lunedì 3 giugno 2019

2 Giugno,  Fico contro Salvini
In gioco  è ben altro…



Il problema non è la Festa della Repubblica con le divisioni italiane tra Fico e Salvini, tra dediche a Sinti, Rom, immigrati (Fico) e  difesa degli Italiani, unici protagonisti del 2 Giugno (Salvini).  E allora qual è ?  Che l ’intero Occidente euro-americano si è ammalato, e gravemente, di populismo, a destra come a sinistra.  Come mostra la paradossale scelta di non pochi intellettuali di accarezzare il populismo.     
In realtà, al di là  di  libri  ambigui  come quelli di Chantal Mouffe e Alain de Benoist (in fondo, tra i più pregevoli  prodotti dagli "entristi", rispettivamente di  sinistra e destra),  il vero  punto della questione  è che  per cecità  e ignoranza politica,  Donald  Trump  sta  a  Matteo Salvini,  come   Bernie Sanders a Roberto Fico.
Insomma,  il mondo  euro-americano, a partire dai suoi leader,  non sa più ciò che vuole, ma solo quello che non vuole: immigrazione, libero mercato,  merito e  rischio.  Si  vuole vivere di rendita, ma intaccando il capitale. Se c'è un dato che assimila  populismo di destra e sinistra,  non è  l'andare oltre le tradizionali divisioni politiche (tra l'altro vecchio slogan delle destre fasciste),  ma il comune welfarismo.   

In realtà,  non ci si rende conto che razzismo e antirazzismo, guerre commerciali e protezionismo  favoriscono la selezione dei peggiori:  dalle imprese che non amano  il rischio ai razzisti, di ogni natura,  che scorgono  nel colore  della pelle un titolo di merito,  qualcosa da scagliare in faccia all’avversario, razzista o antirazzista che sia.
Sta venendo meno, in nome di  una antieconomica protezione sociale inclusiva o esclusiva che sia,  il gusto della sfida individuale. Detto altrimenti: tutti   promettono e tutti aspirano  al  massimo della protezione collettiva.  Ma  su come garantire questo welfarismo al cubo,  soprattutto se si pretende di vivere di rendita, nessuno s'interroga. Sul punto, si  preferisce credere sulla parola ai populisti. Di destra come di sinistra.   
Ad esempio, le due posizioni politiche e sociali consolidatesi sui fenomeni migratori  vanno dalla mano tesa a tutti  alla mano  tesa solo  agli autoctoni.  Due obiettivi irrealizzabili, perché degli immigrati, al tempo stesso,  si può fare e non si può fare a meno. Dipende, insomma. E da tanti fattori, spesso congiunturali.  La questione è  fluida, e le dichiarazioni di principio in un senso o nell’altro non aiutano.     
Quindi perché meravigliarsi  se  il 2 giugno si è trasformato   in occasione  di scontro tra due posizioni semplicistiche e  antitetiche?   In un’arma, e pericolosa, di distrazione di massa?  Infatti -  e questa è la colpa principale dei due populismi -  si è tramutato  l’aiuto umanitario, sul quale tutti dovremmo  essere d’accordo,  in un grimaldello politico in favore  dell’irrealismo nazionalista e del cosmopolitismo  dolciastro.                
Quali potrebbero  essere gli effetti intenzionali  di un approccio apofatico  alle questioni politiche e sociali? Cioè di una concezione che si  limita  a dichiarare solo ciò che non si vuole? Senza preoccuparsi delle conseguenze del negativismo populista,  ripetiamo  di destra come di sinistra?
In primo luogo, il  pericoloso rallentamento dell’economia mondiale, di nuovo prigioniera  di blocchi e ostacoli.

In secondo luogo, l’  aggravamento della situazione politica internazionale, lungo un  processo polemico  a spirale che inevitabilmente può andare dalle guerre commerciali alle guerre vere e proprie.
In terzo luogo,  il peggioramento di una vita civile interna, segnata dalla divisione in  due blocchi  principali, razzisti e antirazzisti, pronti a combattersi, anche fisicamente.
Oltre agli effetti intenzionali del populismo, bisogna mettere in conto i possibili  effetti  inintenzionali,  non voluti o previsti dai populisti stessi, ripetiamo di destra e sinistra. Ad esempio, l’insistenza su misure limite, difficilmente realizzabili, come sprangare o aprire totalmente le frontiere,  potrebbe favorire  un atteggiamento di scetticismo verso ogni forma di decisione politica in un senso come nell’altro.  Di qui la possibilità della diffusione collettiva  di una  specie di fatalismo politico che potrebbe condurre  larghi strati sociali verso il disimpegno. Pensiamo a un  collettivo mettersi  alla finestra - la famigerata area grigia che teme di esporsi -  in attesa che esca il nome del vincitore dello scontro finale tra due élite politiche populiste.  Insomma, finirebbe per vincere, al di là delle persone fisiche,  lo stesso elitismo  che il  populismo di destra e sinistra  promette  di superare, riportando, come asserisce,  il popolo al centro della scena politica. Tradotto:  invece della protesta si avrebbe la defezione e il trionfo di una società ultra-elitaria.    
Concludendo, altro che Festa della Repubblica, altro che polemiche tra Fico e Salvini,  qui in gioco è ben altro.

Carlo Gambescia