2 Giugno, Fico contro Salvini
In gioco è ben altro…
Il
problema non è la Festa
della Repubblica con le divisioni italiane tra Fico e Salvini, tra dediche a Sinti,
Rom, immigrati (Fico) e difesa degli Italiani, unici protagonisti del 2
Giugno (Salvini). E allora qual è ? Che l ’intero Occidente euro-americano si è ammalato, e gravemente, di populismo, a destra come
a sinistra. Come mostra la paradossale scelta di non pochi intellettuali di accarezzare il populismo.
In realtà, al di là di libri ambigui come quelli di Chantal Mouffe e Alain de Benoist (in fondo, tra i più pregevoli prodotti dagli "entristi", rispettivamente di sinistra e destra), il vero punto della questione è che per cecità e ignoranza politica, Donald Trump sta a Matteo
Salvini, come Bernie Sanders a Roberto Fico.
Insomma, il mondo euro-americano, a partire dai suoi leader, non sa più ciò che vuole, ma solo quello che non vuole: immigrazione, libero mercato, merito e rischio. Si vuole vivere di rendita, ma intaccando il capitale. Se c'è un dato che assimila populismo di destra e sinistra, non è l'andare oltre le tradizionali divisioni politiche (tra l'altro vecchio slogan delle destre fasciste), ma il comune welfarismo.
Insomma, il mondo euro-americano, a partire dai suoi leader, non sa più ciò che vuole, ma solo quello che non vuole: immigrazione, libero mercato, merito e rischio. Si vuole vivere di rendita, ma intaccando il capitale. Se c'è un dato che assimila populismo di destra e sinistra, non è l'andare oltre le tradizionali divisioni politiche (tra l'altro vecchio slogan delle destre fasciste), ma il comune welfarismo.
In realtà, non
ci si rende conto che razzismo e antirazzismo, guerre commerciali e
protezionismo favoriscono la selezione dei peggiori: dalle imprese che non
amano il rischio ai razzisti, di ogni
natura, che scorgono nel colore della pelle un titolo di merito, qualcosa da scagliare in faccia all’avversario,
razzista o antirazzista che sia.
Sta
venendo meno, in nome di una
antieconomica protezione sociale inclusiva o esclusiva che sia, il gusto della sfida individuale. Detto
altrimenti: tutti promettono e tutti aspirano al massimo
della protezione collettiva. Ma su come garantire questo welfarismo al cubo, soprattutto se si pretende di vivere di
rendita, nessuno s'interroga. Sul punto, si preferisce credere sulla parola ai populisti. Di destra come di sinistra.
Ad esempio, le
due posizioni politiche e sociali consolidatesi sui fenomeni migratori vanno dalla mano tesa a tutti alla
mano tesa solo agli autoctoni. Due obiettivi irrealizzabili, perché degli
immigrati, al tempo stesso, si può fare
e non si può fare a meno. Dipende, insomma. E da tanti fattori, spesso congiunturali. La questione è fluida, e le
dichiarazioni di principio in un senso o nell’altro non aiutano.
Quindi
perché meravigliarsi se il 2 giugno si è trasformato in occasione di scontro
tra due posizioni semplicistiche e antitetiche? In un’arma, e pericolosa, di distrazione di
massa? Infatti - e questa è la colpa principale dei due populismi - si è tramutato l’aiuto umanitario, sul quale
tutti dovremmo essere d’accordo, in un grimaldello politico in favore dell’irrealismo nazionalista e del
cosmopolitismo dolciastro.
Quali
potrebbero essere gli effetti
intenzionali di un approccio apofatico alle questioni politiche e sociali? Cioè di
una concezione che si limita a
dichiarare solo ciò che non si vuole? Senza preoccuparsi delle conseguenze del
negativismo populista, ripetiamo di destra come di sinistra?
In
primo luogo, il pericoloso rallentamento
dell’economia mondiale, di nuovo prigioniera
di blocchi e ostacoli.
In
secondo luogo, l’ aggravamento della
situazione politica internazionale, lungo un processo polemico a spirale che inevitabilmente può andare dalle guerre commerciali alle guerre vere e proprie.
In
terzo luogo, il peggioramento di una
vita civile interna, segnata dalla divisione in due blocchi principali, razzisti e antirazzisti, pronti a combattersi, anche fisicamente.
Oltre
agli effetti intenzionali del populismo, bisogna mettere in conto i possibili effetti inintenzionali, non voluti o previsti dai
populisti stessi, ripetiamo di destra e sinistra. Ad esempio, l’insistenza su
misure limite, difficilmente realizzabili, come sprangare o aprire totalmente le frontiere, potrebbe favorire un atteggiamento di scetticismo verso ogni
forma di decisione politica in un senso come nell’altro. Di qui la possibilità della diffusione collettiva di una specie di fatalismo politico che potrebbe condurre larghi strati sociali verso il disimpegno. Pensiamo a un collettivo mettersi alla finestra - la famigerata area grigia che teme di esporsi - in attesa che esca il nome del vincitore dello scontro finale tra due élite
politiche populiste. Insomma, finirebbe per vincere, al di là delle persone fisiche, lo stesso elitismo che il populismo di destra e sinistra promette di superare, riportando, come asserisce, il popolo al centro della scena politica. Tradotto: invece della protesta si avrebbe la defezione e il trionfo di una società
ultra-elitaria.
Concludendo,
altro che Festa della Repubblica, altro che polemiche tra Fico e Salvini, qui in gioco è ben altro.
Carlo Gambescia