Festa della Repubblica, il discorso del Presidente Mattarella
La corda dell’impiccato
Stupisce che un giurista, e in particolare un professore di
diritto pubblico, con specializzazioni in diritto costituzionale e parlamentare
come Sergio Mattarella, tra l’altro già Ministro degli Interni e politico di
lunga data, si mostri così incerto sulla definizione di democrazia. Ci
riferiamo in particolare al discorso di apertura delle celebrazioni del 2 Giugno (*)
La
democrazia, in sé per sé, senza correzioni di tipo liberale, è destinata alla autodistruzione. Si noti
infatti come i nemici del liberalismo, dai
fascisti ai comunisti, usino
celebrare la democrazia nella sua versione diretta e plebiscitaria, opponendola
alla democrazia rappresentativa, per l’appunto
liberale.
Si
tratta di una scelta celebrativa alquanto sospetta, perché la differenza tra la democrazia plebiscitaria e la
democrazia rappresentativa è proprio data dal rispetto liberale nei riguardi delle
minoranze. Per un democratico la
maggioranza ha sempre ragione, per un liberale no. Di qui proviene il rispetto
del liberalismo per le minoranze politiche e la conseguente articolazione
giuridica dei diritti e doveri delle
maggioranze e delle minoranze politiche.
Quando
Mattarella asserisce che “la democrazia
è incompatibile con la ricerca del nemico” confonde la democrazia liberale, che tendenzialmente è trasformazione del nemico in
avversario, con la democrazia tout court, che nella sua forma
plebiscitaria, nel senso del chi vince può opprimere lo sconfitto, scorge inevitabilmente in ogni avversario un nemico.
Sarebbe
perciò corretto dire che è la liberal-democrazia, e non la democrazia, a risultare “incompatibile con la
ricerca del nemico”. Ma proprio sempre? E qui si giunge a un punto nodale sul quale Mattarella
sembra stranamente non avere le idee chiare.
Ci
spieghiamo meglio: non è affatto vero
che basti “il dialogo” per avere ragione dei nemici - attenzione non della democrazia tout court (che proprio perché intesa come tale può
essere usata artatamente dai suoi nemici), bensì della
liberal-democrazia.
Il
Secondo conflitto mondiale, con le democrazie liberali costrette, tra non pochi tentennamenti, a raccogliere la sfida delle democrazie plebiscitarie,
quindi a sfondo totalitario, per battersi, con tutti i mezzi possibili, anche i
più duri, pur di vincere, testimonia l’esatto
contrario. Il prossimo 6 giugno, saranno settantacinque anni dallo sbarco in Normandia (nella foto). Una data importante per la storia della democrazia liberale. Da non dimenticare mai.
Pertanto
la liberal-democrazia con i nemici della liberal-democrazia (scusandoci per la
ripetizione) non può non essere inflessibile. Proprio come nel 1939-1945. Pena la sua distruzione.
Ora, che un uomo di studi giuridici e politici come Mattarella confidi solo nella forza del dialogo ( se si vuole, del porgere l’altra guancia), e per giunta nei riguardi dei nemici della liberal-democrazia, che
vogliono usarla strumentalmente inneggiando ai valori supremi della
democrazia tout court, indica una sola cosa: che il
Presidente della Repubblica rischia di fornire, a
chi non merita la qualifica di
avversario ma di nemico, la corda per impiccarlo… Anzi, per impiccarci tutti.
Certo,
l’espressione può anche non piacere. Provi
allora il lettore a trovarne una più gradevole e al
contempo più efficace.
Carlo Gambescia