domenica 23 giugno 2019

La riflessione
Ecologia à la carte


Oggi sul  “Messaggero” Marco Gervasoni (nella foto), professore di storia contemporanea,  recensisce  il saggio sull’ecologismo come “nouveau totalitarisme” di Drieu Godefridi, filosofo liberale e finanziere ("concettuale") belga.  
A dire il vero nel titolo del  volume  c’è un punto di interrogativo.  Ma  da quel che si desume risulta perfettamente inutile. Probabilmente un’ imposizione dell’editore.
Quel che però non convince, non è tanto il contenuto del  saggio,  giustamente critico  nei riguardi delle teorie ecologiste e dei risvolti pesantemente  costruttivisti dell’ambientalismo politico,  quanto il taglio di Gervasoni.  Ben riassunto nella chiusa del pezzo, dove dopo aver citato il filosofo conservatore Scruton (diciamo pure,  un ecologista di destra, seppure di elevata statura intellettuale),  si legge che

non a caso molti pensatori ecologisti sono profondamente ostili alle leggi di manipolazione  del feto e ai vari tentativi di fabbricazione artificiale dell’uomo, che invece mandano in solluchero i progressisti. La difesa della terra e del suolo è insomma questione troppo seria per lasciarla ai Verdi.

Due osservazioni.

Uno. La questione ambientale  o esiste o non esiste. A parere di chi scrive non  esiste.  O comunque, non riguarda, come si vuole credere le diseconomie esterne dell’economia di mercato, bensì cicli geologici e fisici  che hanno miliardi di anni. Figurarsi, se  due o tre secoli di capitalismo, eccetera, eccetera. 
Sul punto esiste una letteratura copiosa, definita però  proprio dai Verdi, per criminalizzarla, negazionista.  Di che cosa? Delle stupidaggini ecologiste. Quando si dice il caso…
Due. Dal momento che  non esiste una  questione ambientale, parlare di ambientalismo di destra e sinistra, conservatore e progressista, è semplicemente ridicolo e fuorviante. Perché il rischio dell’ecologia  à la carte  è che  una volta d’accordo sui presunti guai del pianeta terra, la parola passi  alle politiche pubbliche.  Tradotto:  al costruttivismo. Alla pretesa, che discende dall’idea catastrofica di pretendere di   sapere, da parte di chiunque comandi (di destra o sinistra),  ciò che sia  bene per ogni singola persona.
Di qui,  quell’overdose di tasse, leggi e  divieti che mette a rischio l’economia di mercato. Attenzione, parliamo della gallina dalle uova d'oro: del solo sistema economico che abbia dato storicamente prova  di garantire libertà e benessere. Proprio perché fondato, prima ancora di qualsiasi razionalizzazione, sull’anticostruttivismo,  ossia sull’idea, connaturata  alla spontaneità delle azioni umane,  del lasciare liberalmente a ogni singola persona di perseguire il proprio bene.
Gli uomini insomma, comprando e vendendo,  non sapevano di costruire il Capitalismo. Siamo davanti a un’ etichetta, usata dai suoi nemici. Né  principi e vescovi sapevano di costruire il Feudalesimo, né i romani della Repubblica di costruire l’Impero. Esiste una mano invisibile del sociale, frutto di milioni di azioni individuali, i cui esiti, o effetti di ricaduta,  sono imprevedibili.  Opporsi ad essa significa edificare quella che Hayek chiama  la strada verso la servitù. Che, ovviamente, come  quella che porta all’inferno, appare sempre lastricata di buone intenzioni.
Di destra, di sinistra, conservatrici e progressiste…

 Carlo Gambescia