Il liberalismo secondo Maurizio Belpietro
Te lo do io il Corano…
Maurizio
Belpietro si dichiara liberale. Ricordiamo la sua introduzione all ’antologia, Grandi
liberali, uscita prima a puntate sul “Giornale” che allora dirigeva, poi
per i tipi di Rubbettino, casa editrice liberale, tra le poche, con Liberilibri di Aldo Canovari, a professarsi orgogliosamente tale.
È
anche vero che si può essere liberali in tanti
modi. Anche in partibus infidelium. Chi scrive è stato per
anni direttore editoriale delle Edizioni Settimo Sigillo, godendo di grande libertà e pubblicando autori e
libri delle più diverse tendenze da Röpke e Halévy (Élie) a Preve, Molnar, de
Benoist.
Insomma, questo per dire, che c’è destra e destra (ne scrivevamo proprio ieri), come c’è
liberalismo e liberalismo.
Belpietro,
in realtà, sembra aver dimenticato le radici, per sposare argomenti
cari all’estrema destra e al tradizionalismo più vieto, fino a sfiorare il
ridicolo.
Oggi
per esempio se la prende con “Avvenire” perché colpevole, a suo avviso, “di
fare pubblicità all’Islam” invece “di diffondere il pensiero cattolico”.
Intanto, giudichino i lettori dando un’occhiata alla
prima pagina incriminata.
Cosa
dire? Che di liberale nell’editoriale di Belpietro c’è ben poco. In pratica, non
solo si combatte il pluralismo, “arma”
tipicamente liberale, sposando invece una logica militante che trasforma ogni avversario, anche culturale, in
nemico. Ma addirittura si ordina a
vescovi e Chiesa di cosa occuparsi, di quali temi scegliere. Il pezzo di Belpietro rivela tutta la pericolosità del veleno
totalitario racchiuso nella pericolosa militarizzazione della cultura. Fenomeno a suo tempo criticato da Benedetto Croce, e per questo accusato di disfattismo.
Perché
una cosa è dire teniamo gli occhi aperti nei riguardi del terrorismo fondamentalista, un’altra è condannare addirittura la pubblicità di una guida al Corano e all'Islam. Nel primo caso ci si muove ai piani alti della
prudenza politica, nel secondo si ruzzola fino al sottoscala dell’ossessione
securitaria, per usare un parolone. La prudenza politica è liberale, l’ossessione
per la sicurezza è fascista o quasi.
Qualcuno
potrebbe sostenere che la stampa cattolica debba invece occuparsi dei cattolici, solo dei cattolici. Sia pure.
Però, a
parte che “Avvenire” già se ne occupa abbondantemente, che cosa significa “diffondere il pensiero cattolico"? Per Belpietro, viste le premesse, e quel che
si legge ogni giorno sulla "Verità", vuol
dire diffondere il pensiero tradizionalista e parafascista.
Si
dice, e probabilmente a ragione, che “Avvenire” sia su posizioni di sinistra. E allora?
Certo, il che
spiega gli attacchi politici di Belpietro. Ma non giustifica il resto. E soprattutto certe livorose ridicolaggini.
La
grande tradizione liberale italiana, che Belpietro dovrebbe conoscere a
memoria, ha sempre rivendicato la
libertà di opinione per tutti, a cominciare dalla Chiesa. Di fatto, dopo l’Unità ci furono conflitti, indotti però dalle posizioni reazionarie di larga parte delle gerarchie
cattoliche.
Oggi, Belpietro, in buona sostanza, rimprovera alla Chiesa di essere troppo progressista, Quindi il giudizio politico si è rovesciato.
Oggi, Belpietro, in buona sostanza, rimprovera alla Chiesa di essere troppo progressista, Quindi il giudizio politico si è rovesciato.
Ma - ecco il vero punto - cosa c’entra la critica politica al progressismo cattolico, che
può essere condivisa o meno, con la
pubblicità al libro sul Corano, che resta una questione di libertà,
che invece non può non essere condivisa
da tutti?
Concludendo,
che razza di liberalismo è quello di
Belpietro?
Carlo Gambescia