de España acaba de autorizar
la exhumación del dictador Franco del
mausoleo público en el que estaba enterrado con honores de Estado. Hoy cerramos
por lo tanto un capítulo oscuro de nuestra historia y comenzamos las labores
para sacar los restos del dictador Franco de donde han reposado inmoralmente
durante demasiado tiempo. Porque ningún enemigo de la democracia merece un
lugar de culto ni de respeto institucional. Es una gran victoria de la
democracia española”, clamó el presidente (1)
Così all’Onu Pedro Sánchez, il premier socialista che spera di stravincere alle elezioni di novembre (le quarte in pochi anni). Si celebra, nella sicurezza di farla franca
(non è un gioco di parole), la “chiusura del
processo democratico”. Le spoglie di Francisco Franco (nella foto a sinistra) vengono spostate da un mausoleo costruito su suo ordine, come atto di riconciliazione politica, impiegando, si dice, i prigionieri politici. In seguito però oltre ai nazionalisti vi furono inumati i caduti repubblicani.
Al trascorrere del tempo, il complesso monumentale della “Valle dei Caduti” ( chiesa e cimitero), costruito a qualche chilometro dall'Escorial, si è in qualche misura trasformato nella memoria collettiva, subendo una specie di "diluizione". Certo, al riparo della gigantesca croce, la commemorazione delle vittime della terribile guerra civile non è mai venuta meno. E ovviamente con intenzioni diverse, nel tempo però anche turistiche, come notò già all'inizio degli anni Settanta del secolo scorso il sociologo statunitense Peter L. Berger (2).
Tuttavia, al passare del tempo, il senso della distanza dagli eventi, anche nella memoria, sembrava avere avuto la meglio. La Spagna a poco a poco, pareva comprendere che dietro quel terribile conflitto, sociologicamente parlando, si nascondeva una lotta pro o contro la modernità. Un certo tipo di modernità, liberale e democratica, aliena da ogni estremismo, fascista o marxista.
Un processo di modernizzazione che Franco, politico
intelligentissimo, accortosi della natura inevitabile del fenomeno, favorì, almeno dalla seconda metà degli anni Cinquanta in poi.
Il Caudillo, per dirla con termine caro ai suoi simpatizzanti, sapeva che la
storia si svolge in modo ironico e paradossale, e che di conseguenza gli eventi, quando non possono essere arrestati, vanno assecondati. E la modernizzazione ne era un chiaro un esempio. Franco, da grande politico avveduto, fece sua una
massima attribuita a Talleyrand: in politica “ surtout pas trop de zèle”.
Dei frutti economici
indotti, e per reazione culturali, del franchismo (si dia solo uno sguardo al vivacissimo cinema spagnolo degli anni Sessanta), ne ha
goduto la successiva democrazia, che altrettanto intelligentemente, durante la Transizione
e negli anni Ottanta-Novanta dei governi socialisti e democristiani, puntò, con semplicità, su una specie di laicizzazione collettiva del ricordo di Franco
e della Guerra Civile. E in che modo? Lasciando che
spontaneamente i contorni dell’ uomo e
degli eventi sfumassero alla stregua degli accadimenti dell’antica storia greca. Chi voleva poteva celebrare gli eroi
di Salamina, chi non voleva
poteva evitarlo (parafrasando il titolo
di un romanzo di successo).
Con Zapatero e con Sánchez le cose
sono però radicalmente cambiate, e in peggio: dall’oblio ragionato per così dire, si è
passati allo spirito di rivincita, puntando scioccamente sulla
stupida volontà di “chiudere il processo democratico”. Dal momento che, come tronfiamente dichiara Sánchez, “ ningún enemigo de la democracia merece un
lugar de culto ni de respeto institucional”.
Crediamo invece sia notevole il rischio di riaprire, quantomeno come clima avvelenato, la
“guerra civile”. Si legga ad esempio, il commento di Pio Moa, storico vicino al mondo neofranchista, che parla di profanazione e di tradimento
dei veri valori della Spagna profonda (3): un linguaggio politico da 1936. Scatenato, a dire vero, dallo stolto e
inutile revanchismo della sinistra, anch’esso,
in stile “guerra civile”. Probabilmente, la sinistra gioca sul fatto, che la Spagna di oggi, politicamente laicizzata e culturalmente globalizzata, insomma un paese molto diverso da quello del 1936, non reagirà.
Il che è possibile. Tuttavia, il pericolo xenofobo, amplificato da un’estrema destra umiliata, può trasformarsi in devastante collante politico. E proprio a causa di scelte sbagliate, come i lo spostamento delle spoglie di Franco. Una misura che un Talleyrand redivivo definirebbe impolitica.
Non dimentichiamo che le spoglie di Napoleone, altro “dittatore”, furono invece pubblicamente inumate nel 1840 , nella Cappella Reale, dell’ Hôtèl National des Invalides, mausoleo nazionale. E da chi? Da un intelligente liberale come Guizot. Talleyrand era morto due anni prima, ma lo spirito era lo stesso. Si guardava alla riunificazione politica delle Francia intorno a un polo moderato. E Franco, per intelligenza politica, resta un piccolo Napoleone spagnolo. Che, alla fin fine, sparse meno sangue di Napoleone.
Per contro, Moa nel suo articolo indica in Vox, un partito che osservatori e opinionisti giudicano di estrema destra, l’unica alternativa a una Spagna che vede colpevolmente complici socialisti e democristiani.
La storia è ricca di paradossi e di effetti inintenzionali. La Spagna si modernizzò, in qualche misura a prescindere dalle idee di Franco, che intelligentemente capì e si piegò. Ora invece la Spagna rischia di tornare fascista, o qualcosa di simile, malgrado i suoi governanti facciano professione di antifascismo e adottino provvedimenti in linea con le proprie idee. Insomma, né capiscono né si piegano.
Ironie della storia…
Carlo Gambescia
(2) P. L. Berger, Nella Valle dei Caduti, in Id., Le piramidi del sacrificio. Etica politica e trasformazione sociale, Einaudi, Torino 1981, pp. 276-279.