mercoledì 12 giugno 2019

Il liberalismo secondo Maurizio Belpietro
Te lo do io il Corano…


Maurizio Belpietro si  dichiara liberale. Ricordiamo la sua introduzione all ’antologia, Grandi liberali,  uscita prima a puntate sul “Giornale” che allora dirigeva,  poi per i tipi di Rubbettino, casa editrice liberale,  tra le  poche,  con Liberilibri di Aldo Canovari,  a professarsi orgogliosamente  tale.   
È anche vero che  si può essere liberali  in tanti modi.  Anche in partibus infidelium. Chi scrive  è stato per anni direttore editoriale delle Edizioni Settimo Sigillo,  godendo di grande libertà e pubblicando  autori e  libri delle più diverse tendenze da Röpke e Halévy (Élie)  a Preve,  Molnar, de Benoist.
Insomma,  questo per dire, che c’è destra e destra (ne scrivevamo proprio ieri), come c’è liberalismo e liberalismo.
Belpietro, in realtà,  sembra  aver  dimenticato le  radici, per sposare argomenti cari all’estrema destra e al tradizionalismo più vieto, fino a sfiorare il ridicolo. 
Oggi  per esempio  se la prende con  “Avvenire” perché colpevole, a suo avviso,  “di fare pubblicità all’Islam” invece “di diffondere il pensiero cattolico”. Intanto,   giudichino i lettori dando un’occhiata alla prima pagina incriminata.

Cosa dire? Che di liberale nell’editoriale di Belpietro c’è ben poco. In pratica, non solo  si combatte il pluralismo, “arma” tipicamente  liberale,  sposando invece  una logica militante che  trasforma ogni avversario, anche culturale,  in nemico.  Ma addirittura  si ordina a  vescovi e Chiesa di cosa occuparsi, di quali temi scegliere.  Il pezzo  di Belpietro  rivela tutta la pericolosità del veleno totalitario racchiuso nella pericolosa militarizzazione della cultura. Fenomeno  a suo tempo criticato da Benedetto Croce,  e per questo accusato di disfattismo. 
Perché una cosa è dire teniamo gli occhi aperti nei riguardi del terrorismo fondamentalista,  un’altra è  condannare addirittura la pubblicità di una guida  al  Corano e all'Islam.  Nel primo caso ci si muove ai piani alti della prudenza politica,  nel secondo si ruzzola fino al sottoscala dell’ossessione securitaria, per usare un parolone. La prudenza politica è liberale, l’ossessione  per la sicurezza  è fascista o quasi. 
Qualcuno potrebbe sostenere che la stampa cattolica debba invece  occuparsi dei cattolici, solo dei cattolici. Sia pure. 
Però,  a parte che “Avvenire”  già se ne occupa abbondantemente,  che  cosa significa “diffondere  il pensiero cattolico"?  Per Belpietro, viste le premesse, e quel che si legge ogni giorno sulla "Verità",  vuol dire diffondere il  pensiero tradizionalista e parafascista. 
Si dice, e probabilmente a ragione,  che  “Avvenire”  sia su posizioni di sinistra.  E allora?  Certo,  il   che spiega gli attacchi politici di Belpietro.  Ma non giustifica il resto.  E soprattutto certe livorose  ridicolaggini. 
La grande tradizione liberale italiana, che Belpietro dovrebbe conoscere a memoria,  ha sempre rivendicato la libertà di opinione per tutti, a cominciare dalla Chiesa.  Di fatto, dopo l’Unità ci furono conflitti,  indotti però  dalle posizioni reazionarie di larga parte delle gerarchie cattoliche.
Oggi, Belpietro, in buona sostanza,  rimprovera alla Chiesa di essere troppo progressista, Quindi il giudizio politico si è rovesciato.
Ma -  ecco il vero  punto -  cosa c’entra la critica politica al progressismo cattolico, che può essere condivisa o meno, con  la pubblicità  al libro  sul Corano,  che resta una questione di libertà, che invece non può non essere condivisa da tutti?   
Concludendo,  che razza di liberalismo è quello di Belpietro?   

Carlo Gambescia